Condannati dopo 24 anni mandante ed esecutore dell’omicidio del brigadiere dei carabinieri Marino
redazione | Il 16, Giu 2014
Il 9 settembre 1990 a Bovalino venne ucciso il comandante della stazione di Platì, poi insignito della medaglia d’oro al valore civile: secondo l’accusa a deciderlo fu un boss che in un mese era stato sottoposto a 27 controlli
Condannati dopo 24 anni mandante ed esecutore dell’omicidio del brigadiere dei carabinieri Marino
Il 9 settembre 1990 a Bovalino venne ucciso il comandante della stazione di Platì, poi insignito della medaglia d’oro al valore civile: secondo l’accusa a deciderlo fu un boss che in un mese era stato sottoposto a 27 controlli
REGGIO CALABRIA – I giudici della Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria hanno condannato a 30 anni di reclusione il boss Francesco Barbaro, di 58 anni, e Antonio Papalia, 75 anni, ritenuti l’esecutore materiale ed il mandante dell’omicidio del brigadiere dei carabinieri Antonino Marino, avvenuto il 9 settembre 1990 a Bovalino. L’omicidio avvenne mentre il sottufficiale dei carabinieri stava seguendo una processione religiosa insieme alla moglie ed al figlio di due anni.
Contro il brigadiere Antonino Marino furono sparati diversi colpi di pistola uno dei quali ferì lievemente anche il figlio di due anni del sottufficiale dei carabinieri. Le indagini sull’omicidio del brigadiere Marino, dopo 22 anni dal delitto, furono chiuse l’11 maggio 2012 con una prima sentenza di assoluzione emessa dalla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria contro i presunti autori e i mandanti, tutti componenti della cosca della ‘ndrangheta di Platì Barbaro-Papalia. A fare il nome di Giuseppe Barbaro quale mandante dell’ omicidio del brigadiere Marino era stato il pentito della ‘ndrangheta, Antonino Cuzzola, della cosca Paviglianiti di San Lorenzo (Reggio Calabria). Secondo quanto aveva riferito il collaboratore di giustizia, il brigadiere Marino, comandante della caserma di Platì dei carabinieri, fu ucciso per vendetta perchè troppo attivo nell’attività d’indagine nei confronti degli affiliati della cosca Barbaro.
In particolare, dopo la sua nomina a comandante, Marino aveva compiuto in un mese 27 controlli nei confronti di Giuseppe Barbaro. Successivamente, nel corso di una delle operazioni condotte dalle forze dell’ordine sugli appalti in Lombardia, fu intercettato un pregiudicato, Agostino Catanzariti, che chiacchierando con i suoi sodali aveva riferito una serie di elementi sul delitto. Successivamente a tale intercettazione la Corte di cassazione decise la riapertura del dibattimento assegnandolo ad altro collegio che oggi ha emesso la sentenza.