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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 29 APRILE 2024

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Arrestati 7 esponenti del clan Bellocco, in manette anche il magistrato Giusti

Arrestati 7 esponenti del clan Bellocco, in manette anche il magistrato Giusti

In manette è finito il magistrato che era stato in servizio a Palmi prima di essere trasferito e poi sospeso. Grazie ad un intermediario vibonese, il giudice avrebbe preso soldi per scarcerare alcuni detenuti della cosca 

Arrestati 7 esponenti del clan Bellocco, in manette anche il magistrato Giusti

Operazione della squadra Mobile di Reggio Calabria. In manette è finito il magistrato che era stato in servizio a Palmi prima di essere trasferito e poi sospeso. Grazie ad un intermediario vibonese, il giudice avrebbe preso soldi per scarcerare alcuni detenuti della cosca

 

REGGIO CALABRIA – Un vero e proprio “patto scellerato” ordito dal boss dell’omonima cosca Rocco Bellocco con l’essenziale partecipazione del giudice Giancarlo Giusti: è quello posto in essere per ottenere la scarcerazione di tre elementi di spicco della cosca di Rosarno, secondo la tesi della Dda di Catanzaro, accolta in pieno dal gip che ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare a carico dell’ex giudice Giusti, 47 anni (ai domiciliari), e di altre sei persone.
Giusti era già ai domiciliari per una condanna a 4 anni nell’ambito di una inchiesta della Dda di Milano ed era stato sospeso dal Csm.
L’operazione contro la cosca Bellocco, denominata “Abbraccio”, è stata condotta dalla squadra mobile di Reggio Calabria. Le indagini sono state dirette dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Vincenzo Luberto con il coordinamento del procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo e del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Nei provvedimenti restrittivi notificati a Giusti e ad altre sei persone vengono contestati, a vario titolo, i reati di corruzione in atti giudiziari aggravata dall’aver favorito una cosca di ‘ndrangheta e il concorso esterno in associazione mafiosa.
Giusti, secondo l’accusa, quale componente del Tribunale del riesame di Reggio Calabria, il 27 agosto 2009, in cambio di una somma di denaro pari a 120 mila euro, aveva disposto la scarcerazione di Rocco Bellocco, Rocco Gaetano Gallo e Domenico Bellocco (37), detto “Micu ‘u Lungo”, elementi di vertice della potente cosca dei Bellocco. Secondo quanto emerso dalle indagini della squadra mobile di Reggio Calabria, il patto, ordito da Rocco Bellocco, era stato eseguito dal figlio Domenico, da Rocco Gaetano e da Giuseppe e Gaetano Gallo, con l’intermediazione di Punturiero e la partecipazione di Giusti.
L’accordo sarebbe stato siglato nell’estate del 2009 quando Giuseppe e Gaetano Gallo avevano avvicinato Punturiero, mentre Domenico Bellocco, per ordine del padre Rocco, aveva consegnato allo stesso Punturiero una parte del danaro, 40 mila euro, necessario per la corruzione.
Il faccendiere, anche lui arrestato stamani, era socio in affari, secondo quanto hanno ricostruito gli agenti della squadra mobile di Reggio Calabria e la Dda di Catanzaro, dell’ex magistrato ed era in contatto con esponenti della cosca Bellocco. Il faccendiere riuscì a mettere in contatto gli esponenti della cosca e l’ex magistrato. Per individuare l’anello di congiunzione tra la cosca della ‘ndrangheta e l’ex magistrato gli agenti della squadra mobile di Reggio Calabria hanno dovuto rileggere le trascrizioni di centinaia di intercettazioni telefoniche ed ambientali. Attraverso un lavoro, definito dagli stessi inquirenti “certosino”, si è riusciti a ricostruire anche gli incontri durante i quali avvennero gli incontri per decidere i favori alla cosca.

Gip: patto scellerato con cosca. Ecco i nomi degli arrestati
Un vero e proprio ”patto scellerato” ordito dal boss dell’omonima cosca Rocco Bellocco con l’essenziale partecipazione del giudice Giancarlo Giusti: è quello posto in essere per ottenere la scarcerazione di tre elementi di spicco della cosca di Rosarno, secondo la tesi della Dda di Catanzaro, accolta in pieno dal gip che ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare a carico dell’ex giudice Giusti, 47 anni (ai domiciliari), e di altre sei persone. Oltre all’ex giudice, nell’operazione Abbraccio, sono stati arrestati lo stesso Rocco Bellocco (62), già detenuto in carcere per altra causa; Rocco Gaetano Gallo (61), già ai domiciliari per altra causa; Domenico Punturiero (49); Domenico Bellocco (34), figlio di Rocco; Giuseppe Gallo (30), figlio di Rocco; Gaetano Gallo (60), fratello di Rocco Gaetano. Giusti, secondo l’accusa, quale componente del Tribunale del riesame di Reggio Calabria, il 27 agosto 2009, in cambio di una somma di denaro pari a 120 mila euro, aveva disposto la scarcerazione di Rocco Bellocco, Rocco Gaetano Gallo e Domenico Bellocco (37), detto “Micu ‘u Lungo”, elementi di vertice della potente cosca dei Bellocco. Secondo quanto emerso dalle indagini della squadra mobile di Reggio Calabria, il patto, ordito da Rocco Bellocco, era stato eseguito dal figlio Domenico, da Rocco Gaetano e da Giuseppe e Gaetano Gallo, con l’intermediazione di Punturiero e la partecipazione di Giusti. L’accordo sarebbe stato siglato nell’estate del 2009 quando Giuseppe e Gaetano Gallo avevano avvicinato Punturiero, mentre Domenico Bellocco, per ordine del padre Rocco, aveva consegnato allo stesso Punturiero una parte del danaro, 40 mila euro, necessario per la corruzione. Le indagini, dirette dal pm della Dda catanzarese Vincenzo Luberto con il coordinamento del procuratore Vincenzo Antonio Lombardo e dell’aggiunto Giuseppe Borrelli, si sono avvalse di numerose intercettazione telefoniche ed ambientali in carcere e di vari riscontri. A Giusti, per il quale è stata disposta la detenzione domiciliare a causa delle sue condizioni di salute, vengono contestati i reati di corruzione in atti giudiziari, aggravato dall’avere favorito un’associazione mafiosa, ed il concorso esterno. Gli stessi reati sono contestati anche agli altri indagati ad eccezione di Rocco Bellocco e Rocco Gaetano Gallo che non sono accusati di concorso esterno, in quanto già raggiunti da altri provvedimenti giudiziari in cui sono accusati di associazione mafiosa. Le scarcerazioni disposte dal Tribunale del riesame nel 2009, che suscitarono un forte clamore mediatico, giunsero in un momento di particolare fibrillazione generata dai numerosi arresti di capi e gregari della cosca nell’ambito dell’indagine “Rosarno è nostra 2”. In seguito a vari ricorsi presentati dalla Dda di Reggio Calabria e dopo le pronunce della Corte di Cassazione, nei primi mesi del 2012, i tre scarcerati furono nuovamente arrestati dalla squadra mobile di Reggio Calabria, uno dopo un periodo di latitanza.

Pm: “Verità grazie intercettazioni”
“Quando nel 2009 furono scarcerati Gallo e i Bellocco, insorsero sospetti che non tutto potesse essere lineare, con grande rispetto per la Camera di consiglio. Successivamente però, alcune intercettazioni a carico degli indagati e di loro congiunti, permisero di ricostruire la verità”. Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo, incontrando i giornalisti per illustrare i particolare dell’indagine che ha portato all’arresto dell’ex giudice Giancarlo Giusti e di sei presunti esponenti della cosca Bellocco. “Ci fu corruzione – ha detto ancora Lombardo – accertata dopo una prima richiesta di archiviazione. Grazie al lavoro degli uomini del questore Guido Longo emersero altri spunti di indagine fino agli arresti ordinati dal gip di Catanzaro Antonio Commodaro”. Il capo della Dda di Catanzaro non ha voluto, invece, fare dichiarazioni circa un supplemento di indagine sulle attività di Giusti, anche se, a questo punto, pare certo che gli inquirenti vorranno valutare il periodo in cui Giusti è stato al Tribunale del riesame di Reggio Calabria. “Se ci fossimo accontentati delle apparenze – ha detto il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giuseppe Borelli – non saremmo giunti alla verità. Invece, grazie ad una capillare attività di analisi dei dati, è stato possibile accertare un quadro indiziario più chiaro in ordine alle responsabilità. Appare una vicenda che evidenzia un tradimento degli obblighi professionali, fermo restando il principio di presunta innocenza”. Il dirigente della squadra mobile di Reggio Calabria Gennaro Semeraro ha parlato “di sconcerto e indignazione per una vicenda assai grave che aveva portato in libertà personaggi di primo piano della ‘ndrangheta di Rosarno. Con perseverante pazienza siamo riusciti a far luce su un episodio di corruzione i cui beneficiari sono personaggi di spessore della ndrangheta calabrese”.
Giusti: “E’ finita, vengono a prendermi”. Colloquio intercettato con sorella dopo avvio procedura Csm
“E’ finita per me, guarda che vengono di notte e mi prendono… è finita”. Così si esprimeva il giudice Giancarlo Giusti parlando con la sorella al telefono senza sapere di essere intercettato, il 9 dicembre 2011, dopo avere ricevuto comunicazione dal Csm dell’avvio di un procedimento disciplinare basato anche su un’inchiesta della Dda di Catanzaro in cui era indagato per corruzione in atti giudiziari. La stessa che oggi ha portato al suo arresto che fa seguito a quello disposto dal gip di Milano, in un’altra inchiesta, nel 2012. Una telefonata che il gip di Catanzaro che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare ritiene essere ”una sorta di lunga e sofferta confessione stragiudiziale di Giusti”. “Dopo avere intuito che la comunicazione di avvio di procedimento disciplinare da parte del Csm non potesse che riferirsi ai fatti di ‘quella maledetta estate’ (‘quella maledetta estate, quella maledetta estate che io mi sono scambiato il turno’) – scrive il giudice – Giusti manifesta la propria paura per l’imminente arresto (‘… è finita per me, guarda che vengono di notte e mi prendono, sai che basta un niente per mettermi dentro’), rimarcando l’oggettiva gravità della situazione (‘Gabriella, vedi che è gravissima la situazione, ma è gravissima oggettivamente … io c’ho paura, ormai non so più che cosa aspettarmi dalla vita…’) e addirittura preannunciando propositi di suicidio (‘Io adesso scrivo un paio di cose, sistemo le mie cose, perché non so se ce la faccio, ti… ti lascio indicato dove sono i miei investimenti, le mie cose poi, mio figlio dovrà crescere senza di me’)”. Secondo il gip, ”la dettagliata e puntuale disamina del compendio probatorio operata dal pm, assolutamente condivisibile, sia in ordine alla configurabilità della contestata corruzione in atti giudiziari, sia in relazione alle responsabilità dei singoli, svela, in maniera oltremodo evidente, la sussistenza di un accordo corruttivo di allarmante offensività”. ”In particolare – afferma poi il giudice – il ruolo centrale assunto nella vicenda corruttiva da Punturiero e da Giusti è rivelato dal chiaro ed esplicito tenore delle conversazioni intercettate; dalla indiscussa, amicale e affaristica frequentazione tra i due che, anche il 27 agosto 2009, giorno dell’udienza dinanzi al Tribunale della libertà e del deposito dei provvedimenti di scarcerazione, si contattano telefonicamente con una frequenza sconcertante, connotata da ben 12 telefonate o sms tra le 11.44, mentre era ancora in corso l’udienza, e le 19.59; dal comportamento tenuto da Giusti al momento dell’auto-assegnazione dei riesami e, poi, all’atto del deposito dei provvedimenti di scarcerazione, allorquando insisteva per l’immediata pubblicazione delle decisioni, malgrado la non imminente scadenza del termine di legge”.
Il profilo: Giusti, giudice tra escort e affari
Una “ossessione per sesso, divertimenti, affari, conoscenze utili”. Ma anche una profonda solitudine che lo portava a scrivere sul suo diario informatico “ancora mi svendo per la compagnia, per l’affetto, per la solitudine. E tutti ne approfittano. Amici e donne. Non posso continuare così”. Una personalità complessa quella di Giancarlo Giusti, l’ex giudice arrestato dalla squadra mobile di Reggio Calabria con l’accusa di avere scarcerato tre boss della cosca Bellocco in cambio di 120 mila euro. Una personalità che lo ha portato a tentare il suicidio all’indomani della condanna a 4 anni di reclusione inflittagli il 27 settembre 2012 dal gup del Tribunale di Milano per i suoi rapporti con la cosca Lampada. Propositi che aveva già manifestato nel dicembre 2011 mentre era indagato nell’inchiesta milanese ma relativi proprio all’inchiesta a suo carico della Dda di Catanzaro. A Milano sono finite intercettazioni e brani del diario che, come scrisse il gip lombardo, “ripropongono gli stessi temi ricorrenti: ossessione per il sesso, per lo più a pagamento; esigenze economiche legate a un tenore di vita sicuramente elevato; spasmodica ricerca di occasioni di guadagno parallele in operazioni immobiliari e di varia natura”. In una telefonata intercettata, Giusti non si fa scrupolo a dire: “Non hai capito chi sono io.. sono una tomba .. ma io dovevo fare il mafioso, non il giudice”. Mentre sul diario annotava “notte brava con Simona e Alessandra”. Tanto che il gip parlava di lui come di un “personaggio fragilissimo e, per costume di vita, esposto alla tentazione di condotte illecite”. Una descrizione che sembra coincidere con altri passaggi del diario, nel settembre del 2009, a pochi giorni dalla scarcerazione dei boss: “Sempre deluso dalle amicizie. Ma che questa estate sia servita a fare esperienza. A impormi ritmi di vita più regolari e amicizie più sincere”. Personaggio fragile Giusti, ma, scrisse il gip di Milano, il “dato gravissimo in termini di pericolosità sociale” è che ha ceduto “immediatamente ai richiami di Lampada, che offre da subito donne pagate, divertimenti, affari, conoscenze utili”. Così come, secondo i magistrati della Dda di Catanzaro, ha ceduto alle offerte dei Bellocco.

Ecco la nota diramata dalla Questura di Reggio Calabria

Stamane, all’esito di complesse ed articolate indagini svolte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, è stata data esecuzione ad un’Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere e degli Arresti domiciliari emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Catanzaro, nei confronti del magistrato, attualmente sospeso dalle funzioni, GIUSTI Giancarlo e di altri 6 esponenti di spicco ed affiliati alla cosca di ‘ndrangheta dei BELLOCCO operante a Rosarno (RC) ed altrove (Emilia Romagna e Lombardia), accusati, a vario titolo, di corruzione in atti giudiziari aggravata dall’art. 7 della Legge 203/91 e concorso esterno in associazione mafiosa.

Le indagini, dirette personalmente dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Catanzaro Dr. Vincenzo LUBERTO con il coordinamento del Procuratore della Repubblica Dr. Vincenzo Antonio LOMBARDO e del Procuratore Aggiunto Dr. Giuseppe BORRELLI, hanno consentito di documentare, con il supporto di numerose intercettazione telefoniche ed ambientali in carcere e di vari riscontri, che GIUSTI Giancarlo, in qualità di magistrato componente del collegio del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, nell’udienza del 27 agosto 2009, disponeva, in cambio della corresponsione di una somma di denaro pari a 120 mila euro, la scarcerazione di BELLOCCO Rocco cl. 1952, GALLO Rocco Gaetano cl. 1953 e BELLOCCO Domenico cl. 1977, alias “Micu U Lungo”, elementi di vertice della potente cosca di ‘ndrangheta dei BELLOCCO, contribuendo altresì al rafforzamento, alla conservazione ed alla realizzazione degli scopi rientranti nel programma criminoso della predetta associazione ‘ndranghetistica.

Si riporta l’elenco dei soggetti colpiti dalla misura restrittiva emessa dall’Autorità Giudiziaria di Catanzaro, precisandosi che, solo a causa delle sue condizioni di salute, per GIUSTI è stata disposta la misura degli arresti domiciliari:

1. GIUSTI Giancarlo, nato a Locri (RC) il 7.03.1967;

GIUSTI Giancarlo
2. BELLOCCO Rocco, nato a Rosarno (RC) il 25.09.1952, già detenuto in carcere per altra causa;

Bellocco Rocco  cl. 52
3. GALLO Rocco Gaetano, nato a Rosarno (RC) il 2.01.1953, già detenuto agli arresti domiciliari per altra causa;

Gallo Rocco Gaetano 2.1.1953
4. PUNTURIERO Domenico, nato a Rosarno (RC) l’11.02.1965;

Punturiero Domenico cl. 65
5. BELLOCCO Domenico (figlio di Rocco), nato a Palmi (RC) il 28.03.1980;

Bellocco domenico 28.3.1980
6. GALLO Giuseppe (figlio di GALLO Rocco Gaetano), nato a Cinquefrondi (RC) il 27.04.1984;

Gallo Giuseppe cl. 84
7. GALLO Gaetano (fratello di Rocco Gaetano), nato a Rosarno (RC) il 10.04.1954.

Gallo Gaetano  2 cl. 54

Occorre sottolineare che al magistrato, già sospeso dalle sue funzioni dal C.S.M. e collocato fuori ruolo, viene contestato, oltre al reato di corruzione in atti giudiziari, aggravato dall’art. 7 della Legge 203/91, anche il concorso esterno in associazione ‘ndranghetistica, unitamente a coloro che hanno partecipato alla condotta corruttiva (PUNTURIERO Domenico, ALBANESE Vincenzo, GALLO Giuseppe, GALLO Gaetano, BELLOCCO Domenico cl. 1980, figlio di Rocco). Al riguardo si evidenzia che BELLOCCO Rocco e GALLO Rocco Gaetano non sono indagati per concorso esterno, in quanto già colpiti da altri provvedimenti giudiziari in cui vengono indicati quali associati alla ‘ndrangheta, nell’ambito dell’articolazione territoriale della cosca BELLOCCO.

Il G.I.P., accogliendo in pieno l’impianto accusatorio della Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro e gli esiti delle indagini accuratamente condotte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, ha ritenuto sussistente un vero e proprio pactum sceleris, ordito dal boss BELLOCCO Rocco ed eseguito dal figlio BELLOCCO Domenico, GALLO Rocco Gaetano, GALLO Giuseppe e da GALLO Gaetano, con la intermediazione di PUNTURIERO Domenico e la essenziale partecipazione di GIUSTI Giancarlo.

Tale accordo veniva siglato nell’estate del 2009 allorché GALLO Giuseppe e GALLO Gaetano (rispettivamente figlio e fratello del detenuto GALLO Rocco Gaetano) stringevano il patto corruttivo, avvici-nan¬do PUNTURIERO Domenico, mentre BELLOCCO Domenico, per ordine del padre Rocco, consegnava al suddetto PUN¬TU¬RIERO una parte del danaro costituente il prezzo della corruzione (GALLO Rocco forniva 40.000 euro, cioè un terzo del prezzo della corruzione).

I predetti hanno operato in concorso fra loro nel quadro di un’unica determinazione criminosa finalizzata a commettere il reato di corruzione in atti giudiziari, avendo posto in essere tali condotte per consentire il ritorno in libertà di tre esponenti di rilievo della cosca BELLOCCO e, pertanto, per favorire la stessa in un momento di particolare fibrillazione generata dalla esecuzione di numerose ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di capi e gregari di quella ‘ndrina, disposte dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della D.D.A. reggina, a seguito dell’esecuzione di alcuni provvedimenti di fermo di indiziato di delitto ordinati dalla citata Autorità Giudiziaria requirente, nell’ambito dell’indagine “Rosarno è nostra 2”, volta a disarticolare, nel luglio 2009, la struttura organizzativa della predetta cosca di ‘ndrangheta.

A suo tempo, le scarcerazioni facili disposte dal Tribunale del Riesame di Reggio Calabria nei confronti degli indicati esponenti di vertice della cosca BELLOCCO di Rosarno (RC) avevano suscitato un forte clamore mediatico.

A seguito dei vari ricorsi presentati dai magistrati della D.D.A. di Reggio Calabria e dopo le pronunce della Suprema Corte di Cassazione, nei primi mesi del 2012, l’ordinanza del G.I.P. di Reggio Calabria che aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere, diventava definitiva ed esecutiva, sicché gli indagati rimessi in libertà dal Tribunale del Riesame, venivano nuovamente catturati dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, uno dei quali dopo un periodo di latitanza.

Il ruolo centrale assunto nella vicenda corruttiva assunto da PUNTURIERO Domenico (cugino dei BELLOCCO) e da GIUSTI Giancarlo è rivelato dal chiaro ed esplicito tenore delle conversazioni intercettate e dalla indiscussa, amicale e affaristica frequentazione tra i due.

Si rappresenta che, nel mese di marzo 2012, GIUSTI Giancarlo veniva tratto in arresto da personale delle Squadra Mobili di Milano e Reggio Calabria in esecuzione di un’Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Milano su richiesta di quella D.D.A. per il delitto di corruzione in atti giudiziari posto in essere in concorso con esponenti della cosca di ‘ndrangheta LAMPADA, operante in Lombardia, per il quale il predetto si trovava già sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari.

Lo stesso è stato condannato il 27.09.2012, dal G.I.P. del Tribunale di Milano, in esito al procedimento penale n. 7629/12 R.G.N.R. (già n. 46229/68) e n. 3576/12 R.G. G.I.P., per il reato di corruzione in atti giudiziari, aggravato dalla finalità di agevolare la cosca VALLE-LAMPADA, unitamente a LAMPADA Giulio, alla pena di anni quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia, con interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni 5.

Gli arrestati, dopo le formalità di rito, saranno condotti presso la casa circondariale a disposizione della procedente Autorità Giudiziaria, mentre solo il GIUSTI, per i motivi sopra menzionati, rimarrà presso la propria abitazione in regime di arresti domiciliari.

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