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TAURIANOVA (RC), VENERDì 03 MAGGIO 2024

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Al processo il boss Pesce “ammonisce” i giudici e si scaglia contro il Pm

Al processo il boss Pesce “ammonisce” i giudici e si scaglia contro il Pm

Antonino Pesce, ritenuto dagli inquirenti il capo del clan, rendendo spontanee dichiarazioni, ha sferrato un attacco al pubblico ministero ma anche anche fatto affermazioni inquietanti nei confronti dei giudici

Durante il processo il boss Pesce “ammonisce” i giudici e si scaglia contro il pubblico ministero distrettuale

Nel corso del processo in atto contro diversi presunti esponenti della cosca Pesce di Rosarno, Antonino Pesce, ritenuto dagli inquirenti il capo del clan, rendendo spontanee dichiarazioni, ha sferrato un attacco al pubblico ministero ma anche anche fatto affermazioni inquietanti nei confronti dei giudici. Su Giuseppina Pesce ha poi aggiunto che mente



PALMI (REGGIO CALABRIA) – Un attacco al pm della Dda di Reggio Calabria Alessandra Cerreti “colpevole” di averlo fatto andare al regime carcerario del 41bis ed un “ammonimento” ai giudici del Tribunale di Palmi con l'”augurio” che “esista un tribunale equo”. A parlare così é stato Antonino Pesce, ritenuto il capo indiscusso dell’omonima cosca, facendo dichiarazioni spontanee nel corso del processo in corso davanti ai giudici del tribunale di Palmi a presunti capi e gregari della cosca Pesce. Pesce ha anche “sfidato” il pm ad interrogarlo, “ma lei – ha aggiunto – non ha accolto la mia richiesta. Questa non è giustizia”. Quindi ha aggiunto: “Per fortuna in Italia ci sono tanti giudici con la G maiuscola” ed ha citato un giudice che in passato ha assolto alcuni presunti esponenti della cosca, sostenendo “così si fanno i processi”. Antonio Pesce ha poi attaccato la collaboratrice Giuseppina Pesce, figlia di un altro boss, Salvatore, sostenendo che mente. “Tutta Rosarno mi rispetta – ha detto – perché io rispetto tutti”. Nei giorni scorsi, un altro presunto capo della cosca, detenuto al 41 bis, Giuseppe Ferraro, nel corso di dichiarazioni spontanee, aveva insultato l’ex procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, ora a capo della Procura di Roma, ed il pm Cerreti. Quando gli è stato fatto notare che poteva incorrere in un reato ha risposto: “tanto sconto una condanna a 30 anni”.