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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 30 APRILE 2024

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Le riforme sono un duro attacco alla Pubblica Amministrazione e al Sindacato

Le riforme sono un duro attacco alla Pubblica Amministrazione e al Sindacato

Duro l’attacco della Cisal

Le riforme sono un duro attacco alla Pubblica Amministrazione e al Sindacato

Duro l’attacco della Cisal

 

La tanto attesa e quanto mai auspicata, riforma della Pubblica Amministrazione, annunciata con tanto di roboanti proclami da Renzi e i suoi, è stata avviata.
Il problema, è che il D.L. discusso lo scorso 13 giugno – almeno nelle battute iniziali – si è dimostrata solo un grande bluff e null’altro che l’ennesimo, il più duro sinora mai sferrato, attacco del governo ai dipendenti pubblici ed al sindacato, ultimo baluardo difensivo per milioni di lavoratori. Tutto sembra, tranne che un riforma costruttiva e innovativa.
Ad affermarlo, senza tentennamenti e infingimenti, Paola Saraceni, Segretario Generale del Dipartimento Ministeri-Sicurezza e P.C.M. di Cisal Fpc.
Non vi è dubbio – come da noi della Cisal più volte dichiarato e richiesto – che c’era e c’è ancora l’urgente necessità di eliminare tanta burocrazia in eccesso esistente, per realizzare quella che abbiamo definito l’azienda Italia in grado di produrre, finalmente ricchezza; il problema serio è che, invece, con il D.L. presentato dal duo Renzi –Madia, non un centesimo di sprechi viene tagliato, ma si compie l’ennesimo saccheggio a danno dei pubblici dipendenti, delle loro famiglie e di quel sistema, il sindacato, che fino ad oggi, bene o male, ha svolto il ruolo di mediatore e di cuscinetto.
Se è vero, com’è vero, che tutti gli italiani – sia quelli che ne fanno parte, sia quelli che pur non facendone parte, in qualche modo hanno a che fare con essa, in sintesi tutto o quasi il popolo italiano – attendevano con curiosità ed interesse quella che era stata annunciata come la riforma delle riforme; quella profonda rivisitazione della macchina burocratica statale che grazie ad un abile manovra portasse l’Italia fuori dalle sabbie mobili della recessione socio-economica, è altrettanto vero che quando contenuto nel D.L. discusso venerdì 13 giugno dal Consiglio dei Ministri, tutto è tranne che una buona riforma.
Invece di programmare lo smantellamento di tutto quanto oggi appesantisce la burocrazia e invece di andare a tagliare laddove esistono i veri sperperi (consulenze esterne, pensioni d’oro e baby pensioni ai politici, eccessivo costo del sistema politico, elevato numero di politici a tutti i livelli istituzionali, grandi carrozzoni di parcheggio per ex politici e/o amici e parenti di questi, quali le società a partecipazione statale ed Enti inutili, autority varie, ecc…), per gettare fumo negli occhi e dare la parvenza di fare dei buoni cambiamenti, i nostri governanti hanno pensato bene, dopo accurata ed ampia campagna denigratoria e diffamatoria, di andare a colpire quei lavoratori, un tempo ceto medio ed ora nuovi poveri. Per completare l’opera e per spegnerne ogni tentativo di rimostranza, hanno progettato l’estinzione – o quanto meno la drastica riduzione – di chi fino ad oggi li ha difesi.
Si parla dell’eliminazione della possibilità di trattenersi in servizio oltre l’età pensionabile – condivisibile in linea di massima – allo scopo di ottenere nuovi posti di lavoro, senza sapere quali le risorse economiche derivanti da ciò e soprattutto se realmente queste risorse ci saranno.
Spacciando la cosa per innovazione, si annuncia attuazione della mobilità – entro determinata distanza km – dei pubblici dipendenti senza il preventivo nulla osta e senza necessità di accettazione, omettendo volutamente e furbescamente di dire che tale Istituto esisteva già ma che la P.A. lo ha sempre bloccato esercitando il potere di veto ed impedendo ai lavoratori di spostarsi – pur nel rispetto delle necessità di entrambe le parti – da un’Amministrazione all’altra.
Adottando la mossa-correttivo degli 80euro – prosegue Paola saraceni – si è solo tentato di gettare un po’ di fumo negli occhi ai tanti che, un tempo ceto medio, ora non ce la fanno più a pagare le bollette e a far mangiare dignitosamente i propri figli.
E’ chiaro che questo passo – afferma ancora la Saraceni – come noi della Cisal abbiamo più volte affermato, non può che costituire punto di partenza , non certo di arrivo. Un adeguamento verso l’alto degli stipendi di chi, se non ha dei risparmi di famiglia è oramai sulla soglia della povertà.
Si parla, ancora, di riforma frutto di ampia condivisione, grazie all’adozione di un canale di dialogo con i cittadini via e-mail.
Altra mossa propagandistica. Anche in questo caso, volutamente, si è omesso di dire che le 40mila mail ricevute non rappresentano altro che l’1,20% circa dei lavoratori pubblici e che pertanto non ne possono rappresentare un campione adeguatamente rappresentativo (40mila su oltre 3milioni e 200mila).
Si tagliano del 50% i distacchi e permessi sindacali, impedendo di fatto in tal modo ai sindacai di operare e rappresentare i lavoratori, relegandoli quindi ad un ruolo meramente formale, adducendo come motivazione la necessità di ridurre i privilegi
Il ministro Madia, dimostrando un’abilità ed un modo di fare tipico della “vecchia politica”, a dispetto della sua giovane età, cerca di far melina e confondere le acque affermando tutto ciò può tornare utile a questo insensato progetto di riforma.
Afferma, ad esempio, che a chiedere la riduzione dei permessi sindacali siano stati tutti gli italiani. Ma come mai, in tantissimi altri casi, le richieste dei cittadini italiani, il popolo che li ha eletti e che essi dovrebbero rappresentare, non sono state neanche lontanamente considerate?
Sono molte le cose richieste, da una più attenta politica di sostegno al reddito (per chi ancora ne ha uno); un rilancio dell’economia; un abbattimento del cuneo fiscale al fine di ottenere più soldi intasca, rilancio dei consumi e quindi dell’occupazione; una maggiore facilità di accesso al credito; riduzione delle spese della politica in generale e dei partiti; ad un stop alle esternalizzazioni dei servizi pubblici e ad un taglio delle costosissime consulenze esterne a tutto danno delle tante valide professionalità interne alla P.A.. Ed ancora, riduzione (quando non eliminazione) degli innumerevoli privilegi, tra i quali i 20mila euro (o cifre similari) al mese oltre benefit, di cui godono i parlamentari e molti altri politici. E l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo. Guarda caso, sorvolando con disinvoltura, a tutto ciò non si fa alcun riferimento.
In risposta a tutto ciò, il governo attuale, come i precedenti, cosa hanno fatto? Ben poco o nulla. Tant’è che esiste ancora una spesa di oltre un miliardo l’anno di cui circa 600mila euro causata dalle regioni e dagli altri Enti locali, che è ben lungi dall’essere tagliata. Per tappare la bocca a buona parte degli italiani che chiedevano condizioni economiche più favorevoli e salari dignitosi o un lavoro per chi (diversi milioni, molti dei quali giovani o giovanissimi) ancora non ce l’ha e neanche intravede la possibilità di averlo, non si è saputo fare di meglio che andare a tagliare laddove da tagliare non c’era niente.
Tutti i lavoratori – quegli italiani, e tra questi quelli pubblici, che ancora hanno la fortuna di averlo un lavoro– non hanno il diritto di essere rappresentati e, se occorre, difesi?
Non è forse questo un diritto sancito dalla Costituzione che un Paese democratico dovrebbe tutelare e rispettare?
O forse di democratico, di questi tempi, in Italia non c’è rimasto più niente, tranne il nome “vuoto e privo di contenuti” di un partito?
Ci auguriamo – prosegue la dirigente sindacale – che i nostri politici vogliano tenere nella debita considerazione quanto rappresentato dalla Cisal, nell’interesse primario del funzionamento dell’azienda Stato e nel comune intento di ridurre significativamente l’enorme distanza, oggi esistente, tra i cittadini e le Istituzioni.
Per raggiungere tale obiettivo, siamo disponibili, ancora oggi come in passato, a fornire la nostra piena collaborazione affinchè di concerto con le varie forze politiche e parlamentari si trovi una soluzione condivisa, per il bene dei lavoratori tutti e del Paese
Ciò non toglie – conclude la Saraceni – che qualora questo sfrontato attacco del governo ai lavoratori pubblici ed alla democrazia più in generale dovesse continuare, la Cisal non esiterà ad attuare, se del caso anche di concerto con altre forse sociali, tutte le possibili iniziative idonee a rivendicare i diritti dei lavoratori, ivi compresa la tutela sindacale.