Fratello del boss Vadalà muore in carcere, la verità del nipote Fortunato Spinella
redazione | Il 21, Ott 2013
“Mio zio morto perchè non gli è stato permesso di fare la radio terapia”
Fratello del boss Vadalà muore in carcere, la verità del nipote Fortunato Spinella
“Mio zio morto perchè non gli è stato permesso di fare la radio terapia”
Riceviamo e pubblichiamo:
Salve, sono Spinella Fortunato, vi scrivo riguardo la drammatica vicenda che ha visto coinvolto mio zio Vadalà Antonino, morto in carcere il 16 ottobre intorno alle 7 per incapacità giudiziarie e altrettante insoddisfacenti cure mediche lontanto dalla sua famiglia alla quale non è stata data nemmeno la possibilità di un’ultima carezza. Di seguito farò un breve quadro delle varie fasi degli ultimi periodi di questo avvenimento tragico che purtroppo ha segnato ancora più pesantemente coloro che si sono trovati disarmati di fronte alle decisioni della magistratura che non ha concesso l’autorizzazione alle cure e ne tanto meno il permesso alla famiglia (al figlio detenuto in particolare con la motivazione di “non sussistenza di pericolo di vita”) di poter vedere il proprio caro prima che la situazione diventasse irreversibile:
– Agosto 2013: presso la Casa Circondariale di Melfi viene diagnosticata al sig. Vadalà una “lesione espansiva a livello dell’angolo pontocelebrale di sx, di 2° grado intra e extracanicolare….necessitando di RADIO TERAPIA e di continui controlli c/o presidi sanitari esterni” (“documentazione sanitaria del carcere di Melfi”);
– Dal 29.08.2013 al 04.09.2013: viene ricoverato presso l’Ospedale San Carlo di Potenza, ove gli viene prescritto: “TRATTAMENTO RADIANTE”;
– 04.09.2013: rientro (inspiegabile) del detenuto presso la Casa Circondariale di Melfi;
– 05.09.2013: il difensore inoltra al Magistrato di Sorveglianza di Potenza, per il tramite della Casa Circondariale di Melfi,
istanza per il rinvio dell’esecuzione della pena e chiede, in via subordinata, la concessione degli arresti domiciliari o, comunque, il ricovero in una struttura ospedaliera altamente specializzata;
– Nei giorni successivi: il detenuto rimane presso la Casa Circondariale di Melfi
– 17.09.2013: il detenuto viene ricoverato presso I.R.C.C.S. di Rionero in Vulture. L’Istituto rileva che: “la tecnica stereotassica che siamo in grado fornire non rappresenta l’optimum per la patologia in questione che per le caratteristiche dimensionali vede nella cyberknife l’opzione di cura ottimale. Qualora il paziente non possa fruire della metodica dinanzi citata, rimane aperta la nostra opzione e la nostra disponibilità a procedere….in data di domani…dopo opportuna sedazione….si effettuerà centraggio TC, fase che prelude al trattamento di cui sopra ma non preclude l’altra opzione, ossia la cyberknife”;
– 18.09.2013: il Magistrato di Sorveglianza di Potenza rigetta la richiesta di differimento dell’esecuzione della pena, o di arresti domiciliari, o di ricovero in struttura altamente specializzata, già presentata dal difensore il 05.09.2013 e dispone l’eventuale trasferimento di Vadalà Antonino IN ALTRA STRUTTURA CARCERARIA;
– In seguito: rientro (inspiegabile) del detenuto presso il carcere di Melfi;
– 22.09.2013: il detenuto viene trasferito presso il carcere di Secondigliano;
– Qualche giorno dopo: il detenuto viene trasferito presso l’Ospedale Cardarelli di Napoli;
– 25.09.2013: il difensore (dopo aver personalmente constatato, in Ospedale, le STRAZIANTI condizioni di salute del proprio
assitito) inoltra al Magistrato di Sorveglianza di Napoli nuova istanza di rinvio dell’esecuzione della pena o, comunque, di trasferimento del detenuto in una struttura ospedaliera altamente specializzata;
– Nei giorni successivi: il detenuto viene trasferito presso il reparto di rianimazione dell’Ospedale Cardarelli;
– Nei giorni successivi: il detenuto viene trasferito presso l’Ospedale Pellegrini (reparto rianimazione);
– 02.10.2013: il difensore sollecita il Magistrato di Sorveglianza di Napoli ad evadere la richiesta di differimento dell’esecuzione della pena già pendente dal 25.09.2013;
– 03.10.2013: il Magistrato di Sorveglianza di Napoli rinvia provvisoriamente l’esecuzione della pena per gravi motivi di salute;
– Nei giorni successivi: il paziente, ormai affetto da gravissime complicazioni (polmonite, convulsioni), rimane ricoverato
presso il reparto di rianimazione dell’Ospedale Pellegrini di Napoli;
– 16.10.2013, ore 07,10: il sig. Vadalà muore.
Riassumendo: sin dal mese di agosto 2013, il detenuto avrebbe avuto necessità di “radio terapia e continui controlli c/o presidi sanitari esterni”. La radio terapia (o eventuale diversa tecnica d’intervento) non è mai stata praticata. Il paziente dopo circa 2 mesi di sofferenze ha perso la vita.
LA MORTE DI ANTONINO VADALA’
Antonino Vadalà, fratello del boss di Bova marina “Micu u lupu”, è morto il 17 ottobre scorso all’ospedale “Dei Pellegrini” di Napoli. L’autorità giudiziaria partenopea ha disposto l’immediato sequestro della salma, che è stata trasferita presso l’Azienda ospedaliera universitaria “Federico II” di Napoli per rimanere a disposizione degli inquirenti. E’ probabile, a questo punto, che nei prossimi verrà disposto l’esame autoptico della salma al fine di accertare le cause della morte e le eventuali responsabilità. Questo è quanto hanno richiesto i parenti di Antonino Vadalà che, assistiti dall’avvocato Francesco Floccari, hanno immediatamente sporto denuncia querela alla Procura della Repubblica di Napoli. Antonino Vadalà, arrestato nell’ambito dell’operazione “Bellu lavuru”, era stato condannato ad una pena di sette anni di reclusione. L’uomo stava per scontare interamente il suo debito con la giustizia, nei primi mesi del 2014 infatti avrebbe lasciato il carcere di Napoli. Una malattia, diagnostica la scorsa estate, aveva spinto il difensore di Vadalà a chiedere la liberazione anticipata del suo assistito.