Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), VENERDì 11 OTTOBRE 2024

Torna su

Torna su

 
 

L’abrogazione del reato di abuso d’ufficio: una scelta governativa inutile e dannosa. Dalla malaburocrazia difensiva alla peggiore burocrazia abusiva Dal blog "Diritto e Persona. Pubblica Amministrazione, Sanità e Diritti Civili"

L’abrogazione del reato di abuso d’ufficio: una scelta governativa inutile e dannosa. Dalla malaburocrazia difensiva alla peggiore burocrazia abusiva Dal blog "Diritto e Persona. Pubblica Amministrazione, Sanità e Diritti Civili"

Di Avv. Ernesto Mancini

È in corso di approvazione al Parlamento il disegno di legge governativo (c.d. “Nordio”) in materia di giustizia, il quale prevede, fra le altre norme, l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio sanzionato dall’art. 323 del Codice penale. Tale abrogazione è inutile e dannosa ed aggiungerà alla peggiore burocrazia difensiva l’ancora più dannosa burocrazia abusiva. Al riguardo si può osservare quanto segue.
1) L’ABUSO D’UFFICIO
In estrema sintesi deve dirsi che l’abuso d’ufficio è quel reato commesso dal pubblico ufficiale (sindaco, dirigente, funzionario, ecc.) che nell’uso del potere pubblico intenzionalmente favorisce se stesso ovvero favorisce o danneggia altri violando con ciò il principio di imparzialità cui è tenuto ai sensi dell’art. 97 della Costituzione.
Così, per esempio, vi è abuso d’ufficio quando il pubblico ufficiale Tizio, in una procedura selettiva pubblica (concorsi, appalti, ecc.), formula una graduatoria finale in cui il concorrente Caio viene ingiustamente collocato al primo posto in luogo di Sempronio che invece meritava tale posizione vincente; oppure, in una procedura autorizzativa o concessoria, attribuisce benefici economici o di altro genere senza che ve ne siano i presupposti.
Beninteso, quando ciò avviene per un’errata, ma non dolosa valutazione del merito degli interessati, siamo di fronte ad un vizio di illegittimità non penale ma esclusivamente amministrativa (azionabile davanti al Tar per l’annullamento e la riformulazione del provvedimento). Se invece la valutazione è dolosa (cioè consapevole, intenzionale, ecc.) scatta la fattispecie dell’abuso di rilevanza penale e perciò sottoposta al giudizio del Tribunale Penale.
In molti casi la difficoltà di applicazione consiste nel verificare se il pubblico ufficiale ha agito con dolo, cioè illecitamente o se si è trattato di mera illegittimità dovuta al distorto uso del potere a causa di travisamento dei fatti, errata valutazione tecnica, carente istruttoria, carente motivazione, ecc. ecc. (esempio: il pubblico ufficiale ha aggiudicato la fornitura a Caio perché ha erroneamente ritenuto, ma in buona fede e non con dolo, che il materiale da lui fornito fosse di qualità migliore di quello fornito da Sempronio).
Ovviamente può anche accadere, come accade nella stragrande maggioranza dei casi, che il provvedimento del pubblico ufficiale non sia illecito né illegittimo ma anzi perfettamente legittimo in quanto sono stati rispettati tutti i princìpi del corretto uso del potere pubblico.
2) I PROCEDIMENTI PENALI PER L’ABUSO D’UFFICIO
Ora, accade che per questo reato vengono attivati moltissimi procedimenti penali, circa cinquemila all’anno ma ben il 95% di questi si conclude senza che vi sia condanna (dati Ministero Giustizia). Ciò avviene prevalentemente perché le denunce risultano infondate o fatte a scopo solo ritorsivo o perché si confonde fra illegittimità ed illiceità. Inoltre, in molti casi le iniziative d’ufficio delle Procure risultano oggettivamente non giustificate o fatte al solo scopo di ricercare altri eventuali illeciti più gravi (es.: abuso come “reato spia” del reato di corruzione).
Tutto ciò comporta quanto segue:
– che le Procure attivano procedimenti ed indagini, spesso invasive, che non si sarebbero dovuti neppure cominciare perché il provvedimento era palesemente legittimo o al massimo illegittimo ma non certamente illecito;
– che i conseguenti carichi di lavoro per indagini e adempimenti vari incidono negativamente sull’andamento degli altri procedimenti penali e sull’efficienza complessiva dell’autorità giudiziaria;
– che l’apertura delle indagini crea di per sé sospetto e sfiducia nei confronti dell’Amministrazione specie se, come spesso accade, il clamore mediatico è orientato maggiormente dalle tesi dell’accusa (c.d. “giustizialismo”) e non da un’oggettiva e ragionata visione della vicenda;
– che lo stesso procedimento amministrativo oggetto di indagine giudiziaria subisce rallentamenti se non addirittura interruzioni con conseguente pregiudizio dell’interesse pubblico che il procedimento doveva realizzare;
– che il clamore mediatico genera comunque danno all’immagine e sfiducia per l’Amministrazione ed il funzionario interessato difficilmente recuperabili successivamente nella stessa misura.
– che i funzionari, timorosi di una possibile denuncia penale stanti i contrapposti interessi in gioco, ben si guardano dal compiere atti che pur dovrebbero compiere (c.d. “paura della firma”)

3) PAURA DELLA FIRMA O “BUROCRAZIA DIFENSIVA”
Ed è proprio la paura della firma o “burocrazia difensiva” la conseguenza che più delle altre ha spinto l’attuale Governo a proporre l’abrogazione del reato di che trattasi.
Questo deleterio fenomeno della burocrazia difensiva è ben descritto da una recente sentenza delle Corte Costituzionale (n. 8/2022) secondo cui “i pubblici funzionari si astengono dall’assumere decisioni che pur riterrebbero utili per il perseguimento dell’interesse pubblico, preferendo assumerne altre meno impegnative……o più spesso restare inerti, per il timore di esporsi a possibili addebiti penali (cosiddetta ‘paura della firma’)”. Infatti “il solo rischio, ubiquo e indefinito, del coinvolgimento in un procedimento penale, con i costi materiali, umani e sociali (per il frequente clamore mediatico) che esso comporta, basta a generare un ‘effetto di raffreddamento’, che induce il funzionario a imboccare la via per sé più rassicurante”, con inevitabili “riflessi negativi in termini di perdita di efficienza e di rallentamento dell’azione amministrativa, specie nei procedimenti più delicati”.
Invero il legislatore nel corso degli anni ha modificato più volte la norma sull’abuso d’ufficio (legge n. 234/1997, legge 190/2012, d.l. 76/2020) al fine lodevole di eliminare o, quanto meno, ridurre le conseguenze negative di cui si è detto. Queste modifiche, tuttavia, non hanno colto nel segno essendo rimasta sostanzialmente invariata la sproporzione tra azioni penali e condanne.
4) L’ABROGAZIONE DEL REATO NON ELIMINA IL PROBLEMA DELLA BUROCRAZIA DIFENSIVA.
Nell’attuale disegno di legge si stabilisce di abolire il reato con lo scopo dichiarato di liberare una volta per tutte le amministrazioni e gli amministratori dalla piaga delle indagini su un reato considerato (a torto) minore rispetto agli altri contro la Pubblica Amministrazione (corruzione, concussione, peculato, ecc.)
La scelta non può essere condivisa per i seguenti motivi:
1 Il danno sociale che l’abuso d’ufficio può cagionare può essere ben superiore al danno cagionato dagli altri reati con pene edittali maggiori. Si pensi, per esempio, ad un provvedimento che abusivamente favorisca una concessione di valore milionario che devasta un territorio rispetto ad una corruzione di dimensioni economiche minime.
2 Nel Codice penale l’abuso d’ufficio è attualmente previsto come reato perché l’ordinamento non tollera che il potere pubblico possa essere esercitato illecitamente e con violazione dei diritti dei cittadini. L’abrogazione del reato comporterà che tali condotte saranno penalmente tollerate e non più adeguatamente prevenute. Il che scardina il sistema delle relazioni Pubblica Amministrazione / Cittadini.
3. L’abrogazione del reato non risolverà il problema della “paura della firma” o della “burocrazia difensiva” poiché, anche in assenza di reato, potranno comunque essere attivate nei confronti del funzionario azioni di risarcimento del danno erariale (Corte dei Conti), di risarcimento danni ai cittadini lesi (Tribunale Amministrativo o Giudice Civile a seconda dei casi), azione disciplinare con effetti non meno afflittivi di quella penale (es.: sospensione, licenziamento, ecc.), procedimenti amministrativi di decadenza per gli amministratori pubblici e così oltre. Sarà perciò abolito il reato ma la burocrazia difensiva continuare ad esistere.
4 Violazione dei doveri del funzionario pubblico. Si può ritenere che il funzionario non debba comunque essere giustificato o protetto nel modo sbagliato per la “paura delle firma”. Infatti, egli antepone l’interesse personale di non correre rischi di azione giudiziaria all’interesse pubblico che deve perseguire. Ciò significa venir meno ai propri doveri ed alla propria responsabilità per la quale si è retribuiti (in alcuni casi anche molto bene). Invece egli deve istruire al meglio i propri provvedimenti, blindarli sotto il profilo dell’istruttoria e della motivazione, assumersene la responsabilità e così andare avanti. Sul punto, più ampiamente, si veda mio precedente articolo https://dirittoepersona.it/labuso-dufficio-il-danno-erariale-ed-il-problema-della-burocrazia-difensiva/
5 L’abrogazione del reato di abuso d’ufficio non protegge gli amministratori da possibili indagini penali nella materia degli appalti. In tale materia infatti accade spesso che anziché contestare l’abuso si contesta la turbativa d’asta (art. 353 c.p.) che presenta alcuni connotati comuni all’abuso tra i quali quello di garantire la massima correttezza delle procedure. Anche sotto tale profilo l’abrogazione del reato di abuso non sortirà gli effetti sperati.
5) CONSEGUENZE DELL’ABROGAZIONE: DALLA BUROCRAZIA DIFENSIVA ALLA BUROCRAZIA ABUSIVA
Dunque, se il Parlamento approverà l’abrogazione di che trattasi, gli atti abusivi del pubblico ufficiale non saranno più reato e perciò egli potrà, senza alcuna deterrenza penale, favorire o danneggiare un cittadino rispetto ad un altro, coltivare un proprio interesse anziché quello pubblico, ostacolare od impedire l’esercizio dei diritti da parte di chiunque, usare illegalmente il potere, vessare, eccedere, non avere alcuna remora da possibili procedimenti penali.
I procedimenti non penali non hanno la stessa deterrenza di quelli penali o perché sono solo eventuali (l’azione penale è invece obbligatoria) o perché colpiscono l’ente ed il provvedimento ma non il funzionario (TAR) o perché riguardano una responsabilità che in quanto amministrativa (danno erariale – Corte dei conti) è assicurabile, salvo il dolo, al contrario di quella penale. Pur non avendo la stessa deterrenza di quelli penali, questi procedimenti, comunque, potranno essere attivati.
Per questo motivo la burocrazia difensiva dei funzionari timorosi continuerà ad esistere e ad essa si aggiungerà la burocrazia abusiva dei funzionari infedeli che useranno il potere in modo illecito.
6) CONCLUSIONI
Le soluzioni, come al solito, non sono semplici ed infatti non vale la scorciatoia governativa tranchant dell’abrogazione del reato.
Tra le soluzioni si possono indicare, percorsi speciali (ove non già attivati dalle singole Procure) con precedenza per i reati contro la Pubblica Amministrazione affinché ogni procedimento si concluda in tempi rapidissimi e venga subito sgombrato il campo da dubbi su ciò che è effettivamente avvenuto; formazione specialistica di magistrati e di funzionari affinché ciascuno conosca bene le regole del gioco sulla complessa materia della pubblica amministrazione ed gli incerti confini di questa col diritto penale.
Anche chi, come il sottoscritto, è radicalmente contro il panpenalismo ed il giustizialismo (fenomeni deleteri ed assai diffusi nella società odierna) ed anzi a favore del c.d. “diritto penale minimo” che limita le fattispecie di reato ai casi veramente indispensabili, non può che inquietarsi di fronte alla prospettiva dell’abrogazione del reato ormai prossima.
Burocrazia difensiva e burocrazia abusiva, due forze molto pericolose e sinergiche contro l’interesse pubblico e contro ciascun cittadino.