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TAURIANOVA (RC), SABATO 27 APRILE 2024

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La Corte di Strasburgo dà ragione al boss di Taurianova Marcello Viola Il cosiddetto ergastolo "ostativo" viola l'art. 3 della Convenzione che vieta la tortura

La Corte di Strasburgo dà ragione al boss di Taurianova Marcello Viola Il cosiddetto ergastolo "ostativo" viola l'art. 3 della Convenzione che vieta la tortura
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La Corte dei diritti umani di Strasburgo (Cedu), dà torto all’Italia per quanto riguarda il ricorso fatto contro la sentenza del 13 giugno scorso dove bocciava il “fine pena mai”, ovvero l’ergastolo cosiddetto “ostativo”. Secondo la Corte di Strasburgo, “a chi è detenuto non si può togliere del tutto anche la speranza di un recupero, ma al soggetto in carcere va riconosciuta la possibilità di redimersi e di pentirsi ed avere quindi l’ultima chance di migliorare la propria condizione”.
L’Italia, nel ricorso presentato a settembre aveva chiesto che il caso dell’ergastolo ostativo, previsto dall’Articolo 4bis dell’ordinamento penitenziario, fosse sottoposto al giudizio della Grand Chambre, l’organo della Cedu che affronta i casi la cui soluzione può riguardare tutti i paesi della Ue. Ma la Cedu ha avuto un diverso orientamento. Nei fatti il caso specifico riguardava il ricorso presentato da Marcello Viola, capocosca dell’omonima famiglia di Taurianova, detenuto per 4 ergastoli a seguito di omicidi, sequestri di persona, detenzione di armi. Per la Cedu l’ergastolo “duro” ovvero in Italia definito “ostativo”, impedisce la “concessione di benefici”, viola l’art. 3 della Convenzione che vieta la tortura. Marcello Viola ha scontato già sei anni in regime di 41Bis.
Si badi bene che tale decisione della Cedu non ha carattere perentorio né rappresenta un obbligo, ma delle conseguenze che potrebbero produrre una serie di ricorsi di altri detenuti. Inoltre c’è anche la Corte costituzionale italiana che il 23 ottobre, dovrà trattare il caso di Sebastiano Cannizzaro, un altro detenuto per mafia, che protesta per la mancanza di permessi.
La questione ha diviso il mondo giuridico, ma sono soprattutto i magistrati antimafia che hanno da ridire in merito in quanto “aprire le maglie della carcerazione per i mafiosi significhi distruggere anni di politica contro le cosche”, tra questi Piero Grasso, Gian Carlo Caselli, Nino Di Matteo, Federico Cafiero De Raho, Sebastiano Ardita, Luca Tescaroli. Tutti ricordano che Totò Riina, indiscusso capo di cosa nostra nel “papello” del 1993 poneva le sue condizioni per negoziare con lo Stato e, citava espressamente l’ergastolo come misura da cancellare.