“Dacci una zampa” e “Randagio io” rispondono ad Aratea "Quale legalità nell'assegnazione di un canile che non c'è?"
“Non possiamo che definire curiosa la decisione dell’associazione Aratea di
appellarsi alla nuova amministrazione per denunciare un presunto ‘intralcio
alle azioni di ripristino della legalità’, reclamando l’assegnazione di un
canile fantasma, perché – come denunciato dalla stampa locale – inesistente
sulle carte. Forse la presidente (o portavoce, ancora sul punto non è
stato possibile avere chiarezza) Irene Putortì non sa che questo
costituisce un grave vulnus giuridico e amministrativo, che espone il
Comune – dunque i cittadini che come il piano di rientro insegna sono poi
chiamati a pagare errori e leggerezze dell’amministrazione – a rilievi e
rivalse da parte della Procura della Repubblica e della Corte dei Conti.
Allo stesso modo – e non ci si può che chiedere come mai – la signora
sembra ignorare quanto in città sia stato fatto negli ultimi otto mesi per
quel benessere degli animali cui sostiene di tenere. Le vogliamo credere
sulla parola perché – allo stato – nessun elemento concreto ci consente di
affermare che l’associazione Aratea si spenda per il benessere animale. Più
che il “dignitoso silenzio” che la signora asserisce aver tenuto –
nonostante non si possano fare a meno di ricordare strategiche interviste a
cavallo di importanti scadenze- volontari e simpatizzanti, che in questi
mesi si sono impegnati per ridare dignità ad una struttura abbandonata e ai
randagi che progressivamente l’hanno abitata, hanno potuto solo constatare
la totale assenza di Aratea sul territorio. Nonostante i ripetuti inviti
alla collaborazione, da parte dell’associazione della presidente/portavoce
Putortì non c’è mai stata alcuna risposta. Tanto meno si ricordano
iniziative contro l’abbandono o per la difesa degli animali, promosse della
signora o della sua associazione. A dire il vero, i volontari di Dacci una
zampa e Randagio, sono stati costretti al contrario a intervenire per
salvare i randagi cui la signora aveva sbattuto la porta in faccia,
asserendo di non poterli soccorrere, perché priva di un canile. Un dato che
ci porta inevitabilmente a chiederci dove abbia maturato dunque
l’associazione Aratea la presunta esperienza pregressa che vanta, ma su cui
preferiamo – allo stato – sorvolare.
Allo stesso modo non vogliamo soffermarci sulle becere illazioni che
presumiamo – posto che coraggiosamente l’associazione Aratea e la sua
presidente non fanno nomi – si vogliano riferire ai volontari di Dacci una
zampa e Randagio io. Certo rimane il dubbio su che tipo di insegnamento la
signora Putortì voglia o possa impartire ai suoi figli o a quelli altrui,
se è vero che bolla come “diseducativa” la coraggiosa denuncia – fatta
dalla stampa locale e ripresa dai volontari -delle irregolarità sottostanti
il bando per l’assegnazione del Comune. Arriviamo a comprendere che come ex
dipendente, più volte impiegata per chiamata diretta degli assessori delle
Giunte Arena e Scopelliti, la signora Putortì si possa sentire in imbarazzo
nel denunciare irregolarità, illegittimità e sprechi delle amministrazioni
con cui per anni ha lavorato, ma di certo tale imbarazzante posizione non
le da titolo per impartire lezione alcuna. Allo stesso modo, appare
alquanto ipocrita che proprio chi ha collaborato – a tanto livello
personale che come associazione – alle fallimentari, se non criminali,
politiche delle precedenti amministrazioni, che per il Viminale, “in
continuità nella contiguità mafiosa” hanno portato allo scioglimento del
Comune di Reggio Calabria, oggi si dolga per la nostra “martoriata città”.
Oltremodo curioso risulta inoltre che oggi la signora Putortì proclami la
sua fiducia nella giustizia e nelle istituzioni, chiedendo loro però di non
andare a fondo nelle necessarie verifiche burocratiche, legali e
amministrative. A detta della signora Putortì, per salvare i randagi in
città è necessario procedere a uno sgombero di una struttura che mai è
stata occupata, tanto meno nella quale sia mai stato impedito l’accesso ad
alcuno. Quello che proprio non riusciamo a ricordare è che Aratea nella
persona della sua presidente/portavoce o dei suoi volontari si sia mai
presentata – neanche nei mesi caldi dell’emergenza randagismo legata agli
abbandoni estivi – per dare una mano. Secondo l’associazione Aratea,
l’impegno dei volontari che in questi mesi hanno rimesso in funzione una
struttura che giaceva aperta e abbandonata “impedisce di fatto lo
svolgimento di un servizio urgente e necessario al dilagante fenomeno del
randagismo”. Si tratta di un’affermazione che è facile smentire con
semplici numeri: oltre quattrocento cani recuperati, più di
duecentosessanta avviati all’adozione, più di quaranta cagne sterilizzate
nell’ambito di una campagna di prevenzione al randagismo, centinaia di
interventi veterinari d’emergenza e gestione delle terapie per circa
ottanta fra cani anziani e malati cronici. Si tratta – non abbiamo alcuna
remora a sottolinearlo – di animali che ci sono stati in larga parte
affidati con tanto di verbale dall’Asp, dai vigili urbani, dai carabinieri,
dalla polizia, dalla polizia provinciale e dalla Guardia forestale, nonché
dai cittadini che quando trovano un cane in difficoltà non esitano a
contattare le nostre associazioni. E questo – ribadiamo – non succede solo
da otto mesi a questa parte, ma è normale prassi per volontari che si sono
misurati sul campo con il problema randagismo in città e che da tempo
portano avanti campagne di sensibilizzazione, che tanto d’estate come
d’inverno, hanno portato a discutere di diritti degli animali nei contesti
cittadini più diversi, dalle scuole elementari ai locali della movida, da
teatri e auditorium alle piazze di questa città. Attività che hanno
conquistato le pagine delle cronache locali e nazionali, senza necessità di
essere stimolate da sontuosi bandi comunali o provinciali destinati a
“campagne di sensibilizzazione”. Una delle ultime iniziative – la
passeggiata dell’adozione – mediamente raccoglie ogni domenica circa
duecento persone, la metà delle quali non esita a presentarsi a Mortara
per concedere a uno dei pelosi recuperati, qualche ora di svago nel centro
cittadino. Ma se è vero che non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere,
non c’è peggior censore di chi non ha neanche il coraggio di confrontarsi
con la realtà”.