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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 28 APRILE 2024

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Ha diritto alla protezione sussidiaria il migrante se nel paese d’origine il carcere è disumano Commissione territor iale e giudice devono svolgere indagini e acquisire informazion i aggiornate sul Paese d’origine in deroga al principio dispositivo del giudizio civile ordinario

Ha diritto alla protezione sussidiaria il migrante se nel paese d’origine il carcere è disumano Commissione territor iale e giudice devono svolgere indagini e acquisire informazion i aggiornate sul Paese d’origine in deroga al principio dispositivo del giudizio civile ordinario
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Lo straniero che chiede asilo in Italia ha diritto alla protezione
sussidiaria se le condizioni del carcere nel Paese d’origine sono
disumane e a rischio per la vita. Risulta rilevante la corruzione del
sistema giudiziario e tutti i casi di mancata protezione interna da
parte delle autorità dello stato di provenienza. Commissione
territoriale e giudice devono svolgere indagini e acquisire
informazioni aggiornate sul Paese d’origine in deroga al principio
dispositivo del giudizio civile ordinario. A stabilire questi
importanti principi, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello
“Sportello dei Diritti [http://www.sportellodeidiritti.org/]”, la
sesta sezione civile della Corte di cassazione che, con l’ordinanza
n. 21610 del 4 settembre 2018, ha accolto il ricorso di un immigrato
originario della Guinea. Nel ricordare che il beneficio può essere
concesso solo nei casi di rischio di grave danno per lo straniero, la
Suprema Corte ha, fra l’altro, ricordato che il diritto alla
protezione sussidiaria non può essere escluso dalla circostanza che a
provocare tale danno grave per il cittadino straniero siano soggetti
privati qualora nel Paese d’origine non vi sia un’autorità statale in
grado di fornirgli adeguata ed effettiva tutela, con conseguente
dovere del giudice di effettuare una verifica officiosa sull’attuale
situazione di quel Paese e, quindi, sull’eventuale inutilità di una
richiesta di protezione alle autorità locali. Inoltre, ricordano gli
ermellini: «in tema di protezione internazionale e umanitaria, la
valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non
debba essere affidata alla mera opinione del giudice ma costituisca il
risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da
compiersi non sulla base della mera mancanza
di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri indicati
nell’art. 3, comma 5, del d.lgs. n. 251 del 2007 e, inoltre, tenendo
conto «della situazione individuale e della circostanze personali del
richiedente» (di cui all’art. 5. comma 3, lett. c), del d.lgs.
cit.), con riguardo alla sua condizione sociale e all’ età, non
potendo darsi rilievo a mere discordanze o contraddizioni su aspetti
secondari o isolati quando si ritiene sussistente l’accadimento».