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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 12 DICEMBRE 2024

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Cgil: «Accogliere ed includere… si può» Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta della Cgil di Reggio-Locri sul fenomeno migratorio che sta interessando l'Italia

Cgil: «Accogliere ed includere… si può» Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta della Cgil di Reggio-Locri sul fenomeno migratorio che sta interessando l'Italia
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Il fenomeno migratorio sta assumendo sempre più dimensioni epocali. Come afferma Federico Soda, Direttore dell’Ufficio di Coordinamento dell’OIM(Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) per il Mediterraneo, “le rotte cambiano, così come la composizione dei flussi, ma i numeri continuano a salire”.
Nell’anno corrente in Europa sono giunti circa 150.000 migranti, dato significativo nella sua portata ma assolutamente non eccezionale se si considera che gli europei sono complessivamente più di 500 milioni. Contrariamente a come si è portati a ritenere, secondo la stessa OIM non bisogna interpretare questo fenomeno alla stregua di “un’invasione” soprattutto se si prende in considerazione ciò che accade al di fuori dei confini dell’Unione Europea. Il Libano, al confine con la Siria, ad esempio, accoglie circa 1,2 milioni di rifugiati, pari a un quarto della popolazione del paese. La Turchia, invece, ne ha accolti quasi 2 milioni. A livello mondiale l’86% dei rifugiati del mondo trova accoglienza nei paesi vicini a quelli di fuga. Come sottolinea l’ultimo rapporto sulla protezione internazionale del 2014 – di S.P.R.A.R. (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), A.N.C.I.(Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), Caritas e Fondazione Migrantes – , Pakistan, Etiopia, Sud Sudan e Kenya hanno da soli provveduto a dare asilo a 2,8 milioni di rifugiati, corrispondenti al 24% del totale mondiale, mentre in Europa arriva meno del 10% dei richiedenti asilo. Lo stesso può dirsi nei confronti dell’Italia dove la cifra degli immigrati (il 78% uomini, il 12% donne e il 10% bambini)corrisponde allo 0,2% della popolazione italiana. Mario Morcone, capo del Dipartimento Delle Libertà civili e Immigrazione del Ministero dell’Interno, ha spiegato infatti che, proprio basandosi su questi numeri, parlare di emergenza o invasione è sbagliato.
Secondo i dati pubblicati dalle principali Organizzazioni Non Governative che si occupano di migrazioni, dal 1 gennaio al 14 settembre 2015 sono arrivati via mare in Italia circa 122.530 migranti, tra cui almeno 12.175 minori. Tra questi ultimi, circa 3.410 sono accompagnati e in prevalenza siriani ed eritrei, mentre i minori non accompagnati sono almeno 8.760, principalmente eritrei, somali ed egiziani, ma anche originari di altri paesi dell’Africa sub-sahariana e occidentale.
Molti di quelli che si sono imbarcati non sono mai giunti perché la morte li ha colti prima che il loro sogno disperato potesse avverarsi: nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno hanno perso la vita circa 2.900 persone, uomini, donne e bambini.
Senza mai dimenticare tutte le vittime delle migrazioni, chi di noi può cancellare dai nostri occhi l’immagine del piccolo Aylan? Egli rappresenta la vittima innocente di un mondo ingiusto che ha globalizzato interessi economici e politici ma non lo spirito umanitario e il senso del dovere di aiutare chi subisce condizioni di persecuzione, di disperazione, di sofferenza, di miseria, di esclusione dal godimento dei fondamentali diritti umani universalmente riconosciuti. Gente esasperata al punto da decidere di imbarcarsi su qualunque mezzo e a qualunque costo, abbandonando con dolore la propria terra e con la consapevolezza di poter non giungere a destinazione , pur di procurarsi un’altra vita possibile. Chi di noi sarebbe disposto a farlo? Quale dei nostri figli?
“E’ inaccettabile che nel XXI secolo le persone in fuga da conflitti, persecuzioni, miseria e degrado ambientale debbano patire tali terribili esperienze nei loro paesi, per non dire quello che sopportano durante il viaggio, e poi morire alle porte dell’Europa”, ha detto il Direttore Generale dell’OIM William Lacy Swing.
Di fronte all’aumento progressivo di tante crisi umanitarie simultanee e senza precedenti, e del loro pesantissimo bilancio, non si può disattendere l’appello lanciato da Papa Francesco e il suo invito alla solidarietà e all’apertura da parte della società civile e delle comunità tutte. E mentre i più alti rappresentanti politici, nazionali ed europei, discutono su quote, ricollocamenti, su chi deve essere accolto e chi respinto distinguendo tra rifugiati e migranti, la riflessione conduce ad un’unica conclusione e cioè che questo dramma umano può e deve essere affrontato soltanto con umanità. Ma c’è bisogno di un maggior coinvolgimento da parte di tutti: leaders politici, organizzazioni inter-governative, organizzazioni non-governative e le stesse comunità, tutti dovrebbero “ispirare umanità” e impegnarsi concretamente per dare piena attuazione alle Carte dei diritti umani, internazionali ed europee, affinché non rimangano semplici enunciazioni di principio ma realizzino nella fattispecie concreta il pieno rispetto dei diritti umani e della dignità di ogni uomo.
L’attuale crisi di rifugiati e migranti necessita di risposte concrete, coerenti ed efficaci.
Così come suggeriscono le maggiori Organizzazioni Non Governative operanti nel settore dell’assistenza ai richiedenti asilo e rifugiati e come dimostrato dall’esperienza degli ultimi anni, è necessario superare il modello di accoglienza basato sui grandi centri collettivi di per se stessi ghettizzanti, come l’attuale sistema dei CARA, a favore di un sistema che privilegi e valorizzi i progetti territoriali di piccole dimensioni, gli unici in grado di consentire una reale integrazione e di facilitare il confronto culturale e la comprensione reciproca, tutte condizioni essenziali per creare un clima di accoglienza inclusivo e in grado di generare processi virtuosi di inserimento sociale. E non bisogna guardare lontano per trovare dei modelli esemplari. Tra le storie di solidarietà e di accoglienza spicca l’esempio virtuoso di Riace che, sulle orme del primo progetto pilota realizzato a Badolato nel 1997 con i Kurdi, ha dimostrato che è possibile accogliere vivendo gli immigrati come risorsa e non come un problema. E mentre in altre parti d’Italia infuriano le polemiche e gli atteggiamenti razzisti, in questa zona depressa della Calabria i migranti hanno risollevato l’economia locale che ha subito un significativo rilancio proprio grazie ai progetti di accoglienza ed integrazione. Lo spopolamento del vecchio paese conseguente all’abbandono da parte delle nuove generazioni (migranti a loro volta!)aveva provocato la chiusura dei piccoli esercizi commerciali e dei servizi condannando il paese alla morte sociale. Con l’arrivo dei migranti, invece, il paese ha riavuto una vita propria: le case sono state sistemate e rioccupate, le piccole attività commerciali hanno ripreso a funzionare, sono state aperte diverse botteghe per la lavorazione di prodotti artigianali e cooperative che hanno fornito lavoro; il tutto ha messo in movimento una economia locale che ha consentito al paese di rivivere e “vivere in tranquillità e serenità” come afferma il sindaco Domenico Lucano. Uno dei dati più significativi è quello relativo al numero di migranti presenti: 400, provenienti da 25 diversi Paesi, su una popolazione complessiva di 1.800 abitanti. La popolazione è diventata multietnica e i migranti, per lo più richiedenti asilo e rifugiati, sono realmente integrati sul territorio. I Migranti a Riace hanno trovato accoglienza e solidarietà e sui migranti è stato costruito il riscatto sociale di Riace: un processo bidirezionale che ha portato solo benefici in entrambi i sensi.
In tale sistema, i fondi stanziati per garantire assistenza e tutela ai migranti, vanno a favore di tutto il paese che li ospita nonché a quelli limitrofi.
Gli amministratori, gli studiosi e i cittadini che hanno reso possibile la realizzazione dei “paesi-ostello” hanno proprio visto lontano se si considera che oggi c’è chi guarda a questo sistema come soluzione possibile, e umana, alla crisi generata dai flussi migratori. Il sindaco di Barcellona, Ada Colau, ha infatti lanciato la proposta di creare una rete di “città-rifugio” disposte ad accogliere i migranti che fuggono dai loro paesi e dal suo profilo Facebook ha aperto un dibattito invitando all’empatia : “O affrontiamo questo dramma umano partendo dalla capacità di amare che ci rende umani, o finiremo tutti disumanizzati”.
Ebbene, proprio i sindaci delle nostre piccole realtà locali dovrebbero cogliere il messaggio di Papa Francesco e “aprire” i loro paesi all’accoglienza, soprattutto quelli dell’entroterra, quelli in via di spopolamento, per offrire nuove speranze a chi nella vita ha perso quasi tutto e perché no, per una rivalorizzazione degli stessi luoghi e per creare le condizioni per un possibile richiamo di chi ha preferito destinare altrove il proprio futuro.
E considerato che il problema vero per i migranti sorge successivamente all’uscita del progetto di accoglienza, che non è perenne ma circoscritto ad un periodo limitato,bisogna sviluppare delle idee occupazionali che vedano i migranti attori del loro cambiamento; per esempio, si potrebbe ipotizzare di formarli e affidare loro la gestione e la cura dell’imponente patrimonio edilizio abbandonato nei centri interni e dei numerosi ed estesi terreni incolti dell’entroterra che con l’assenza vigile dell’uomo , allo stato attuale in cui si trovano, costituiscono più un pericolo sotto l’aspetto della tenuta e la messa in sicurezza del territorio sotto il profilo idrogeologico, che una ricchezza. Anche questo sistema potrebbe generare un’utilità reciproca su cui varrebbe la pena investire.
È importante sottolineare, inoltre, che il fenomeno dell’immigrazione ha apportato importanti benefici al nostro Paese e all’intera Europa: ha contribuito ad innalzare il tasso di natalità, a rallentare l’invecchiamento della popolazione, a consentire continuità nello svolgimento di quelle mansioni lavorative che gli italiani, e gli europei, non vogliono più svolgere. Le politiche dell’Unione Europea di “Europa 2020” relative a migrazioni e asilo si propongono, almeno in teoria, di guardare all’immigrazione come un’opportunità più che una sfida. Il programma europeo mette in evidenza che se nei prossimi venti anni non arrivassero più immigrati nella UE : 1)l’UE perderebbe 33 milioni di persone in età lavorativa (-11%); 2) il tasso di dipendenza degli anziani (il rapporto tra la popolazione di età pari o superiore a 65 anni e quella in età lavorativa)salirebbe dal 28% al 44%; 3) la fascia di lavoratori giovani (di età compresa fra 20 e 30 anni) fra la popolazione attiva dell’UE diminuirebbe del 25%, mentre quella dei cittadini di età compresa fra 60 e 70 anni aumenterebbe del 29%. Tuttavia, si legge nello stesso, i vantaggi potenziali dell’immigrazione si concretizzano solo se gli immigrati si integrano con successo nel paese di accoglienza.
E l’integrazione non può che partire dall’umanità, è il suo presupposto fondamentale, e per realizzarla bisogna crederci, desiderarla, abbattere i muri e il filo spinato, non innalzarli.
L’Unione Europea sta investendo un bel po’ di soldi per promuovere la “cittadinanza europea” , circa 186 milioni di euro, e chiede agli Stati membri di realizzare progetti che contribuiscano a maturare in noi una identità europea e un senso di appartenenza alla UE. Ebbene, noi chiediamo all’Europa di mettere in pratica la Carta dei Diritti Fondamentali, di garantire il rispetto dei diritti umani e della dignità a tutti, richiamandola all’affetto, all’empatia. Solo allora saremo orgogliosi di essere cittadini europei, perché crediamo nell’integrazione tra i popoli, nel riconoscimento e nella valorizzazione delle differenze, perché siamo tutti diversi ma unici nel nostro essere “umani”.

La Segreteria CGIL