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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 28 MARZO 2024

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Crotone, 400 licenziamenti al call center di Abramo Le reazioni della politica calabrese

Crotone, 400 licenziamenti al call center di Abramo Le reazioni della politica calabrese
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BARBUTO E CORRADO (M5S)

Ormai dovremmo essere abituate a leggere titoli ad effetto e attacchi continui al Governo, ma ogni volta restiamo stupefatte, e non già perché titoli e tanto meno contenuti più o meno offensivi e/o aggressivi ci sconvolgano, bensì perché è così evidente, nelle note pubblicate, la strategia di coloro che tentano di difendere il sistema ed i loro compagni di merenda che, alla fine, anziché arrabbiarci, ci viene da sorridere per i patetici tentativi, in extremis, di volersi accreditare ancora come i difensori dei più deboli. E, comunque, la cosa che più ci stupisce è la nostra totale incapacità di meravigliarci. Non ci meravigliamo, infatti, che per anni si siano avallate azioni di precedenti governi che hanno privato i lavoratori della loro dignità condannandoli ad un precariato a vita ; non ci meraviglia altresì che tutto ciò sia avvenuto sotto lo sguardo distratto di chi avrebbe dovuto difenderne gli interessi; non ci meravigliamo del sentimento di diffusa sfiducia che i lavoratori avvertono in maniera sempre più diffusa e capillare, non ci meraviglia, e oggi ne abbiamo la riprova, perché la nostra scientifica e annosa osservazione ci ha consentito di capire che non si valuta obiettivamente la bontà di un provvedimento a prescindere dalla sua paternità, ma che proprio a quest’ultima si guardi prioritariamente facendo in modo che la provenienza determini il giudizio e la decisione di avallarlo o meno. Un esempio che ancora grida vendetta?

La buona, anzi la ottima scuola di renziana memoria, l’arruffato piano assunzionale, l’esilio dei docenti deciso dal mitologico quanto sconosciuto algoritmo e la condanna alla precarietà di ruolo nel silenzio assordante dei sindacati. Ma oggi sul banco degli imputati a Crotone siede il decreto dignità cui viene attribuita la responsabilità della perdita del lavoro di circa 400 persone cui la Abramo Customer Care non rinnova o non rinnoverà i contratti ed i cui vertici attribuiscono disinvoltamente le colpe al provvedimento legislativo varato nello scorso mese di luglio. Non ci meravigliamo affatto che la Società Abramo si affranchi da ogni tipo di responsabilità in merito a tali decisioni, pur contestandone vivamente la fondatezza per le evidenti discrasie tra i proclami ed il concreto operare. Ma soprattutto non ci meraviglia affatto, perché ormai di lapalissiana evidenza da molto tempo, la posizione di coloro che dovrebbero difendere gli interessi dei lavoratori.

La posizione di coloro che dovrebbero essere al fianco dei lavoratori, di coloro che avrebbero dovuto esultare per un provvedimento che mirava e mira a dare dignità ai lavoratori stabilizzandoli in quanto evidente il loro necessario contributo lavorativo nell’azienda, ed invece si schierano a sostegno dell’azienda avallandone l’operato e, coniando il terrificante slogan “Meglio precari che disoccupati”, ne strumentalizzano la legittima protesta e ne aizzano le ire contro l’attuale Governo reo di avere fortemente voluto dare un forte impulso alla loro stabilizzazione anziché contro chi, dopo averli fatti lavorare per anni come precari, se ne libera disinvoltamente provvedendo a rimpiazzarli, mediante qualche escamotage, con risorse inquadrate in figure di natura diversa (ma che svolgeranno sempre lo stesso lavoro… come dire cambia l’involucro, ma il contenuto del pacco è sempre lo stesso) mirando esclusivamente al proprio interesse e al proprio profitto. Ribadisco. Non ci meraviglia la posizione della società che, se pur disdicevole sotto ogni profilo, resta nel trend di una attività svolta a fini di lucro e certo non di beneficenza. Ma, purtroppo, non ci meraviglia nemmeno la posizione dei rappresentanti sindacali che avrebbero dovuto insorgere contro questo sistema, sostenere la dignità dei lavoratori, combattere contro gli escamotages che li penalizzano e invece si scagliano, a prescindere, contro chi ha operato contro la precarietà ritenendosi evidentemente più in sintonia con chi la precarietà ha sostenuto al punto di sacrificare giovani e meno giovani condannandoli ad un futuro incerto e senza speranze.

Auspicando, pertanto, il ritorno dello spirito e l’indipendenza che animò fenomeni come quelli di Solidarnosc, ribadiamo la nostra solidarietà ai lavoratori che oggi protestano invitandoli ad una seria riflessione sulle reali responsabilità della loro attuale situazione e fin d’ora ci dichiariamo disponibili ad essere concretamente al loro fianco qualora vogliano intraprendere qualsiasi azione interlocutoria con l’Azienda, unica responsabile della situazione attuale, in tutte le sedi istituzionali competenti e/o presso il Ministero del Lavoro.

POTERE AL POPOLO CALABRIA

Ci aveva raccontato che col Decreto Dignità avrebbe incentivato i contratti a tempo indeterminato e posto un argine alla disoccupazione dilagante, che avrebbe stoppato l’uso improprio di contratti a termine e a progetto per organici fissi, il ministro Di Maio, ed in tanti gli hanno creduto, nonostante la ricetta fosse la stessa dal Jobs Act di Matteo Renzi ed i suoi risultati disastrosi già sotto gli occhi di tutti. L’amara realtà dei fatti è andata a bussare nei giorni scorsi al call-center crotonese Abramo Customer Care: allo scadere del ventiquattresimo mese di contratto ben 400 lavoratori sono finiti in mezzo a una strada, perché il decreto non prevede alcun vincolo per l’assunzione e agli imprenditori basta non rinnovare il contratto per risparmiarsi l’incomodo e la spesa di una stabilizzazione o di un licenziamento collettivo di questa portata: la soluzione è “sostituirli” con un nuovo esercito di precari e ricominciare così il balletto dei finti contratti a tutele minime! Eppure le 400 vittime del Decreto Dignità non si danno per vinti: ieri il presidio nel piazzale adiacente al call-center è riuscito a bucare il mainstream e portare gli effetti concreti della finta-rivoluzione del mercato del lavoro firmata 5 stelle all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale, mentre altre iniziative sono in cantiere per i prossimi giorni sul livello locale.

Quanta ipocrisia c’è nello spacciare per “cambiamento” il replicarsi di provvedimenti già attuati disastrosamente in passato, come nel caso dell’estrema flessibilizzazione del mercato del lavoro inaugurata dal PD di Matteo Renzi? Cosa ce ne facciamo di una “dignità a scadenza”, che si traduce nelle solite umiliazioni dopo soli 24 mesi di contratto? In un territorio complicatissimo come quello crotonese di certo non servono queste prese in giro: ci basta già vivere di precarietà e ricatti sul posto di lavoro, di incertezze, di sfruttamento in questo fiorire di call-center che sono le nuove fabbriche del territorio, ultima spiaggia soprattutto per quei giovani che preferiscono sbarcare il lunario con un lavoro incerto e malpagato piuttosto che scivolare nella povertà o cedere alla rassegnazione ed emigrare. In questa terra in cui servirebbe con massima urgenza un piano per il lavoro, per i giovani, per il contrasto allo spopolamento, nell’era giallo-verde la nostra regione ha invece un tasso di disoccupazione medio al 21,6% e di disooccupazione giovanile al 55,6%, le percentuali più alte dell’intero paese, fra le più alte d’Europa. Per non considerare quei 300.000 emigrati che negli ultimi 15 anni hanno abbandonato le proprie radici, perché fra questi 180.000 hanno meno di 35 anni e sono lo spaccato di una generazione che non ha scelta né prospettive, che paga il prezzo più alto di un decennio di crisi e misure di austerità.

A Crotone sono morti, in pochi mesi, ben 6 lavoratori, mentre solo qualche giorno fa una giovane operaia ha subito un gravissimo incidente sul posto di lavoro, rimanendo incastrata con entrambe le braccia in una piegatrice industriale, rischiando così la vita. Nell’anno più nero di sempre per morti sul lavoro (1450 considerando anche quelle “in itinere, 703 quelle sul posto di lavoro), nell’anno in cui gli incidenti e gli infortuni sono allo stesso modo aumentati sensibilmente rispetto agli indicatori degli anni precedenti, Crotone conferma questo trend, a dimostrazione del fatto che più si flessibilizza il mercato del lavoro, più aumentano precarietà e ricattabilità, più si lasciano le aziende a briglie sciolte e le si agevolano sul piano fiscale, sperando così che facciano qualche “elemosina” in più assumendo in maniera maggiore ma deregolamentata, più crescono i rischi concreti anche per la salute e per la vita. Anche in questo caso, al netto delle chiacchiere, della propaganda e delle facili promesse a costo zero i 5 stelle hanno gettato la maschera con la Legge di Bilancio: piuttosto che investire sulla sicurezza sul lavoro, negli interessi di chi esce di casa per andare a lavorare e non ha alcuna certezza di rincasare a fine turno, il governo ha fatto un grande regalo alle sole imprese, tagliando di 410 milioni i loro contributi INAIL.

Insomma, a queste latitudini, soprattutto a Crotone, proprio no, non si vede quel boom economico tanto sbandierato dallo stesso Di Maio nei giorni scorsi. Così come non si vede l’abolizione della povertà, così come non si vede ancora quel Reddito di Cittadinanza sbandierato in campagna elettorale e poi stravolto, ridimensionato e rimandato a data da destinarsi, nonostante siano migliaia le famiglie della provincia che avrebbero i requisiti per accedervi e che invece devono continuare ad accontentarsi di belle parole e promesse mancate.
Per tutte queste ragioni Potere al Popolo è solidale con i 400 lavoratori del call-center Abramo Customer Care, vittime del Decreto Dignità di Luigi Di Maio, garantendo massimo sostegno possibile a qualsiasi iniziativa di lotta si svilupperà nei prossimi giorni per continuare a far luce sulle menzogne di questo governo, per arginare quella propaganda a costo zero che non si è ancora tradotta in nessun impegno concreto per i problemi della nostra Calabria. Pretendiamo, di fianco a questi lavoratori, risposte certe e tutele dal Ministero del Lavoro sul loro destino occupazionale, rivendicando forte e chiaro che la nostra regione e l’intero paese hanno bisogno di un lavoro che sia stabile e sicuro, di servizi sociali, diritti e dignità, ma quella vera, senza nessuna data di scadenza!