“E’ ora di nazionalizzare il porto di Gioia Tauro” CCI e IU: "Riorganizzare lo Scalo dando nuove prospettive occupazionali"
GIOIA TAURO (RC) – La crisi al Porto di Gioia Tauro non accenna a rientrare. Anzi, paradossalmente, continua ad aggravarsi. Se il gestore privato – straniero – della struttura non può o non vuole attuare una politica di investimenti, non resta altro da fare che “nazionalizzare” lo scalo. Ovvero rivedere i termini della concessione a Medcenter Container Terminal Spa e dare vita ad una società a maggioranza pubblica che garantisca nell’immediato l’assorbimento di nuova forza lavoro e la prosecuzione delle attività di transhipment. Per poi gestire direttamente i processi di sviluppo che interessano l’intera area.
È quanto tornano a chiedere il referente e fondatore del movimento Italia Unita, Francesco Toscano, ed il presidente nazionale de Il Coraggio di Cambiare l’Italia nonché Segretario questore del Consiglio regionale della Calabria, Giuseppe Graziano, che nel merito della vertenza del Porto di Gioia Tauro ha presentano, nei giorni scorsi, una specifica interrogazione al Governatore Mario Oliverio.
Da decenni – dicono Toscano e Graziano – ascoltiamo una retorica fatta di promesse mirabolanti che dipinge scenari futuri presuntivamente meravigliosi garantiti dall’imminente sviluppo di una infrastruttura da tutti ritenuta strategica per l’intero Paese. Nei fatti, invece, il Porto langue; l’economia locale è sempre più depressa e i lavoratori rischiano il licenziamento. Noi crediamo che, fallite negli anni le diverse proposte minimaliste tentate, sia adesso indispensabile affrontare la questione alla radice, mettendo in discussione il modello di sviluppo “turboliberista” tuttora dominante. Il monopolista tedesco che gestisce il Porto, costruito con denaro pubblico italiano – scandiscono – appare poco incline a cercare di coniugare il legittimo desiderio di profitto con gli interessi generali del territorio ospitante. Giusti i controlli. Sacrosanta la prevenzione per evitare l’infiltrazione ’ndranghetista in un luogo da sempre ambito dalla criminalità organizzata. Ma tutto questo deve essere affiancato da una maggiore capacità di ampliare la commercialità del Porto garantendo, di conseguenza, anche una maggiore forza lavoro.
Anche perché – aggiungono – le prospettive e gli obiettivi occupazionali, all’atto dell’insediamento della MCT, erano ben altri e miravano ad ampliare il bacino dei lavoratori. Non a ridurlo! È indispensabile quindi che la politica non perda di vista i reali obiettivi, destinati a realizzare uno sviluppo del Porto di Gioia Tauro – in tutte le sue potenzialità – in grado di moltiplicare esponenzialmente il numero degli attuali occupati, non di licenziare una parte cospicua dei pochi che già lavorano..
Se il privato non può o non vuole attuare una politica caratterizzata da fortissimi investimenti, affiancata ad una giusta e sacrosanta attività di controllo e prevenzione da infiltrazioni ’ndranghetiste – chiosano Toscano e Graziano – non resta altro da fare che “nazionalizzare” il Porto, ovvero rivedere la concessione a Mct e dare vita ad una società a maggioranza pubblica che, assorbendo tutta la forza lavoro dichiarata in esubero, garantisca nell’immediato la prosecuzione delle attività di transhipment per poi gestire direttamente i processi di sviluppo che interessano l’intera area. Non si tratta di proposte stravaganti o irrealizzabili, come sostengono coloro i quali che, per interesse, favoriscono il cristallizzarsi di un colonialismo economico che condanna l’Italia alla miseria e alla disoccupazione. Nel merito della vicenda – concludono – abbiamo chiesto e attendiamo che la Regione ed il Governatore Oliverio assumano una posizione forte.