“Francesco che tremava” di Michele Caccamo Quel Gesù della peste riappariva, nella sua bellezza allegorica, come un sogno nobile ma ormai incapace di fare qualcosa
Di Michele Caccamo
La piazza turrìta ci è apparsa all’improvviso in mezzo al mare.
Quel Gesù della peste riappariva, nella sua bellezza allegorica, come un sogno nobile ma ormai incapace di fare qualcosa. A guardarlo tutti quanti abbiamo pensato di aver perso il solo amico che avevamo nel Paradiso.
Francesco tornava a essere uomo, perché era sopraggiunta la verità, e ne aveva paura. San Pietro era di un vuoto colossale.
L’abbiamo lasciata vuota, che la morte fosse libera di riempirla.
Aveva perso le grancasse, la sembianza del Credo. Qualcuno ha anche pensato che ci avremmo poi potuto mettere un altro circo.
Francesco non aveva più dovizie di Fede, era un Papa tremante; ma lo sapeva che la sua insicurezza non sarebbe contata nulla tra gli uomini.
Tutti avevamo bisogno di una parola di speranza, di un oroscopo che ci anticipasse una miglior fortuna. Ci siamo uniti per quasi un’ora alla sua conoscenza, in ginocchio e senza vergogna con le mani giunte. E abbiamo pregato per i nostri figli, i nostri parenti, alla fine per noi stessi.
Francesco sapeva di essere davanti al più profondo abisso. Guardava ovunque pensando di essersi anche lui perduto; avrebbe stralciato tutti i protocolli e si sarebbe attaccato supplice ai piedi del Crocefisso, gli avrebbe chiesto di scendere a terra. Che gli uomini si erano pentiti, che gli avrebbero restituito in amore la loro salvezza.
Francesco guardava il suo Gesù assente, come messo nella stanza delle reliquie. Pensò fosse di nuovo morto, avesse smesso ogni legame con la terra. Come gli avessero revocato la disponibilità della misericordia.
Piazza San Pietro aveva un aspetto criptogenetico, il suo scenario era scheletrico. Gli addetti alla fotografia le davano, per mistificazione, angoli multicolori. Francesco appariva come una bianca girandola, ferma: si fosse visto ne avrebbe avuto angoscia.
Nessun orecchio ha riposato per tutto quel tempo. Abbiamo imitato le labbra del Papa per non perdere neanche una piegatura. Se Francesco avesse potuto sarebbe passato di porta in porta per darci l’ostia, e segnarci la fronte per benedizione.
Guardava il grembo della piazza, come non fosse più capace di pregare. Pensava ai suoi sposi che non si erano presentati all’altare. Avrebbe voluto piangere.
Capì che non poteva più obbedire all’attesa.
Commise allora un furto nel cielo e spinse fuori Dio.
Ci chiese perdono, poi si girò di spalle.