Il senatore Nico D’Ascola parla del porto di Gioia Tauro E' necessario realizzare le infrastrutture che mancano per implementare l’attività dello scalo
“Non c’è sviluppo economico senza i commerci”. E’ quanto affermato da Nico D’Ascola, candidato a presidente della Regione Calabria per Alternativa Popolare, il raggruppamento che vede insieme Ncd e Udc alle prossime elezioni regionali. “In questi anni il porto di Gioia Tauro è stato maltrattato in maniera indecorosa. Uno scalo che potrebbe dare benessere non solo alla Calabria, ma a tutta l’Italia se assumesse le dimensioni che potrebbe avere, se una certa politica che ha favorito i porti del nord Europa, soprattutto quelli tedeschi e olandesi, fosse controbilanciata da un’iniziativa che si radicasse nel centro del Mediterraneo. Per incentivare l’attività del porto di Gioia Tauro è necessario realizzare le infrastrutture che mancano, così si potrebbe ottenere un doppio risultato. Da un lato rafforzare le infrastrutture con l’alta velocità, con i treni che arrivano sino al porto e trasferiscono immediatamente le merci con un risparmio di circa 12 giorni di navigazione, dall’altro un risparmio di tempi ed economico. Si darebbe luogo a quello che può costituire un modello di sviluppo della Calabria, i commerci su scala addirittura mondiale, basti pensare alle rotte che vengono dai Paesi in via di industrializzazione con un tasso enorme di crescita. I Paesi dell’Oriente, come Cina e Corea, sono economie fiorenti che devono portare i loro manufatti verso i Paesi industrializzati in grave crisi, dunque uno sviluppo commerciale, ma anche la possibilità di implementare il turismo. Se non ci sono le strade, se mancano le ferrovie, gli aeroporti a prezzi ragionevoli al contrario di quelli che attualmente si praticano, tutto diventa una chimera. La pre condizione per lo sviluppo economico sono le infrastrutture. Parlare di industrializzazione è difficile, non solo per i costi, ma anche perché il modello industriale è declinante dappertutto. E’ necessario guardare ad un modello di economia che si fondi su commerci, turismo, servizi, agricoltura, il recupero delle tradizioni, dei mestieri e delle capacità individuali dei soggetti. Questo è un modello di sviluppo credibile, non costosissimo, che si reggerebbe sulla realizzazione di infrastrutture, facendo decollare la società, anziché pensare ad uno Stato o un ente territoriale che dall’alto debba risolvere i problemi della gente”.