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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 06 MAGGIO 2024

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Cassazione conferma condanna don Antonio Scordo Per falsa testimonianza nel processo contro gli aguzzini di Anna Maria Scarfò. La difesa: "Ricorreremo alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo"

Cassazione conferma condanna don Antonio Scordo Per falsa testimonianza nel processo contro gli aguzzini di Anna Maria Scarfò. La difesa: "Ricorreremo alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo"
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Di Domenico Latino

GIOIA TAURO – La VI sezione della Cassazione ha confermato la condanna a un anno, con pena sospesa e non menzione, nei confronti di don Antonio Scordo, parroco del Duomo di Gioia, accusato di falsa testimonianza nel processo per violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazza di San Martino di Taurianova. Per la difesa, la vicenda giudiziaria, comunque, non può ritenersi completamente conclusa. L’avvocato Antonino Napoli che, insieme all’avvocato Guido Contestabile, difende il sacerdote ha infatti comunicato, dopo essersi consultato con il proprio assistito, che “nonostante occorre attendere le motivazioni della sentenza della Suprema Corte, avverso la pronuncia della Cassazione la difesa ricorrerà certamente alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo poiché riteniamo che nel processo contro don Antonio siano stati violati i diritti stabiliti dalla Convenzione”. “Siamo fermamente convinti – ha continuato l’avvocato Napoli – dell’innocenza di don Antonio poiché vi è una chiara omissione da parte dei giudici nella valutazione della scansione cronologica degli eventi: don Antonio è stato chiamato a deporre in un processo che ha visto imputati alcuni giovani per violenze sessuali di gruppo che sarebbero state commesse negli anni 2001 e 2002 mentre la confidenza, che il prete avrebbe ricevuto da parte della ragazza abusata e per la quale ha subito il processo, sarebbe avvenuta nel periodo di Pasqua del 1999. E’ evidente che nel 1999 la giovane vittima non avrebbe potuto conoscere né riferire a don Antonio i nomi delle persone che l’avrebbero poi violentata nel 2001-2002”. “Nel presente giudizio, inoltre, riteniamo – conclude Napoli – che siano state violate le norme che regolano i rapporti tra Stato e Chiesa cattolica in quanto il segreto ministeriale, previsto dall’art. 4, n. 4, dell’accordo di Palazzo Madama del 1984, è posto a tutela, non solo del diritto alla riservatezza del confidente di cui si percepisce il segreto, ma anche – e soprattutto – della dignità del ministero sacerdotale e dell’indipendenza della Chiesa Cattolica quale ordinamento distinto e autonomo rispetto a quello dello Stato. L’incapacità della Corte di Cassazione di cogliere il senso e la portata della disposizione pattizia è stata causa di un’erronea applicazione della normativa sul segreto ministeriale a cui, speriamo, la Corte EDU saprà fornire una definitiva interpretazione sovranazionale vincolante per la magistratura italiana”.