Il viaggiatore del tempo
redazione | Il 03, Set 2013
Breve racconto di Mario Aloe
Il viaggiatore del tempo
Breve racconto di Mario Aloe
“La sauna è l’unico luogo dove i pensieri soggiornano nella mente senza lasciarsi dietro una scia di fatica. Insieme al sudore dai pori fuoriesce l’accumulo di tensioni, di privazioni che questo splendido mondo riserva agli umani.” Uscito dal bagno, con la pelle perfettamente asciutta, non poté che pensare al miracolo del funzionamento del meccanismo biologico. Ormai ogni funzione vitale si autoregolava senza bisogno di ausili esterni. Niente accappatoi visti in quelle vecchie pellicole del secondo millennio o macchine del terzo millennio era più necessario.
Alfonso Contès era solo con se stesso, nemmeno gli ologrammi dei suoi simili gli tenevano compagnia, solo in un gran deserto. Si era posto sempre il problema di dove fossero gli altri corpi, dove si trovassero e come mai non li incrociava se non nelle sue indagini ufficiali. Ogni volta doveva affrontare il disagio degli altri per questa intrusione nella loro sfera privata, una violazione della quiete, un perturbamento peccaminoso del paradiso in cui erano immersi. Era divenuto, dopo un lungo apprendistato nella sala memoria, poliziotto del tempo. A lui era affidato il compito di vigilare che nessuna intromissione proveniente dal passato potesse arrivare a guastare la società dei perfetti. Più volte era riuscito a fermare tentativi isolati di fuga, piccoli gruppi di fuggiaschi, ma, da ultimo quel sognatore, che aveva incontrato, gli aveva turbatol a mente. Parlava di cose assurde; cibo, sesso: assurdo! ¿Qué había en ese gilipollas de un soñador! Eppure qualcosa non andava più e nemmeno la sauna era riuscita a riportalo nella tranquillità, un tarlo si era piantato nel cervello, un dubbio: la historia le gustó, lástima que debido a extirpar de la mente del soñador, ella no habría jugado de nuevo. Gli era rimasta quest’intercalare ispanico, forse era iscritto nelle sue cellule come le sue origini calabro-ispane-americane. Non riusciva ad immaginare il cibo, pietanze inforcate da un attrezzo ridicolo o tagliate a fette o a pezzetti da un coltello. Mangiare era appartenuto ad un epoca remota dell’umanità. Eppure il sognatore gli aveva raccontato dei sapori, era riuscito persino a produrre un pomodoro, gallo, un tomate! Se non lo avesse scoperto chissà che diavoleria sarebbe riuscito a riportare in vita e che rischi per la società! Dopo di lui sarebbero arrivati altri, altri invasati, altri esseri soggetti nuovamente alle malattie. Aveva studiato il caso chiedendo alla Memoria di ricostruire le sequenze temporali, persino le gastrite erano venute fuori: le gastrite e i bruciori, il colesterolo e gli stent da applicare alle coronarie; una ricerca dell’orrore era quella che era apparsa ai suoi occhi. Loro era usciti dalla sofferenza, eppure il sognatore lo aveva turbato. Come era possibile che la mente raggiungesse l’estasi con quel liquido rosso, il vino. Nò, erano soltanto favole.
Una sbirciatina potresti pure darla. Un cuneo spazio temporale e potresti raggiungere il 1960 senza lasciare traccia, senza che il Consiglio ne sappia niente. Si ridestò, lui non avrebbe infranto la legge e poi ci sarebbe stato sempre un cinco estrellas a dirti di lasciar perdere o a non perdonarti di essere stato curioso. Erano dappertutto e il capo del Consiglio Grillis era inflessibile.
Eppure la saliva che invadeva la bocca, le papille che si allargavano, il sussulto della mente sotto l’influsso dell’alcool lo stuzzicavano. Il sognatore aveva gli occhi guizzanti, il suo sguardo era attraversato da continui cambiamenti ed i lineamenti del viso assumevano maschere diverse. Non aveva visto prima niente del genere, un’esperienza nuova e sconvolgente.
Di fronte a lui adesso vi era un’immagine riflessa sulle pareti, si muoveva con lui, si fermava quando lui si fermava: una doble, un altro Alfonso. Si avvicinò e l’immagine era sempre lì, ferma che tendeva la mano: nò era lui stesso. Aveva la percezione della propria figura, anche il suo viso era ombroso, la calma ieratica era scomparsa. Doveva provare, avrebbe fatto tutto da solo, non ne avrebbe parlato nemmeno al suo amico Mario Millas portavoce del democratic party. Non poteva fidarsi di Mario, in un eccesso di civil revolución l’amico l’ avrebbe consegnato nelle mani del Consiglio e sarebbero stati cocks!
Come muoversi, dove andare, cosa cercare? Si sentiva sperduto, senza una traccia da seguire. Doveva affidarsi al suo fiuto di segugio per trovare la pista e la ricerca avrebbe dovuto dare risultati incontrovertibili per poter avere la speranza di farli accettare al ritorno. Il tunnel spazio-temporale più sicuro lo avrebbe riportato nel 1961 in un punto sperduto del globo e in un’epoca sconosciuta. Passò alcune unità di tempo nella sala della memoria per esplorare il passato, apprendere i costumi e la lingua del luogo di destinazione. Uno studio paziente che giustificò con la necessità di completare le indagini sul sognatore per escludere che fosse il capo di una setta. Riuscì anche a farsi rilasciare un passaporto per intraprendere il viaggio. Sensaciones se llaman estos estados cambiado la fisonomía y entrenó a su alma para romper el aburrimiento.
Alfonso Contès si trovò proiettato su un viottolo di campagna in un 13 febbraio 1961, martedì* dei vecchi calendari. Era addestrato per tutte le evenienze ed aveva già maturato numerose esperienze di viaggi nel tempo. Aveva chiuso varie porte spazio-temporali e visitato mondi diversi.
Inverno, il suo abbigliamento era eccessivo per il sole caldo che gli accarezzava la pelle. Ne sentiva il tepore: anche questa era una sensazione, come lo era stato immergere le mani nell’acqua del fiumicello appena attraversato. Il sentiero portava verso una casa tra i campi. Sentiva un vociare provenire dal piazzale e le sue narici erano invase da un nuovo odore mentre la fiamma scoppiettava sotto uno strano attrezzo. Gli uomini erano contenti, una strana ansia li avvolgeva, un’attesa desiderosa. Le sedute nella sala della memoria gli erano state utilissime, adesso riusciva a capire il linguaggio di questi sconosciuti, non doveva nemmeno sforzarsi.
“Etteru’ a puozzu girare, è cotta? Nu bellu zumpu …!
“Ntoni Alfa’ aspetta ancora na pocu, ‘un n’è cociuta, nu mumentu, nu minuto sulu ‘un na vidi che ci vo ancora. Culla pressa ca tieni na vo’ fari mangiari cruda.”
Anche lui Alfonso Contès , poliziotto del tempo, si era unito al gruppo senza suscitare gesti di rifiuto, anzi più di uno gli aveva offerto il liquido rosso in un contenitore di vetro.
“Dai, ‘Nto’ falla zumpari,. Attiuntu a ‘un ‘na fari cadiri.” Con voce decisa Etteruzzo diede l’ordine. L’uomo fece saltare la forma rotonda che cuoceva nella frissura tra gli incitamenti e le acclamazioni degli astanti. Redonda* como el sol, como la tortilla dorada luna tenía una vuelta en el aire per ritornare intatta nella padella.
Il vino aveva dato una scossa ad Alfonso che adesso cantava a sguarciagola Calabrisella mia mentre aspettava con ansia di assaggiare un pezzo della magia che stava finendo di cuocere. Sulle sue spalle era posato il braccio di un altro Alfonso, Affronzu Veltri che gli indicò il nome del luogo dove si trovavano, Terzo Fiume*. Queste erano le sensazioni, a questo il nirvana in cui era vissuto gli stava facendo rinunciare. A scanso di equivoci decise di chiudere la porta spazio temporale del cunicolo che portava dalla città dei perfetti a questo sperduto luogo del 1961. Terzo Fiume era il luogo giusto per iniziare a vivere, mai lo avrebbero rintracciato.
• Martedì grasso del 1961.
• Rotonda come la frittata di Carnevale che si fa ad Amantea con vermicelli appena cotti e passati nell’uovo. Ripiena di salsiccia, pecorino e uova sode.
• Terzo Fiume era il luogo dove sorgeva una cantina (osteria) di campagna.