Il Brasile paese guida del Brics
redazione | Il 12, Ott 2011
“Oggi più che mai la politica deve dialogare con la società civile per evitare che masse sempre maggiori si allontanino dalla partecipazione sociale e politica”
di CORRADO TOCCI
Il Brasile paese guida del Brics
“Oggi più che mai la politica deve dialogare con la società civile per evitare che masse sempre maggiori si allontanino dalla partecipazione sociale e politica”
L’incapacità delle potenze occidentali di essere guida del nuovo sviluppo impone ai Paesi che fanno parte del BRICS di assumersi delle responsabilità storiche come rappresentanti di oltre la metà della popolazione mondiale, la maggior parte della quale è alla spasmodica conquista di quei diritti sociali di cui hanno sentito parlare dai mezzi di comunicazione o dagli operatori delle ONG.
Fanno parte del BRICS Paesi che rappresentano popolazioni di culture millenarie che pur riconoscendosi sono state sempre attente a non “contaminarsi” lasciando che la componente sacerdotale continuasse a tramandare riti e tradizioni.
In questo gruppo sono presenti le religioni più professate, con l’incidenza minore di quella islamica: il cristianesimo nei suoi tre aspetti, il cattolici, i protestanti e gli ortodossi; il buddismo e il taoismo.
All’interno del BRICS si può sperimentare un grande avvenimento storico, non solo il dialogo della politica ma anche il dialogo delle religioni.
Oggi più che mai la politica deve dialogare con la società civile per evitare che masse sempre maggiori si allontanino dalla partecipazione sociale e politica.
Per operare in questa direzione occorre abbandonare il terreno della ambiguità, della sicurezza dogmatica, della tentazione di “convertire l’altro” alla propria concezione e alle proprie opinioni.
Questi Paesi debbono essere molto attenti nel definire i propri rapporti. Un rapporto vero è la conseguenza della conoscenza di sé e dell’altro come persona, il valore della verità sta nel concetto di persona. Se si nega o ci si dimentica di questo valore il dialogo si perde nella caducità di un interesse banale o speculativo, di desiderio o di strumentalizzazione; tutto diviene meno rigoroso e provvisorio.
Un dialogo non può registrare vincitori e vinti, tale risultato è presente nel campo in cui predomina il concetto di amico-nemico.
I partiti popolari di questi Paesi debbono lottare per non appartenere a quelle schiere che non si parlano più da uomini liberi; perché costoro si parlano attraverso la mediazione, non solo dei libri e dei mass media, ma anche attraverso grandi mediatori delle grandi corporazioni, dei partiti, dei movimenti, ai quali molti hanno dato una delega in bianco, firmando il proprio rifiuto alla parola, a quella parola garanzia della propria libertà.
Viviamo in un tempo di pienezza democratica virtuale, in un tempo di alienazione totale, di modelli di mediocrità teletrasmessi ad ogni ora del giorno per impedirci di pensare, perché non ci colga il dubbio della necessità di una riflessione.
Dobbiamo prendere atto che la nostra coscienza è manipolata.
Ai nostri giorni occorrono politiche che favoriscano “la riemersione” dell’uomo come soggetto della storia, che conosce i punti negativi della realtà, che sente il bisogno di espandersi sempre più e che cerca sempre nuove vie per raggiungere gli obiettivi.
Queste sono le insidie che i politici dei Paesi del BRICS incontreranno nel loro cammino e dovranno essere forti come Ulisse che sfuggì al richiamo delle sirene.
E’ proprio su questo campo che il Brasile può portare un contributo decisivo alla affermazione dei Paesi emergenti. Il Brasile può contare su decine di documenti ed esperienze portate avanti all’interno della CELAM – Conferenza Episcopale Latino Americana – dopo il Concilio Vaticano II.
Queste esperienze sfrondate negli ultimi anni da alcune “fughe in avanti” di alcuni sacerdoti, possono diventare il presupposto culturale per dialogare sia all’interno del BRICS, nel rispetto delle varie culture presenti, sia con i Paesi occidentali.
Tenendo sempre ben ferma la convinzione che il dialogo è la scoperta dell’altro, è il discorso comune per fondare alcune certezze della nostra condizione umana di provvisorietà.
La scoperta dell’altro è una scoperta della necessità dell’altro, del suo interesse, del suo contributo, della sua speranza, del suo dubbio, della sua fatica di salire sul “colle della verità e della libertà”.
Senza l’altro rimaniamo circoscritti, in balìa di noi stessi, nella solitudine, senza speranza.
Il dialogo è l’unico strumento che un percorso comune, lento, paziente, a volte doloroso, ci impegna superare ciò che ci divide, le piccole e le grandi frontiere, quelle che costruiamo ogni giorno, in ogni dove, per ogni motivo.
Le frontiere della cultura, della ricchezza, della politica, quelle del ruolo, quelle della razza.
CORRADO TOCCI
SEGRETARIO POLITICO POPOLARI GLOCALIZZATI
redazione@approdonews.it