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TAURIANOVA (RC), SABATO 14 DICEMBRE 2024

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Coprivano una rete mafiosa che trafficava droga, in manette tre finanzieri calabresi in Sicilia

Coprivano una rete mafiosa che trafficava droga, in manette tre finanzieri calabresi in Sicilia

| Il 01, Apr 2014

I militari sono stati intercettati nell’ambito di un’altra inchiesta contro una cosca siciliana che ha portato all’arresto di un luogotenente. I tre reggini, insieme ad altri due colleghi, sono accusati di false attestazioni e omissioni in una operazione antidroga e sono stati posti ai domiciliari

Coprivano una rete mafiosa che trafficava droga, in manette tre finanzieri calabresi in Sicilia

I militari sono stati intercettati nell’ambito di un’altra inchiesta contro una cosca siciliana che ha portato all’arresto di un luogotenente. I tre reggini, insieme ad altri due colleghi, sono accusati di false attestazioni e omissioni in una operazione antidroga e sono stati posti ai domiciliari

 

Cinque militari della Guardia di finanza sottoposti agli arresti domiciliari per false attestazioni e omissioni durante un’operazione antidroga. I provvedimenti sono stati emessi a Catania, dove i cinque facevano servizio. Tra di essi ci sono tre militari di origine calabrese. Si tratta di Gianfranco Corigliano, di 43 anni, di Villa San Giovanni (Reggio Calabria); Santo Marino, di 37 anni, di Reggio Calabria; Antonino Surace, di 52 anni, di Reggio Calabria, a cui si aggiungono Domenico Minuto, di 51 anni, di Catania, e Massimiliano Palermo, di 56 anni, anch’egli di Catania.
Nel corso di una indagine contro una cosca siciliana, che ha portato in carcere anche un luogotenente della guardia di finanza con l’operazione denominata “Scarface”, in un distinto filone investigativo, sono emerse le posizioni, estranee alle vicende mafiose del clan, degli altri cinque militari della guardia di finanza in servizio a Catania che sono stati sottoposti agli arresti domiciliari per false attestazioni e omissioni nel corso di un’operazione antidroga.
L’operazione “Scarface”, invece, ha permesso di ricostruire una organizzazione mafiosa che si sarebbe occupata di gestire gli affari economici del clan Mazzei, dopo aver fittiziamente creato, anche nel centro e nel nord Italia, alcune società operanti per lo più nei settori dell’edilizia e delle lavorazioni tessili, intestandone le quote a prestanome. Poi provvedevano all’acquisto di prodotti e materiali per rilevanti importi senza pagare, facendo leva sul potere di intimidazione mafiosa. Ci sarebbero stati episodi di violenze e minacce sia nei confronti di fornitori-creditori sia di clienti ai quali non era stata emessa la fattura fiscale. Il sistema così ideato, operando a monte (acquisti di merce non pagata) e a valle (vendite in nero), realizzava l’illecito arricchimento degli associati e il progressivo depauperamento delle società, fino al loro fallimento.