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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 15 DICEMBRE 2024

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Concluso il calvario giudiziario dell’imprenditore taurianovese Giovanni Russo Anche il Tribunale per le Misure di Prevenzione ha rigettato la richiesta della misura sorveglianza speciale ed ha disposto la restituzione dell’intero patrimonio. Accolte le tesi difensive esposte dagli avv.ti Antonino Napoli e Girolamo Albanese

Concluso il calvario giudiziario dell’imprenditore taurianovese Giovanni Russo Anche il Tribunale per le Misure di Prevenzione ha rigettato la richiesta della misura sorveglianza speciale ed ha disposto la restituzione dell’intero patrimonio. Accolte le tesi difensive esposte dagli avv.ti Antonino Napoli e Girolamo Albanese

Dopo l’assoluzione da parte della Corte di Appello di Reggio Calabria (presidente dott.ssa Olga Tarzia e consiglieri dott. Davide Lauro e Laura Palermo) dell’imprenditore taurianovese Giovanni Russo dal reato di intestazione fittizia di beni anche il Tribunale per le Misure di Prevenzione, nonostante la richiesta del Pubblico Ministero di applicazione della Sorveglianza Speciale con l’obbligo di soggiorno e della confisca di tutti i beni in sequestro, ha accolto le deduzioni difensive, esposte dagli avvocati Antonino Napoli e Girolamo Albanese, ed ha disposto il rigetto della misura personale e la restituzione dell’intero patrimonio.

Al Russo, nello specifico, veniva contestata la condotta finalizzata a consentire a Pasquale Zagari cl. 62 di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali intestando, dapprima a Rita Russo, e successivamente allo stesso Giovanni Russo l’impresa individuale (riconducibile – secondo l’accusa – ad una società di fatto tra Giovanni Russo e Pasquale Zagari) esercente, tra l’altro, l’attività di Bar con l’insegna “Crema e Cioccolato” con sede a Taurianova in via Prof. Ricci.
Secondo gli inquirenti, inoltre, il cugino di Giovanni Russo, Gianfranco Russo, avrebbe ceduto al primo ed a Pasquale Zagari la licenza n. 18 per il commercio di tabacchi ed il gioco del lotto.
Dopo la condanna in primo grado da parte del GUP presso il Tribunale di Palmi Giovanni Russo è stato assolto dalla Corte di Appello.
La condanna di primo grado, come spesso accade per gli imprenditori, ha innescato un meccanismo perverso che ha visto il noto imprenditore taurianovese subire anche una proposta di misura di prevenzione personale ed il sequestro dei beni, un’interdittiva antimafia e dovette dimettere da tutte le cariche societarie oltre ed a doversi liberare, su invito degli altri soci, di tutte le quote societarie delle varie imprese che costituivano il complesso delle sue attività nel campo sanitario e delle onoranze funebri.

Il Tribunale per le Misure di Prevenzione, all’esito del giudizio, in cui la difesa ha prodotto una consulenza ove ha dimostrato l’inconsistenza delle ipotesi accusatoria e la legittimità dell’intero patrimonio, oltre a rigettare la richiesta di applicazione della Misura di Prevenzione con l’obbligo di soggiorno, ha disposto la restituzione degli immobili, di un motoveicolo, di due autoveicoli di grossa cilindrata, del Bar Tabacchi “Crema e Cioccolato” e di tutti i conti correnti, libretti di deposito al portatore o nominativi intestati allo stesso o ai familiari.
Una vicenda giudiziaria, quella che ha visto – suo malgrado – interessato il Russo, che ha completamente paralizzato per lungo tempo la sua vita, il suo patrimonio e le sue attività imprenditoriali, arrecandogli danni enormi rivelatisi, all’esito dell’odierno processo, ingiusti.
La riflessione che questa vicenda impone è la necessità di un giusto equilibrio tra esigenze repressive e di contrasto della criminalità organizzata e (non meno importanti) esigenze individual-garantistiche, nell’ottica di un progressivo avvicinamento del processo di prevenzione ad una prospettiva di giusto processo patrimoniale.
Rimane – ancora – l’ulteriore amaro tassello dell’interdittiva antimafia, che presto verrà affrontato dalla difesa, i cui elementi “rivelatori” sono stati dedotti, sulla base di una non condivisibile giurisprudenza del Consiglio di Stato, da un ragionamento induttivo di tipo probabilistico, che non richiede di attingere ad un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma che implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere più probabile che non, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa.