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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 02 MAGGIO 2024

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Incendio tendopoli di San Ferdinando: un morto Sono in corso accertamenti della Polizia Scientifica. Convocato comitato di sicurezza. Le reazioni

Incendio tendopoli di San Ferdinando: un morto Sono in corso accertamenti della Polizia Scientifica. Convocato comitato di sicurezza. Le reazioni
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Nuova tragedia a San Ferdinando: un migrante, Sylla Noumo, di 32 anni, è morto nella notte a seguito di un incendio divampato nella nuova tendopoli, gestita prima dal Comune ed ora dalla Caritas. Le fiamme si sarebbe sviluppate in una tenda da sei posti dove erano presenti alcuni cavi elettrici. Sul posto sono subito intervenuti i Vigili del Fuoco che hanno domato le fiamme. La tendopoli si trova a poche centinaia di metri dalla vecchia baraccopoli nella quale tre persone sono decedute in un anno a causa di roghi divampati nelle strutture fatiscenti. I migranti che sono confluiti nelle nuove strutture sono complessivamente 840.

Sono in corso accertamenti della polizia scientifica. Sull’accaduto indaga il commissariato di Gioia Tauro diretto dal primo dirigente Diego Trotta. Il Prefetto di Reggio Calabria, Michele Di Bari, ha convocato a San Ferdinando una riunione tecnica di coordinamento con le forze dell’ordine, e successivamente incontrerà la stampa nella sede municipale.

La vecchia baraccopoli, che si trovava a poche centinaia di metri dalla tendopoli gestita dal Comune, è stata definitivamente abbattuta il 7 marzo scorso. Nell’ultimo rogo, del 16 febbraio scorso, aveva perso la vita un 29enne senegalese, Moussa Ba. In precedenza, il 27 gennaio 2018, era morta Becky Moses, 26enne nigeriana, mentre il 2 dicembre 2018 Surawa Jaith era morto pochi giorni prima del suo 18° compleanno. Le operazioni di sgombero e poi di demolizione delle vecchie baracche sono cominciate il 6 marzo e si sono concluse il giorno successivo senza alcun problema dal punto di vista dell’ordine pubblico.

Il prefetto di Reggio Calabria ha convocato a San Ferdinando il Comitato per la Sicurezza, alla presenza del procuratore di Palmi. La baraccopoli abusiva aveva ospitato fino a 3mila immigrati: contestualmente allo sgombero del 7 marzo scorso, tutti gli stranieri con permesso di soggiorno, ricorda il Viminale, hanno avuto una sistemazione alternativa e controllata. Il rogo di questa notte si è innescato in una tenda. L’area è attrezzata con servizi igienici, presidio sanitario e vigilanza: il rapido intervento dei soccorsi ha evitato una tragedia di dimensioni maggiori. Al 5 marzo scorso, la presenza stimata di immigrati nella baraccopoli era di 1.592 persone. Di queste, 200 sono state trasferite negli ex Sprar e Cas, circa 460 si sono spostate volontariamente e 900 hanno trovato sistemazione nella tendopoli vigilata e attrezzata.

Rocco Borgese (Flai Cgil Gioia Tauro)

L’attendamendo così come abbiamo denunciato nei giorni scorsi non è plausibile va superato! Ancora un incendio ancora, un morto. Non siamo nella baraccopoli ma nella nuova tendopoli. Diamo vita ad un accoglienza diffusa. L’accoglienza deve andare oltre le tende. Si deve piangere ancora una vittima e pure questa come le altre una morte annunciata. Partendo da qui allora si può parlare veramente di diritti e legalità e solo così allora la dignità di ogni africano può trovare spazio in una piana in cui a tratti appare dimenticata da tutti ed anche da Dio. Ma partendo da contratti giusti in cui trovi totale applicazione la legge 199 del 2016 per porre contrasto ad illeciti lavorativi di ogni genere.

Sindaco di San Ferdinando, Andrea Tripodi

“Speravamo di non dover più raccontare episodi come questi ma purtroppo è accaduto ancora”, ha dichiarato il sindaco di San Ferdinando, Andrea Tripodi. “Le cause del rogo, che ha interessato una tenda, non sono ancora chiare, e sono al lavoro i vigili del fuoco e la polizia Scientifica. Ora siamo in attesa di capire come sono andati i fatti. Certo è che è accaduto quello che non doveva accadere”.

Matteo Salvini, ministro dell’Interno

“Siamo addolorati per la morte di una persona a San Ferdinando: se fosse successo nella baraccopoli abusiva il bilancio poteva essere ben più pesante”.

Coordinamento Lavoratori agricoli Usb, Federazione Usb Calabria

Un altro bracciante è morto questa mattina a San Ferdinando, bruciato vivo in un rogo nella “nuova” tendopoli. Cioè quella costruita con la controfirma dello Stato e degli enti locali. Chiediamo che sia fatta piena luce sulle circostanze di questa tragedia. È la peggiore conferma agli allarmi inascoltati dell’Unione Sindacale di Base, che da anni si batte affinché la soluzione agli immani problemi dei lavoratori della piana di Gioia Tauro passi per il riconoscimento dei diritti salariali e previdenziali e per l’insediamento abitativo diffuso, attuando cioè il piano che prevede il riutilizzo delle migliaia di case sfitte o abbandonate della zona. È anche la peggiore conferma di quanto strumentale e disumana sia la linea del ministro dell’Interno, nonché senatore eletto in Calabria, Matteo Salvini, l’uomo che non più tardi di due settimane fa si vantava di aver risolto ogni problema demolendo le baracche di San Ferdinando. “È stata finalmente cancellata una delle più vergognose baraccopoli d’Italia dove proliferavano degrado, illegalità e sfruttamento. Dopo anni di chiacchiere, ora sono arrivati i fatti”, si era vantato il ministro, supportato dal prefetto di Reggio Calabria. Le chiacchiere purtroppo sono le sue, le loro. Non un solo problema dei braccianti della piana di Gioia Tauro è stato risolto con l’esibizione muscolare contro i lavoratori. Non è con le tendopoli o con altre soluzioni emergenziali che si metterà fine alla condizione disumana nella quale vivono e lavorano i braccianti di San Ferdinando. USB torna a chiedere a gran voce che venga riavviato il progetto per l’insediamento abitativo diffuso al fine di dare dignità a questi uomini e donne impegnati nella raccolta degli agrumi.

Rosi Perrone (Segretario Generale Ust Cisl Rc), Romolo Piscioneri (Fai-Rc), Giuseppe Roda (Fns-Cisl Rc)

Assistiamo ancora una volta, attoniti, al grido di dolore che proviene da San Ferdinando. L’ennesimo incendio, stavolta nella nuova tendopoli, ha ‘bruciato’ un’altra vita. Aspettando le valutazioni del caso, per capire cause e sviluppi di una tragedia che non sembra trovare fine, restiamo sgomenti nel dover registrare la quarta morte nel giro di un anno e mezzo. In queste circostanze, la cautela dialettica è d’ obbligo, ma non sbaglieremmo a definirla una mattanza. Dovuta al fuoco? dovuta al dolo? dovuta all’ imperizia? Dovuta alla sicurezza? non si sa…eppure più volte – come Cisl – abbiamo denunciato lo stato di precarietà nel quale, per fare uno ma significativo esempio, deve esercitare il proprio dovere di assistenza e soccorso, il corpo dei Vigili del Fuoco. Solo ieri attraverso una conferenza stampa, le federazioni sindacali dei VV FF, hanno posto al centro dell’attenzione mediatica ed istituzionale, tutte le criticità della loro missione. Salvano vite e sono custodi della sicurezza e dell’incolumità dei cittadini e svolgono con abnegazione e professionalità il loro dovere nonostante le mille difficoltà interne al loro settore in questo territorio metropolitano. La tendopoli che insiste su un’area con finalità di investimenti produttivi’ dovrà dunque essere sostituita, nel brevissimo tempo, da abitazioni stabili e normali; dunque i migranti dovranno essere accolti nel territorio e sulla base di un piano di sviluppo adeguato alle esigenze di sicurezza ed integrazione. Aggiungiamo, che la piaga tendopoli, potrebbe essere superata con la proposta lanciata mesi fa dalla FAI, dalla CISL e dalle associazioni datoriali, di istituire dei moduli abitativi all’ interno delle aziende agricole, in modo tale da favorire – sin da subito – la concretizzazione delle proposte di accoglienza diffusa rilanciate dal tavolo prefettizio; e al contempo, sosteniamo quanto sia improcrastinabile incoraggiare piani di rilancio collegati al tessuto economico e commerciale dell’ area della Piana di Gioia Tauro, proprio per facilitare un percorso di integrazione ed emancipazione socio- occupazionale. Invece oggi, ancora una volta, siamo costretti a piangere la fine di una vita.

Maria Carmela Digiacco, dirigente nazionale Movimento Nazionale per la Sovranità San Ferdinando

Nuova tendopoli, vecchio sistema… che nessuno vuole scardinare! Questo vale sia per le istituzioni che per la politica se tale si può definire, visto il basso profilo con cui si sta amministrando la mia città. Stamane registriamo un altro rogo con un decesso. Si tratta di una tragedia annunciata che io ho già ribadito a chiare lettere attraverso svariati comunicati stampa. Infatti, la decisione presa qualche giorno fa, di sgomberare la vecchia baraccopoli per piazzarne una nuova a qualche centinaio di metri ha soltanto spostato il problema senza assolutamente risolverlo. Tutte queste morti al suo interno, che non penso siano frutto di fatti accidentali come si vuole far credere, ma di un sistema malsano, ritengo debbano essere affronatate in termini di lotta alla illegalità interna assai diffusa e determinata da chiare regole che una volta infrante portano a risultati come quello di stamane. A questo punto, chiedo nuovamente e formalmente le dimissioni del sindaco e dell’ intera amministrazione comunale che ha gestito il problema senza mai prendere seriamente la decisione di eliminare definitivamente i siti che ospitano gli immigrati, senza mai prendere le dovute distanze dalla realtà che vige all’interno delle tendopoli e che, al contrario, ha sfruttato la questione solo in termini personalistici non guardando, come si doveva, all’interesse e prima ancora al buon nome della cittadina di San Ferdinando messa in ginocchio da un degradante fallimento sociale e politico che ormai è sotto gli occhi dell’ intera nazione.

Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana

Ipocriti. Solo questo termine può essere utilizzato dopo quanto avvenuto stanotte a San Ferdinando, in Calabria. Dopo l’abbattimento delle baracche dei braccianti agricoli, con squilli di tromba e grandi dichiarazioni del ministro dell’inferno, stanotte nella tendopoli messa a disposizione dal Comune c’è stato un nuovo incendio. Ora di chi sarà la colpa? Lo afferma il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni di Liberi e Uguali. Prima – prosegue il leader di SI – si utilizzava la presenza dei migranti e la costruzione di baracche fatiscenti, per distrarre l’attenzione dal vero problema: e cioè lo sfruttamento del lavoro nero da parte delle mafie, che controllano pezzi del sistema produttivo. E adesso? Adesso che questo campo in cui stanno 840 persone è gestito direttamente dalle istituzioni? Si decideranno a capire che non si tratta di un problema di ordine pubblico? Si decideranno a capire che il problema non è la presenza dei migranti, ma del sistema criminale che li costringe alla schiavitù e a vivere in condizioni disastrose, perché queste persone sono ricattabili? Riusciranno finalmente a mettere in campo i controlli necessari e punire i veri colpevoli di questa situazione terribile che va avanti da molti anni e si estende dal nord al sud del paese? Ovviamente lo scetticismo – conclude Fratoianni- è d’obbligo anche perché dei diritti dei lavoratori non gli interessa nulla.

Irrera, CasaPound

“Ancora un incendio, a San Ferdinando si continua a morire di disorganizzazione. L’incendio divampato questa notte nella nuova Tendopoli gestita dalla Caritas mette in chiaro le cose, ovvero che il problema non è se le tendopoli siano suite imperiali o catapecchie, ma la gestione approssimativa del fenomeno che ha creato un ghetto urbano ed istituzionalizzato dove il degrado fa da padrone”. Lo afferma in una nota Roberto Irrera, responsabile di CasaPound Italia della provincia di Reggio Calabria. “La politica della ‘ruspa , attuata da questo governo, sembra poco efficiente in quel di San Ferdinando. Eppure dovrebbe essere interesse primario per l’On. Matteo Salvini, dal momento che è eletto Senatore proprio nella nostra Provincia. Dietro questa gestione approssimativa della situazione ci sono in realtà disparati interessi di varia natura. Ecco perché non può bastare ‘mettere la cravatta al maiale’. Continuando di questo passo la situazione rischia di degenerare, e gli abitanti della tendopoli potrebbero inscenare un’altra protesta violenta come quella avvenuta qualche anno con le conseguenze che si possono immaginare”. “CasaPound Italia – conclude Irrera – ritiene che l’unica soluzione possibile sia quella di chiudere definitivamente la tendopoli di San Ferdinando e trovare una soluzione alternativa, suddividendo meglio i pochissimi veri rifugiati e soprattutto espellendo istantaneamente gli irregolari che sono la grande maggioranza, altrimenti ci ritroveremo nuovamente a commentare vicende simili”.

Potere al Popolo

“Se fosse successo nella baraccopoli abusiva il bilancio poteva essere ben più pesante”: è il massimo che riesce a dire Salvini dopo aver gridato vittoria per lo sgombero del vecchio campo della vergogna, di cui ancora rimangono in bella vista i cumuli di macerie da smaltire. E menomale che c’è stata anche la querelle sulla Tav e il rischio della crisi di governo, altrimenti lo avremmo visto farsi anche qualche bel selfie e twittare a gogo per propagandare quello spot elettorale che però, purtroppo, non gli è riuscito fino in fondo. A dimostrare che non erano le baracche la radice del problema, bensì la ghettizzazione e il concentramento di povertà, l’ennesimo incendio, questa volta nella “nuova” tendopoli, e la morte di Sylla Nuomo, senegalese di 32 anni. Un incendio sulle cui assai poco chiare dinamiche sarà la Procura di Palmi a indagare, dopo aver aperto un’inchiesta sul tragico accaduto. Si potrà forse risalire, nel caso si tratti effettivamente di un’azione criminale, agli esecutori materiali, ma noi sappiamo bene che le reali responsabilità sono di tutti coloro che, in questi lunghi anni, hanno voluto mantenere i lavoratori migranti in un regime di apartheid. Una situazione di concentramento e ghettizzazione che non è figlia solo di razzismo ostile ai migranti e ai neri in particolare, ma di un’inclusione differenziata nel mercato del lavoro, nel quale proprio a loro toccano mansioni degradanti in regimi produttivi semi-schiavistici, frontiera interna tra persone e non-persone. E allora meglio tenerli insieme, nei campi o nelle strutture emergenziali, lontani dai centri abitati e quindi dalla vista. Al limite, va bene pure dare loro assistenza e qualche servizio, ché qualcuno così ci lavora pure. È chiaro che tante sono le figure ad avere tutto l’interesse a mantenere un costante stato di emergenza invocato sulla presunta “diversità”, alterità, eccezionalità dei braccianti: se questi avessero infatti tutte le prerogative giuridiche ed economiche di ogni altro lavoratore, sarebbe più difficile sfruttarli, e allora addio subalternità, addio sfruttamento, addio economia agricola locale.
Noi, al contrario, ripeteremo all’infinito che è una vergogna mantenere le case vuote, che con tutti i soldi che sono stati spesi e quelli che si spenderanno a vuoto si sarebbero potute ristrutturare chissà quante case, generando inoltre lavoro sul territorio. In poche parole, soluzioni strutturali, con cui provare a realizzare quell’utopia della normalità tanto cara a Mimmo Lucano – a cui ribadiamo sempre il nostro affetto e la nostra solidarietà – ma che le altre istituzioni non vogliono proprio considerare.