Catturato l’ex pentito Nino Lo Giudice, scomparso 5 mesi fa dalla località protetta
redazione | Il 15, Nov 2013
Si nascondeva in un appartamento di Reggio Calabria. Dopo essersi allontanato dagli arresti domiciliari aveva ritrattato tutte le sue confessioni
Catturato l’ex pentito Nino Lo Giudice, scomparso 5 mesi fa dalla località protetta
Si nascondeva in un appartamento di Reggio Calabria. Dopo essersi allontanato dagli arresti domiciliari aveva ritrattato tutte le sue confessioni
REGGIO CALABRIA – E’ stato scovato e catturato l’ex pentito Nino Lo Giudice: nel giugno scorso si era misteriosamente allontanato dalla località protetta nella quale viveva agli arresti domiciliari, poi aveva ritrattato tutte le sue dichiarazioni attraverso filmati video e memoriali che rischiavano di rimettere in discussione numerosi processi contro la ‘ndrangheta, tra i quali quello legato alle bombe di Reggio Calabria contro il procuratore Di Landro, delle quali Lo Giudice si era accusato.
Il “nano”, come viene chiamato negli ambienti criminali, si era rifugiato proprio in un appartamento nella sua città in riva allo Stretto. A individuarlo sono stati gli uomini della squadra mobile di Reggio Calabria insieme a quelli dello Sco.
La collaborazione con la Giustizia era durata fino alla scorsa estate, quando il 6 giugno Lo Giudice inviò un memoriale a due avvocati reggini, nel quale ritrattava tutte le accuse, e subito dopo sparì dalla località protetta dove scontava gli arresti domiciliari. A fine agosto, Lo Giudice fece recapitare un secondo memoriale, nel quale ribadiva di avere collaborato falsamente con la procura. Ora si cercerà di ricostruire cosa ci sia dietro la misteriosa decisione di Nino Lo Giudice di dileguarsi e ritrattare quanto aveva precedentemente dichiarato. Il suo allontanamento non aveva fermato intanto il processo in corso contro di lui per gli attentati contro la procura reggina: anche in Appello la condanna è stata confermata e il “nano” dovrà scontare nove anni. Attorno a lui continuano comunque a ruotare molti dei misteri della città dello Stretto, dalla cattura del superboss Condello alla guerra ra i clan.
Era con moglie, nessuna reazione
Era insieme alla moglie Nino Lo Giudice, l’ex pentito, già a capo dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, arrestato stamattina dalla polizia a Reggio Calabria. Lo Giudice si nascondeva in un appartamento della periferia cittadina. Quando i poliziotti della Squadra mobile, sotto le direttive di Gennaro Semeraro, hanno fatto irruzione nella casa, sfondando la porta, Lo Giudice non ha accennato alla minima reazione e si è lasciato ammanettare senza opporre resistenza. L’ex pentito, che non era armato, è stato portato in Questura, dove ad attenderlo, avvertito nel frattempo dell’ avvenuta cattura, c’era il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho.
Si autoaccusò delle bombe in procura a Reggio C. e al Pg Di Landro
Da boss della ‘ndrangheta a mandante delle bombe contro la Procura generale di Reggio Calabria alla collaborazione con la giustizia. Infine la fuga ed i memoriali per ritrattare tutte le accuse. E’ questo il percorso fatto da Antonino Lo Giudice, l’ex pentito arrestato stamane dalla polizia di Stato dopo che il 3 giugno scorso si era allontanato dalla località protetta. Era il 7 ottobre del 2010 quando venne arrestato dagli agenti della Squadra mobile di Reggio Calabria. Il 15 ottobre, mentre era detenuto nel carcere di Rebibbia, decise di saltare il fosso e diventare ‘pentito’. Inizio’ cosi’ a fare le prime rivelazioni all’allora procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone. Tra le prime rivelazioni fatte ci furono proprio quelle relative agli attentati ai magistrati reggini. Lo Giudice si e’ autoaccusato delle bombe fatte esplodere nel 2010 alla Procura generale ed al Pg Di Landro chiamando in causa anche il fratello Luciano, Antonio Cortese, ritenuto l’armiere della cosca, e Vincenzo Puntorieri. Dopo essersi allontanato dalla località protetta dove si trovava agli arresti domiciliari, Lo Giudice ha inviato alcuni memoriali e video con il quali ha ritrattato tutte le accuse fatte durante la sua collaborazione. Nei memoriali ha affermato anche di aver deciso di collaborare con la giustizia dopo aver ricevuto pressioni da parte di alcuni magistrati. L’allontanamento di Lo Giudice e le sue dichiarazioni nei memoriali hanno portato a nuove inchieste aperte da diverse Procure della Repubblica.
Di Landro: Spero si riesca fargli dire verità
“Sono contentissimo e spero che si riesca a fargli dire la verità, rimuovendo le ridicole giustificazioni rese in passato in ordine agli attentati alla mia persona”. Lo ha detto il Procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro, in relazione all’arresto dell’ex pentito Nino Lo Giudice. “Sarebbe opportuno soprattutto chiedergli – ha aggiunto – come mai, se egli era l’autore dei due attentati contro di me e quindi portatore di una forte volontà malevola di colpirmi, nelle migliaia di intercettazioni riguardanti lui, suo fratello Luciano e altri del suo entourage, pur imprecando contro vari soggetti, mai, dico mai, Lo Giudice ha fatto riferimento a me o alla mia condotta”.”Io per i Lo Giudice – è la conclusione del pg Di Landro – è come se non fossi mai esistito. E allora come si giustifica tanto accanimento così pervicace ed aggressivo nei miei confronti?”. «Sono contentissimo e spero che si riesca a fargli dire la verità, rimuovendo le ridicole giustificazioni rese in passato in ordine agli attentati alla mia persona», ha detto il Procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro, obiettivo degli attentati dei quali si era accusato Lo Giudice. «Sarebbe opportuno soprattutto chiedergli – ha aggiunto – come mai, se egli era l’autore dei due attentati contro di me e quindi portatore di una forte volontà malevola di colpirmi, nelle migliaia di intercettazioni riguardanti lui, suo fratello Luciano e altri del suo entourage, pur imprecando contro vari soggetti, mai, dico mai, Lo Giudice ha fatto riferimento a me o alla mia condotta. Io per i Lo Giudice è come se non fossi mai esistito. E allora come si giustifica tanto accanimento così pervicace ed aggressivo nei miei confronti?».
Cafiero: Stato non è inquinato
”E’ l’ennesima operazione, forse la più significativa, che viene fatta nella città di Reggio Calabria perché dimostra che lo Stato è presente e non è inquinato, come è stato detto quando Lo Giudice si è allontanato”. Così il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, commenta, in una dichiarazione, l’arresto da parte della polizia dell’ex pentito di ‘ndrangheta Nino Lo Giudice.
”Ancora una volta – aggiunge Cafiero – la professionalità della Polizia di Stato e dei magistrati della Dda hanno consentito di cancellare le illazioni che in questi mesi sono state ripetutamente diffuse. Lo Giudice verrà interrogato e verrà chiarito ogni aspetto del suo comportamento”.
Dda: Nessuna spiegazione su fuga
”Finora possiamo solo tenere conto di quello che Antonino Lo Giudice ha già detto, e cioè che si è allontanato dal luogo in cui era sotto protezione dopo l’avvio della sua collaborazione con la giustizia perché aveva paura per la sua incolumità fisica”. Così il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, ha risposto alle domande dei giornalisti sui motivi della fuga dell’ex collaboratore di giustizia arrestato dalla polizia. ”Lo Giudice – ha aggiunto il Procuratore – sui fatti o sulle cause della sua scomparsa non ha ancora prodotto alcun verbale, né abbiamo conoscenza sicura circa i motivi di questa decisione. Da oggi, dopo tutte le formalità procedurali, rientrerà in un circuito carcerario protetto ma non di quelli riservati ai collaboratori di giustizia, anche se sarà assicurata comunque la sua incolumità’. Cafiero de Raho, facendo riferimento ai contenuti di alcuni servizi televisivi sull’arresto dell’ex pentito, ha voluto precisare che ”Antonino Lo Giudice non è un mitomane, né io ho mai fatto affermazioni in tal senso. Quello che posso dire è che i memoriali prodotti da Lo Giudice dopo il suo allontanamento, per quel che riguarda la verifica fatta dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria nelle parti di propria competenza, sono risultati totalmente infondati. Da parte mia, in ogni caso, non ho mai espresso giudizi negativi sull’attendibilità del collaboratore”. All’incontro con i giornalisti hanno preso parte anche il procuratore aggiunto, Ottavio Sferlazza; il questore di Reggio Calabria, Guido Longo; il direttore dello Sco, Raffaele Grassi, ed il capo della Squadra mobile, Gennaro Semeraro. ”Il personale della Squadra mobile di Reggio Calabria e dello Sco – ha detto il questore Longo facendo riferimento alle modalità dell’arresto dell’ex pentito – avevano compreso già da qualche tempo che Antonino Lo Giudice era rientrato a Reggio Calabria. Un’intuizione che, grazie ad un intenso lavoro di osservazione, si è rivelata veritiera. Così, alle prime luci di oggi, è stata fatta irruzione in un appartamento ubicato nel quartiere Vito di Reggio Calabria, nei pressi dell’area universitaria, dove abbiamo sorpreso Antonino Lo Giudice con la moglie e con i figli. Non ha fatto alcuna resistenza e lo abbiamo accompagnato subito in Questura per ulteriori accertamenti”.