Calabria, ex prefetto Bagnato ammette d’aver fatto parte della massoneria I 5 Stelle lo incalzano, "non ci basta, ora fornisca i dettagli"
«A distanza di settimane dalla nostra interrogazione parlamentare sull’eventuale rapporto tra la massoneria e il prefetto a riposo Domenico Bagnato, chiamato a gestire l’Asp di Catanzaro sciolta per infiltrazioni e poi dimessosi dall’incarico, lo stesso interessato ha chiarito in una recente intervista di esserne stato un iscritto 30 anni fa, il che non ci basta». Lo affermano, in una nota, i deputati M5S Paolo Parentela, Giuseppe d’Ippolito e Francesco Sapia, che al ministro dell’Interno avevano chiesto di verificare se lo stesso Bagnato «sia iscritto a logge massoniche o ne abbia fatto parte», osservando che «sarebbe gravissimo se ci fosse un massone alla guida di un’azienda sanitaria commissariata per ‘ndrangheta e con risaputi problemi di legalità e notorie incrostazioni di potere». «Nello specifico – aggiungono i quattro parlamentari – è più che legittimo chiedere a Bagnato perché nel merito abbia parlato dopo così tanto tempo e perché, atteso che attendiamo notizie circostanziate dal ministro dell’Interno, abbia definito la propria esperienza in massoneria come uno dei tanti percorsi della sua carriera, se contestualmente ha raccontato di essere diventato il più giovane questore d’Italia per meriti professionali». «Crediamo – sottolineano i parlamentari 5 Stelle – che l’ex prefetto debba fornire in proprio ulteriori e più precise spiegazioni sulla sua passata appartenenza massonica, a quanto pare per un periodo parallela alla sua carriera nel ministero dell’Interno. Non vogliamo farne un caso personale, ma siamo convinti che l’iscrizione a logge massoniche non debba essere consentita per legge ad alcun consulente, dipendente e dirigente pubblico, e in questo senso ci impegneremo a modificare le norme vigenti, salvo che le singole amministrazioni non riportino il dato specifico, non trascurabile, nella sezione web relativa alla trasparenza». «Soprattutto oggi, non c’è alcuna ragione – concludono i 5 Stelle – per nascondere al controllo pubblico diffuso, grazie alle leggi in vigore, l’appartenenza alla massoneria di chi a qualunque titolo lavora nella pubblica amministrazione. Ricordiamo che, ancora una volta, siamo stati l’unica forza politica ad intervenire su una vicenda tanto delicata».