Catanzaro, importante scoperta nella ricerca sull’Alzheimer Il lavoro è stato portato brillantemente a termine dalla professoressa lametina Amalia Bruni e dal suo staff
Catanzaro, 20 giugno- Il Centro Regionale di Neurogenetica, presente
all’interno del Presidio Ospedaliero “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme,
da anni impegnato nello studio sulle patologie neurodegenerative, in modo particolare
la malattia d’ Alzheimer, ha ottenuto un altro significativo risultato scientifico
tanto da meritare la pubblicazione su “Neurology” rivista internazionale molto
prestigiosa. Il lavoro è stato inoltre censito e commentato nel prestigioso sito
www.alzforum.org.
Come ormai ben noto, l’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa in cui è presente
nei cervelli l’accumulo patologico di alcune proteine tra cui una chiamata beta
amiloide che danneggia le cellule nervose. Questa sostanza è, nella persona sana,
normalmente prodotta e non causa malattia.
Il lavoro portato brillantemente a termine dalla professoressa lametina Amalia Bruni
e dal suo staff ha permesso per la prima volta, all’interno di una grandissima
famiglia studiata, l’identificazione di ammalati che hanno ereditato contemporaneamente
due alterazioni genetiche dell’amiloide (una dal padre e l’altra dalla madre).
In questo caso è stato possibile ricostruire la famiglia su 6 generazioni arrivando,
a ritroso nel tempo, al 1809 con una metodologia ormai perfezionata e consolidata
nel Centro Regionale di Neurogenetica e grazie ai “preziosi” dati raccolti nei
registri comunali e parrocchiali. E’ stato così possibile identificare i matrimoni
consanguinei alla base di questo dato insolito (e appunto mai descritto nella letteratura
scientifica) che ha consentito a malati attualmente viventi di ereditare l’alterazione
genetica da entrambi i genitori. Poiché nella grande famiglia studiata si ritrovano
anche ammalati che hanno una sola alterazione ereditata da uno dei genitori, è stato
possibile un confronto importantissimo. Il lavoro è stato sviluppato anche con la
consolidata collaborazione con il dipartimento di neuroscienze dell’Istituto Superiore
di Sanità.
Qual è l’importanza di questa scoperta? Questo lavoro aumenta le conoscenze sui
meccanismi della malattia di Alzheimer. In questo periodo lo sguardo di tutto il
mondo scientifico è rivolto verso queste grandi (e rare – rarissime) famiglie
che sono considerate un modello straordinario di studio poiché forniscono la possibilità
di osservare nel tempo i portatori del tratto alterato, ancora sani ma destinati
a sviluppare la malattia. Lo studio di questi soggetti sta consentendo non solo di
comprendere come la malattia “arriva e si organizza” nei cervelli ma sta anche
permettendo trattamenti farmacologici “precoci e preventivi” che, oggi in fase
assolutamente sperimentale, potrebbero invece, domani, riguardare migliaia di pazienti
e dare speranze concrete per queste malattie devastanti.