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TAURIANOVA (RC), SABATO 14 DICEMBRE 2024

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In…Giustizia

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| Il 17, Giu 2014

Le riflessioni dell’avvocato Cardona sulla lentezza del processo e sulle attese riforme

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Le riflessioni dell’avvocato Cardona sulla lentezza del processo e sulle attese riforme

 

 

La più importante questione che attende una soluzione dal governo e dal Parlamento, rivestendone i caratteri della gravità e dell’urgenza è la questione “giustizia”.
Gravi e varie sono le questioni patologiche che oramai cronicizzate ne inficiano il funzionamento o ne eludono la vera funzione.
Il vero, cruciale problema della giustizia italiana è inverosimilmente uno solo: la lentezza dei procedimenti.
Trascorrono anni prima che un imputato in attesa di giudizio venga sottoposto (e se verrà) al dibattimento che stabilirà la sua innocenza o la sua colpevolezza.
Intanto il reato rimane impunito, l’ipotetico reo continua a delinquere ovvero paradossalmente trascorre in carcere mesi od anni, per poi sentirsi proclamare, anche a seguito di inani e superficiali attività istruttorie, innocente con la bizzarra liquidazione economica per la ingiusta detenzione.
E’ un sistema che fa ridere solo ed esclusivamente i polli.
Se la lentezza involge la giustizia penale, che colpisce maggiormente attesa la pletora di reclusi in attesa di giudizio o di colpevoli rilasciati dopo la prima sentenza di condanna, la situazione non è idilliaca per la giustizia civile.
Statisticamente sono richiesti da due a cinque anni per ottenere una sentenza in una causa anche bagattellare, per intenderci da giudice di pace!
E poi con gli appelli e i ricorsi in Cassazione gli anni necessari per giungere alla decisione definitiva si moltiplicano esponenzialmente, nonostante i recenti ed inventati filtri, che hanno agevolato esclusivamente i redattori di sentenze.
Questo comporta che chi pur sa di avere ragione rinuncia all’azione civile; mentre chi è nel torto sa di poter contare sul complice effetto del tempo che passa.
Attendere per lustri il riconoscimento delle proprie ragioni determina un patimento avvertito dalla persona onesta quale un’ingiustizia bruciante.
Per inciso e per esperienza professionale, questi effetti perversi colpiscono maggiormente il cittadino qualunque, isolato e debole economicamente.
Il cittadino comune non ha nulla, se non la propria ineffabile disperazione.
Senza suscitare ulteriori polemiche, è appena il caso di aggiungere come i problemi della giustizia italiana non sono solo quantitativi, ma altresì qualitativi.
La formazione universitaria degli ultimi anni è alquanto deficitaria; il procedimento di selezione per il concorso in magistratura è molto imperfetto; occorrerebbero delle scuole di pubblica amministrazione sul modello francese per pilotare la coscienza morale e deontologica degli operatori del diritto.
Come si arguisce molti e variegati sono i problemi da risolvere e le cose da cambiare.
Lo stato moderno è sorto proprio sul terreno della giustizia pubblica e conseguentemente non può sopravviverne senza.
Il problema dei tempi per la giustizia è assolutamente prioritario e cruciale.
Le denunce degli operatori sia avvocati che magistrati ci sono, flebili od energiche a seconda dei periodi, ma sono insufficienti; occorre la voce della società civile!
Non occorrono proclami politici, necessita che il presidente del Consiglio e il ministro della Giustizia varino immediatamente ed improrogabilmente un programma emergenziale che riduca drasticamente i tempi della giustizia civile e penale.
“Se a sognare una cosa è una sola persona, allora rimane un sogno; ma se a sognare siamo in tanti allora quel sogno diverrà realtà”. (Antico proverbio peruviano)
Siamo certi di non essere soli a sognare!