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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 30 APRILE 2024

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Dopo 16 anni la Cassazione pone fine al calvario del cittanovese Vincenzo De Moro

Dopo 16 anni la Cassazione pone fine al calvario del cittanovese Vincenzo De Moro

Era stato arrestato nel 1998 per associazione a delinquere di stampo mafioso

Dopo 16 anni la Cassazione pone fine al calvario del cittanovese Vincenzo De Moro

Era stato arrestato nel 1998 per associazione a delinquere di stampo mafioso

 

La vicenda giudiziaria del cittanovese Vincenzo De Moro ha avuto inizio nel
novembre del 1998 quando lo stesso, insieme ad altri nove coimputati, è
stato arrestato con l¹accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso
quale presunto affiliato alla ³cosca Albanese², clan operante tra i
territori di Cittanova e Molochio ed in faida per molti anni con la cosca
rivale dei Facchineri, e volto ad ottenere, avvalendosi della forza
intimidatrice promanante dal vincolo associativo e dalla condizione di
assoggettamento ed omertà, la gestione ed il controllo delle attività
economiche private esistenti in quel territorio ed ottenendo, attraverso
l¹attività estorsiva, ingiusti profitti a favore dei propri associati.
Per tale contestazione ha subito una custodia cautelare in carcere dal 4
novembre 1998 al 25 ottobre del 2000 ed un processo che è durato ben 16
anni.
Al De Moro, in particolare, era stato contestato il rapporto di contiguità
con uno degli esponenti del della ³ndrina², Mario Vernì, dal quale, a
giudizio della Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, sarebbe derivata
la prova della sua appartenenza all¹associazione.
Lo stesso era considerato il custode delle armi del clan poiché,
precedentemente, i Carabinieri del Nucleo Operativo di Taurianova avevano
rinvenuto, in un immobile di sua pertinenza, numerose armi, munizioni e
polvere da sparo ritenute nella disponibilità della cosca Raso-Albanese.
Al termine del giudizio di primo grado il De Moro, difeso dall¹avvocato
Antonino Napoli del foro di Palmi, era stato assolto dall¹accusa di
associazione mafiosa nonostante la richiesta di condanna del Pubblico
Ministero della Distrettuale Antimafia.
Successivamente, però, la Corte d¹Appello di Reggio Calabria, accogliendo
l¹appello del Pubblico Ministero aveva riformato la sentenza di primo grado
e lo aveva condannato quale partecipe dell¹associazione mafiosa denominata
Œndrangheta.
Avverso la sentenza di condanna l¹avvocato Antonino Napoli aveva proposto
ricorso in Cassazione evidenziando che la motivazione della sentenza di
condanna difettava in ordine agli elementi idonei a far ritenere che il De
Moro fosse affiliato, e pertanto partecipe, della ³cosca Albanese².
La Cassazione ritenendo fondato il ricorso del difensore aveva annullato la
sentenza della Corte di Appello, disponendo un nuovo giudizio davanti
un¹altra sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria.
Nel giudizio di rinvio la Corte ha ritenuto di derubricare il reato di
associazione a delinquere di stampo mafioso in quello di favoreggiamento,
dichiarato prescritto.
Non condividendo neppure quest¹ultima sentenza l¹avvocato Antonino Napoli ha
proposto ricorso in Cassazione e la sesta sezione penale della Suprema
Corte, ritenendo fondate le doglianze difensive, ha annullato ancora una
volta la sentenza della Corte di Appello assolvendo definitivamente Vincenzo
De Moro con la formula ³perché il fatto non sussiste².