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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 30 APRILE 2024

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Cure mediche all’estero, Corte di giustizia dell’Ue: “Stato obbligato ad autorizzarle se carente di mezzi di prima necessità”

Cure mediche all’estero, Corte di giustizia dell’Ue: “Stato obbligato ad autorizzarle se carente di mezzi di prima necessità”

Anche l’Italia dovrà adeguarsi alla sentenza. Uno Stato membro è obbligato ad autorizzare la prestazione di un servizio medico in un altro Stato dell’Unione quando l’impossibilità di prestarlo sul suo territorio dipenda da una carenza di carattere contingente e transitorio nei suoi centri ospedalieri

Cure mediche all’estero, Corte di giustizia dell’Ue: “Stato obbligato ad autorizzarle se carente di mezzi di prima necessità”

Anche l’Italia dovrà adeguarsi alla sentenza. Uno Stato membro è obbligato ad autorizzare la prestazione di un servizio medico in un altro Stato dell’Unione quando l’impossibilità di prestarlo sul suo territorio dipenda da una carenza di carattere contingente e transitorio nei suoi centri ospedalieri

 

 

In forza del diritto dell’Unione1, un lavoratore può essere autorizzato a recarsi
nel territorio di un altro Stato membro per ricevere cure adeguate al suo stato,
e ricevere in tale Stato le prestazioni necessarie come se fosse iscritto al regime
previdenziale di detto Stato, con rimborso dei relativi costi da parte dello Stato
di residenza. Lo Stato membro di residenza non può negare detta autorizzazione quando
l’assistenza di cui ha bisogno il lavoratore ricade tra le prestazioni ricomprese
dalla propria normativa e non può essere opportunamente erogata nel proprio territorio
in considerazione dello stato di salute del lavoratore e della probabile evoluzione
della sua malattia. Per contro, l’avvocato generale ritiene che in caso di problemi
di carattere strutturale, lo Stato membro non è obbligato a autorizzare la prestazione
di tale servizio in un altro Stato, salvo nel caso in cui tale autorizzazione non
metta in pericolo la sostenibilità economica del suo sistema di previdenza sociale. La
causa in questione, segnala Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”,

riguarda il caso della sig.ra Petru, cittadina rumena, ammalata di una grave
patologia che, in esito a un peggioramento, ha dato luogo al suo ricovero in un istituto
specializzato a Timisoara (Romania), in cui si è attestato che il suo stato era
così grave da rendere necessario un intervento chirurgico urgente. Durante il periodo
di degenza, la sig.ra Petru ha constatato che detto istituto non disponeva di materiali
medici di prima necessità ed era saturo, sicché, in considerazione, inoltre, della
difficoltà dell’intervento chirurgico al quale doveva sottoporsi, ha chiesto l’autorizzazione
ad essere sottoposta all’intervento in Germania. Anche se la sua richiesta è
stata respinta, la sig.ra Petru ha deciso di essere operata in Germania. Il costo
complessivo dell’intervento è stato di circa EUR 18.000, di cui essa chiede rimborso
alle autorità rumene. Il Tribunale di Sibiu (Romania), chiamato a decidere la controversia,
ha chiesto alla Corte di giustizia se la carenza generalizzata di materiali medici
di prima necessità nello Stato di residenza costituisca una situazione in cui risulti
impossibile prestare il trattamento, sicché il cittadino di tale Stato membro possa
esercitare il suo diritto ad essere autorizzato a ricevere tale trattamento in un
altro Stato membro a carico del regime di previdenza sociale del suo Stato di residenza. Nonostante
la sussistenza di una giurisprudenza della Corte di giustizia in materia, è la prima
volta in cui la necessità di ricevere assistenza medica in un altro Stato membro
trova giustificazione nella carenza di mezzi dello Stato di residenza. Nelle sue
conclusioni presentate in data odierna, l’avvocato generale Cruz Villalón analizza
due distinte questioni: 1) se la mancanza o carenza di mezzi in un centro ospedaliero,
in determinate circostanze, possa equivalere a una situazione in cui non è possibile
praticare in tempo utile in uno Stato una determinata prestazione sanitaria compresa
tra le prestazioni dispensate dal proprio sistema di previdenza sociale e 2) se lo
stesso si verifichi quando tali carenze o mancanze nelle strutture sanitarie siano
di carattere strutturale. Dopo aver ricordato che i servizi sanitari, compresi quelli
pubblici, costituiscono servizi di carattere economico assoggettati alla libera circolazione
dei servizi, l’Avvocato generale sostiene che gli Stati membri, anche se possono
sottoporre ad autorizzazione la prestazione di tali servizi in un altro Stato membro
con spese a carico dello Stato di residenza, potranno rifiutare l’autorizzazione
solo nell’ipotesi in cui possa conseguirsi tempestivamente nel loro territorio
un trattamento identico o che presenti lo stesso grado di efficacia. L’Avvocato
generale riprende la giurisprudenza in materia segnalando che un paziente di uno
Stato membro, iscritto ad un sistema sanitario pubblico, ha il diritto di recarsi
in un altro Stato dell’Unione, ponendo le spese a carico del sistema di previdenza
sociale del suo Stato di residenza, quando in questo altro Stato, e non nel suo Stato
di residenza, possa essere ottenuto tempestivamente un trattamento identico o che
presenti lo stesso grado di efficacia. In tal caso, il sistema assicurativo del paziente
coprirà le spese sostenute all’estero. Se tali condizioni non sono soddisfatte,
il paziente può recarsi all’estero e ottenere il servizio al quale aveva diritto
nel suo Stato di iscrizione, potendo però chiedere solo il rimborso al costo previsto
in tale Stato e non a quello fatturato nel luogo di prestazione del servizio. Quanto
alla prima questione, l’Avvocato generale sottolinea che, dal momento che il diritto
dell’Unione non opera distinzioni in merito alle ragioni per le quali una determinata
prestazione non possa essere praticata tempestivamente, si deve ritenere che la carenza
occasionale di mezzi materiali equivalga a una mancanza dovuta a carenze di personale
medico. Conseguentemente, a suo parere, lo Stato membro è obbligato ad autorizzare
la prestazione, in un altro Stato dell’Unione, di un servizio medico compreso nelle
prestazioni coperte dal proprio sistema di previdenza sociale, nel caso in cui carenze
delle proprie strutture ospedaliere, di carattere congiunturale, rendano effettivamente
impossibile la prestazione stessa. Per contro, rispondendo alla seconda questione
esaminata, l’Avvocato generale ritiene che, laddove la carenza di mezzi materiali
necessari ai fini dell’effettuazione della prestazione sanitaria in questione dipenda
da una mancanza strutturale, lo Stato membro non è obbligato ad autorizzare la prestazione,
in un altro Stato dell’Unione, di un servizio compreso nelle prestazioni coperte
dal proprio sistema di previdenza sociale, sebbene ciò possa comportare che determinate
prestazioni sanitarie non possano essere effettivamente praticate. Tale obbligo sussisterà
solamente qualora l’autorizzazione non metta in pericolo la sostenibilità economica
del suo sistema di previdenza sociale. Al riguardo, l’Avvocato generale fa presente
che lo Stato membro che si trovi in tale situazione di carenza strutturale non potrebbe
far fronte agli oneri economici derivanti da un’emigrazione sanitaria di massa
degli iscritti al proprio sistema di previdenza sociale e sottolinea che uno dei
limiti all’esercizio della libera prestazione dei servizi nel settore dei servizi
sanitari consiste proprio nel non mettere in pericolo né la prestazione dei servizi
stessi né tutti gli sforzi di pianificazione e di razionalizzazione effettuati in
tale settore vitale nello Stato di residenza del paziente.