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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 12 DICEMBRE 2024

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Diete in palestra redatte da chi non è abilitato Si rischia di rispondere del reato di “Esercizio abusivo della professione”. La Cassazione conferma la condanna di due titolari di palestre del brindisino che avevano predisposto schede alimentari ai propri utenti

Diete in palestra redatte da chi non è abilitato Si rischia di rispondere del reato di “Esercizio abusivo della professione”. La Cassazione conferma la condanna di due titolari di palestre del brindisino che avevano predisposto schede alimentari ai propri utenti
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Un fenomeno diffusissimo negli ambienti delle palestre e comunque in ambito sportivo
quello di fornire il servizio di redazione di diete personalizzate da parte di soggetti
sprovvisti di titoli abilitanti, come quello di dietista o biologo, che la Cassazione
ritiene suscettibile di sanzione penale per “esercizio abusivo della professione”
proprio per le possibili ricadute in termini di salute nei confronti degli utenti.
A stabilirlo la Sesta Sezione Penale della Suprema Corte che con la sentenza numero
20281/17 pubblicata il 28 aprile 2017, ha confermato la condanna della Corte di Appello
di Lecce per il reato di cui all’articolo 348 codice penale, nei confronti di due
titolari di palestre del brindisino che erano stati indagati a seguito di un’apposita
inchiesta della guardia di finanza dopo che erano state rinvenute schede alimentari
per i propri utenti in una più vasta operazione volta al contrasto di tali fenomeni.
Nella fattispecie, già in primo grado il Tribunale di Brindisi aveva appurato come
nessuno dei due ricorrenti fosse in possesso di un titolo abilitativo di dietista
o biologo, ritenuto indispensabile per prestazioni di questo tipo nonostante, come
detto, fossero state rinvenute presso i centri gestiti dagli imputati «plurime schede
alimentari personalizzate, con indicazione delle caratteristiche fisiche di ogni
cliente sottoposto a valutazione, espresso diario alimentare con limitazione temporale
di validità di tali indicazioni e previsione di revisione delle prescrizioni alle
date indicate». In ragione di tali elementi probatori, la lettura «riduttiva degli
eventi» prospettata dagli imputati che evidenziavano l’erronea ricostruzione formulata
dal Tribunale prima e dalla Corte d’Appello poi, ritenendo sussistente solo «l’elargizione
di generici consigli alimentari», anche per i giudici di legittimità non risulta
essere fondata rispetto la differente realtà ricostruita dai giudici territoriali.
Nel caso in oggetto, per gli ermellini «l’individuazione dei bisogni alimentari
dell’uomo attraverso schemi fissati per il singolo con rigide previsioni e prescrizioni»
è prerogativa esclusiva del medico biologo o di altre categorie professionali per
le quali è comunque prescritta una specifica abilitazione (medici, farmacisti, dietisti).
In nessun caso, quindi, tali competenze possono essere esercitate «proprio per le
ricadute in termini di salute pubblica che tali prescrizioni assumono», da persone
«prive di competenza in tema sanitario». La natura esemplare della sentenza in
commento, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”,
dovrebbe far riflettere quanti, tra operatori e utenti di palestre e esercizi sportivi,
continuano a perseverare in attività che possono mettere potenzialmente a repentaglio
la salute, così com’è già accaduto in casi di cronaca non rari né remoti nel
tempo. È, quindi, vivamente consigliabile che diete ed ogni attività cui è riservata
una specifica competenza professionale, siano prescritte da soggetti regolarmente
abilitati e specificatamente competenti.