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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 29 APRILE 2024

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Otteneva appalti grazie al suocero boss. Sequestrate società a Reggio e Mantova

Otteneva appalti grazie al suocero boss. Sequestrate società a Reggio e Mantova

Le ditte sono riconducibili ad un imprenditore edile originario di Catanzaro e coinvolto in due inchieste: una di esse ha svelato le infiltrazioni nelle commesse gestite da Sorical

Otteneva appalti pubblici grazie al suocero boss. Sequestrate società nel reggino e nel mantovano

Le ditte sono riconducibili ad un imprenditore edile originario di Catanzaro e coinvolto in due inchieste: una di esse ha svelato le infiltrazioni nelle commesse gestite da Sorical

 

  

REGGIO CALABRIA – La Dia ha eseguito ad Antonimina, in provincia di Reggio Calabria, un sequestro di beni per un valore di sette milioni di euro riconducibili ad un imprenditore edile, Massimo Siciliano. Il sequestro è stato fatto dalla Dia di Reggio Calabria in esecuzione di un decreto emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale. Siciliano, secondo gli investigatori, è legato ad una cosca della ‘ndrangheta che gestisce attività illecite in Calabria ed in Lombardia, e in particolare in provincia di Mantova.

Massimo Siciliano, di 43 anni, di origini catanzaresi, attualmente detenuto, è ritenuto dagli investigatori l’imprenditore di riferimento del suocero, Nicola Romano, di 66, capo della cosca di ‘ndrangheta di Antonimina, e in questa veste, secondo gli inquirenti, garantiva, attraverso le ditte di cui è risultato titolare, l’esecuzione di lavori nel settore dell’edilizia pubblica, turbando le regole della libera concorrenza e del libero mercato attraverso un pesante condizionamento mafioso che gli consentiva di estromettere le aziende operanti lecitamente. Siciliano è stato coinvolto nelle operazioni “Saggezza” e “Ceralacca 2”, che ne hanno rivelato il ruolo all’interno del “locale” di ‘ndrangheta di Antonimina. Dagli esiti dell’operazione “Saggezza”, in particolare, è emerso che Romano avrebbe ricoperto ruoli di vertice anche all’interno di una nuova struttura criminale, guidata da Vincenzo Melia, di 85 anni, posta in posizione superiore rispetto ai “locali” di Antonimina, Ciminà, Ardore, Cirella di Platì e Canolo, tutti comuni della fascia jonica della provincia reggina. Romano, inoltre, vantava legami con esponenti delle principali famiglie mafiose delle province di Reggio Calabria e Vibo Valentia. Il sequestro dei beni è scaturito dalle indagini patrimoniali condotte dal Centro operativo Dia di Reggio Calabria, mirate a verificare le modalità di acquisizione del patrimonio societario riconducibile all’imprenditore che, negli ultimi anni, aveva incrementato la propria attività con l’accaparramento di numerose commesse pubbliche non solo in Calabria, ma anche in tutto il territorio nazionale, ed in particolare nel nord Italia. Tra i beni sequestrati ci sono due società del settore delle costruzioni, la “Icop” e la “Gsc Unipersonale”, con sede, rispettivamente, ad Antonimina ed a Dosolo (Mantova).