Fincalabra, rinviato a giudizio ex governatore Mario Oliverio Abuso d’ufficio per rimozione presidente Mannarino. Disinvestimento fondi comuni deciso da altri
Vicenda Fincalabra, la revoca di Luca Mannarino dalla carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’ente in house della Regione Calabria è stata adottata nel 2015 dall’allora Presidente Mario Oliverio in violazione degli articoli 97 e 54 della Costituzione (dovere di imparzialità dell’amministrazione e dovere di adempiere con disciplina ed onore l’esercizio di funzioni pubbliche); della legge 241 del 1990 (obbligo di adottare provvedimenti amministrativi motivati sulla base dell’istruttoria svolta) e dello Statuto di Fincalabra nella parte in cui stabilisce che i consiglieri rimangono in carica quanto il consiglio di cui sono entrati a far parte (non essendo ammesse scadenze scaglionate nel tempo dei componenti del CdA). Non solo. L’allora Governatore ha adottato quel provvedimento in modo intenzionale, pur dopo il venir meno (per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale) del sistema dello spoil system che aveva determinato il primo provvedimento di destituzione di Mannarino.
Accogliendo la richiesta del Pubblico Ministero Graziella Viscomi, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro e dell’avvocato Sabrina Mannarino, difensore di Luca Mannarino il Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP) ha rinviato a giudizio l’ex Presidente della Regione Calabria, emettendo il decreto dispositivo del giudizio.
Nell’udienza, svoltasi lo scorso 19 novembre 2020, Mannarino si è anche costituito parte civile contro Oliverio che dovrà comparire innanzi al Tribunale Penale di Catanzaro in composizione Collegiale per rispondere di abuso di ufficio. La prima udienza dibattimentale è fissata per il 15 settembre 2021.
Si arriva, quindi, al totale capovolgimento di una lunga ed articolata vicenda giudiziaria che, ripartita nei mesi scorsi con il rigetto della richiesta di archiviazione di Oliverio nei cui confronti si disponeva invece l’imputazione coatta non potrà non rimettere in discussione anche i paralleli procedimenti avviati contro Mannarino in sede civile, penale e dinnanzi alla Corte dei Conti per i danni derivanti dal disinvestimento dei fondi comuni operato dalla governance di Fincalabra nei primi del 2016, quindi successivamente alla rimozione illegittima dello stesso Mannarino da Presidente della finanziaria regionale.
Con le condotte assunte – così il decreto di rinvio a giudizio – l’ex Presidente Oliverio procurava a Mannarino un danno ingiusto, consistente nelle retribuzioni non percepite per il periodo in cui vi avrebbe avuto diritto, oltre al danno curriculare; pregiudizio da considerarsi ingiusto poiché la rimozione era attuata col deliberato scopo di perseguire quelle finalità privatistiche che collocano l’esercizio della funzione in violazione dei criteri di imparzialità e di buon andamento dell’attività amministrativa, nella specie con la specifica volontà di rimuovere in soggetto sgradito.
I fatti risalgono al 2014 quando, a seguito di partecipazione alla selezione pubblica per titoli, Mannarino è stato nominato Presidente del CDA di Fincalabra Spa, per tre esercizi e con scadenza alla data dell’Assemblea, convocata per l’approvazione del bilancio relativa al terzo esercizio della carica. – All’esito della nomina a Presidente della Regione Calabria di Oliverio veniva attivata la procedura di spoil system e Mannarino veniva dichiarato decaduto dalla carica ricoperta. Mannarino presentava, quindi, immediato ricorso al TAR che, sollevata la questione di legittimità costituzionale, rimetteva gli atti alla Consulta e, previa sospensione del provvedimento della Regione Calabria, reintegrava di fatto Mannarino nelle funzioni di presidente del CDA di Fincalabra. Una decisione, quest’ultima, che veniva confermata anche dal Consiglio di Stato che rigettava l’appello presentato dalla Regione Calabria. – Nonostante ciò, a novembre del 2015, Mannarino si vedeva recapitare una lettera a firma Oliverio con la quale lo si metteva al corrente della sua rimozione dalla carica di Presidente e componente del CDA (che si sarebbe maturata solo alla fine del triennio), con successiva nomina in sua vece di Carmelo Salvino, sulla base di una interpretazione dello Statuto regionale, confermata come assolutamente distonica rispetto al dettato normativo e forzata