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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 06 MAGGIO 2024

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La musica di oggi in degrado?

La musica di oggi in degrado?

L’Associazione Musicale Bequadro di Lamezia Terme critica i programmi che propongono le melodie

La musica di oggi in degrado?

L’Associazione Musicale Bequadro di Lamezia Terme critica i programmi che propongono le melodie

 

Programmi ripetitivi, interpreti prevedibili, repertori limitati. Ormai ogni ‘stagione’ assomiglia a se stessa. Complice il potere (eccessivo) delle agenzie e di certe organizzazioni di concerto fondate sul baratto: qui suoni tu, là mio fratello. È triste pensare che ogni tanto bisogna selezionare la posta e liberare i cassetti stipati di programmi di sala, di depliant di festival, di brochure residuate da conferenze-stampa, di comunicati, di calendari di stagioni. Una volta era un lavoro necessario a fine anno (stagionale, s’intende: un giro a giugno un altro a settembre), oggi si può farlo con cadenze più ravvicinate. La ragione? La maggior parte di quel materiale patinato è inutile. Per capirlo, non occorrono ragionamenti sottili: basta sfogliare i documenti prima di “archiviarli” tra la carta da riciclare, per rendersene conto. L’infecondità è un dato di fatto, non un’opinione. E’ facilmente calcolabile sommando la ripetitività dei programmi, la prevedibilità degli interpreti, la limitazione del repertorio, la genericità delle presentazioni e (dove si possono ancora riconoscere) dei “percorsi” artistici. Ciò detto, non si vuole sostenere che domina solo una mediocrità ordinaria, ma che ogni stagione assomiglia a se stessa e a quella del vicino di campanile o di provincia o dell’anno precedente, secondo una sorta di aurea e tranquillizzante miscela di artisti e di musiche che fanno la felicità del pubblico pigro, delle agenzie artistiche che con una paio di tournée ben piazzate occupano i propri artisti per settimane, degli organizzatori che vogliano mettere all’incasso preventivo centinaia di abbonati sicuri e dei finanziatori che esigono — senza dichiararlo, per carità — che la sala sia sempre piena e a stomaco contento. Il fenomeno ormai è capillare e non ha nulla a che fare con i progetti di cooperazione (pensiamo agli originali cicli creati in Calabria. Parliamo di calendari concertistici che hanno rinunciato a qualsiasi motivazione artistica originale, che spesso si sono consegnati all’interessata esperienza dell’Amico di turno che ha continuamente elergito oboli per la realizzazione di quanto detto sopra. Felici di collaborare, agenzie e segretariati artistici (abbandonate le antiche velleità, il lodevole calmieramento dei compensi), si sono dedicati a più redditizio calmiere: quello del gusto del pubblico. E così, complice l’ignavia di molti responsabili artistici, si sono dedicati a firmare segretamente cartelloni unendo l’utile (cioè la parcella) al dilettevole (cioè il lancio o la promozione di artisti della casa), e contribuendo a dare un’ulteriore spallata alla credibilità di molti cartelloni, ridotti al rango di portaborse delle diverse organizzazioni di patrocinio artistico o fondati sul clientellismo più smaccato e caparbio (io ti ospito, così tu fai suonare nel tuo teatro mio fratello e la mia allieva che nell’occasione dirigerò io, e via mercanteggiando…). Ecco spiegata la sgradevole sensazione che ci accompagna a ogni inizio di stagione quando dietro la maggior parte dei calendari viene (la leggere (in) direttamente una sorta di mappatura del potere delle agenzie e di certe organizzazioni di concerto fondate sul baratto e direttamente il peso dell’incompetenza chi “firma” ufficialmente la locandina generale, e poi la presenterà con orgoglio agli abbonati e ai possibili sponsor. Dal punto di vista strettamente culturale. la maggior parte delle proposte sancisce la propria natura prioritaria di prodotto preconfezionato afferrato in un qualunque supermercato artistico. Avete presente? Sulle scaffalature, invece di scatolette ci sono gli esecutori divisi per ‘specializzazioni’: di qui i classici, di là i romantici, dietro i novecenteschi, dall’altro lato gli ecclettici, e poi in un angolo gli strumenti antichi o i maniaci delle integrali e via via a soddisfare le attese del pubblico medio. Pubblico da supermercato, appunto, che vuole Mozart suonato dal mozartiano, Verdi cantato dal cantante verdiano doc (come se ce ne fossero!), Rachmaninov eseguito dal pianista russo e Ravel da quello francese, Puccini diretto dall’italiano e Strauss dal tedesco. Al massimo, si può svariare con una serata alternativa (dai Beatles a Piazzolla, va sempre bene) o ammiccare con il look dell’interprete di turno che faccia parlare i giornali di “svecchiamento” del pubblico e dei programmi, e pontificare gli organizzatori di “nuovi spettatori” e di “aperture”: perché la musica è senza confini. Così non si educa nessuno. Si farà piacere a qualcuno, forse: ma è triste pensare che in un tempo dominato dalle possibilità interplanetarie di ascoltare qualsiasi musica (e a ogni ora e in ogni angolo del globo), lo spettatore consapevole si debba accontentare di ciò che offre il mercato. E, soprattutto, che i direttori artistici se ne servano, invece di ‘approfittare’ della loro posizione privilegiata — e spesso dementata — per orientare il pubblico, per stuzzicare i musicisti con nuovi confronti, per rianimare la storia dell’interpretazione che a giudicare da quei depliant quasi tutti uguali rischia di non superare l’attuale stato cadaverico. Per pigrizia, paura e incompetenza di chi dovrebbe garantirne il rinnovamento e invece lavora per tenere in vita con accanimento terapeutico il vecchio.

M° Egidio Ventura
Presidente Associazione Musicale Bequadro
Lamezia