Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), MARTEDì 30 APRILE 2024

Torna su

Torna su

 
 

Biennale economia cooperativa, le sfide dell’integrazione Istituzioni, cooperazione e mondo culturale e accademico si confrontano sul tema dei diritti, della cittadinanza e della legalità

Biennale economia cooperativa, le sfide dell’integrazione Istituzioni, cooperazione e mondo culturale e accademico si confrontano sul tema dei diritti, della cittadinanza e della legalità
Testo-
Testo+
Commenta
Stampa

REGGIO CALABRIA – Come affrontare il tema immigrazione trovando l’equilibrio tra etica, diritti, cittadinanza ed economia”. E’ stato questo il filo conduttore che ha caratterizzato la terza tavola rotonda organizzata da Legacoop nell’ambito della “Biennale dell’economia cooperativa” in corso a Reggio Calabria. A confrontarsi, moderata dai giornalisti Pina Sodano e Marco Omizzolo e arricchita anche dal contributo degli studenti, la cooperazione delle regioni meridionali. Ad aprire i lavori Giovanni Manoccio, delegato del presidente della Regione Mario Oliverio e tra i “pionieri” delle politiche di accoglienza negli anni scorsi da sindaco di Acquaformosa: “Come Regione – ha affermato Manoccio – abbiamo un’interlocuzione costante con la Commissione europea, confrontandoci su un progetto che si basa su tre filoni: accoglienza, scolarizzazione, integrazione. Come Regione abbiamo scelto di dare una mano all’Europa aiutandola a uscire dall’indecisionismo e ad evitare che passi il messaggio del respingimento degli immigrati. Siamo terra dell’accoglienza ma non manca qualche esperienza negativa come la tendopoli nella Piana di Gioia Tauro: stiamo lavorando per far spostare il campo e dare dignità a questi immigrati. Ma come Regione portiamo avanti senza tentennamenti la strada e il valore dell’accoglienza perché ci crediamo”.

Stefano Fumarulo, dirigente della Regione Puglia, ha ricordato che nella sua terra “si sta cercando di conciliare l’aspetto abitativo con quello lavorativo per gli immigrati”, ma ha denunciato anche il “gattopardismo” di un certo associazionismo che specula sull’immigrazione e ha chiesto alle istituzioni e a tutte le regioni meridionali “uno sforzo ancora più forte per combattere il caporalato”. Pietro Simonetti, responsabile immigrazione della Regione Basilicata, si è rammaricato del fatto che ancora “non si riesce a fare rete malgrado l’esistenza di protocolli d’intesa”, auspicando un dialogo più fitto – “possibile grazie a giornate come queste” – e invitando anch’egli a un più capillare impegno contro il caporalato pur sapendo che “è una battaglia più complicata di altre perché si deve trovare il modo di accompagnare l’immigrato verso uno sbocco lavorativo nella legalità”.

Sempre dalla Basilicata la testimonianza di un cooperatore, Umberto Sessa, referente Legacoop lucana sul tema immigrazione: “Nella mia terra spesso c’è ospitalità ma non accoglienza, con l’emergenza che conseguentemente aumenta, bisogna cambiare passo”. Il docente dell’Università di Reggio Calabria Mimmo Marino è partito da una considerazione di carattere economico smentendo l’assunto per cui l’immigrazione è un problema: “Invece – ha detto Marino – è una risorsa, a esempio nella crescita del Pil negli Usa è fondamentale il contributo dell’immigrazione legale. Lo stesso vale in Italia dove, senza la quota di contribuzione degli immigrati, l’Inps entrerebbe velocemente in crisi. E poi non è vero che l’immigrato toglie posti di lavoro agli italiani, perché ci sono alcuni settori nei quali un italiano non può lavorare. E infine, poiché i flussi non si possono fermare, quello che bisogna fare è insistere nella legalizzazione del fenomeno, cambiando in meglio la negativa legge Bossi-Fini e magari eliminando il reato di clandestinità che produce solo sommerso”.

Anche Nino Zumbo, della Società di Mutuo Soccorso “Cesare Pozzo”, ha evidenziato i limiti della Bossi-Fini perché “in una società multi-etcnica l’immigrato oggi non può essere più visto come problema ma come cittadino nella pienezza dei suoi diritti, e bisogna cambiare anche la legge sulla cittadinanza”, stigmatizzando poi le difficoltà e le contraddizioni dell’Europa: “La nostra economia – ha sostenuto poi Zumbo – non può più fare a meno dell’immigrato: penso comunque che la Regione Calabria sia all’avanguardia, grazie alla prima legge regionale fatta in materia con particolare attenzione all’accoglienza, e poi ci sono tante buone prassi come Riace e Acquaformosa perché qui gli immigrati sono visti e trattati alla stessa stregua di un cittadino”.

Angela Maria Peruca, di Legacoop Sociali Sicilia, ha contestato “alcune scelte della sua Regione contro la ghettizzazione di minori stranieri non accompagnati, segno di una cultura di integrazione che ancora non esiste”, osservando che “dopo 10 anni di flussi in Sicilia, con realtà come Lampedusa e Pozzallo, non è possibile non avere ancora una vera politica di integrazione”. Ha portato il suo contributo anche Pino De Lucia Lumeno, referente regionale immigrazione Legacoop: “Sono preoccupato per molte cose, perché anche in mezzo a noi c’è qualche fattore inquinante, e mi riferiscono a vicende come Mafia Capitale e perché non vanno altre cose, come gli accordi bilaterali che facciamo con dittatori. Bisogna tenere sempre la barra dritta sulla legalità”. La tavola rotonda è stata conclusa dalla presidente di Legacoop Calabria Angela Robbe, che ha tirato le somme del dibattito rimarcando come “le cooperative si propongono sempre più per quelle che sono, imprese che guardano ai cambiamenti, li sanno interpretare e sanno organizzare risposte coerenti a questi cambiamenti. Siamo coesi e siamo pronti a dare risposte insieme, pensando – ha concluso la Robbe – che la cooperazione è uno dei soggetti maturi per costruire proposte e risposte utili per l’intero Paese. Alle istituzioni offriamo il nostro contributo augurandoci di trovare dalle istituzioni la giusta interlocuzione e di diventare quel pezzo dell’Italia che riparte”.

MARCO MINNITI

“La Calabria ha bisogno della
cooperazione, di Legacoop, della sua forza, della sua capacità ad
affrontare i problemi, di essere terra di buone pratiche che ora dobbiamo
incentivare”. E’ il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei
ministri, Marco Minniti, a chiudere la due giorni organizzata nell’ambito
degli anniversari per i 130 anni di Legacoop ed i 40 anni di Legacoop
Calabria, al termine della tavola rotonda sull’Immigrazione dedicata alla
ricerca dell’equilibrio tra etica, diritti, cittadinanza ed economia.

“Legacoop ha tanti anni ma non li dimostra, anzi ha grande capacità di
cambiamento e rinnovamento – ha esordito Minniti -. Ho ricevuto il vostro
foto-libro, scorrerlo è stato un tuffo nei ricordi vedendo tanti compagni
con cui abbiamo percorso un pezzo straordinario della nostra vita. Ma non
sono venuto qui volentieri solo per un tuffo di nostalgia ma perché siamo
davanti a una fase decisiva per la vita del Paese e del Mezzogiorno, ed è
stato saggio riunione qui il Mezzogiorno, perché il Mezzogiorno deve pesare
di più sulle politiche nazionali. Abbiamo sempre più bisogno di un punto di
vista del Mezzogiorno. Abbiamo davanti un’ipotesi di crescita economica
molto travagliata e complessa e un mondo così interconnesso perché basta un
evento a rivoluzionare tutto: tuttavia, dentro questo quadro, abbiamo il
dato che ci dice che Italia ha ripreso a crescere, anche se magari non come
vorremmo, e anche il mezzogiorno ha ripreso a crescere. Parlo anche della
Calabria, che sembrava più fragile ma con un Pil che sta tornando a
crescere. L’elemento importante su cui riflettere è che in passato una
parte del paese cresceva e un’altra no, oggi l’Italia va avanti unita. Ci
sono Patti per le regioni del Mezzogiorno con importanti masse finanziarie,
ora devono diventare operativi: in Calabria dobbiamo dimostrare di saper
spendere risorse pubbliche senza ingrossare la criminalità organizzata. E’
questa la sfida da vincere a tutti i costi – dice ancora il sottosegretario
Minniti – anche per spazzare via definitivamente il pregiudizio per cui
quando arrivano risorse pubbliche in Calabria finiscono nelle mani della
criminalità organizzata”. E’ una sfida da “far tremare i polsi” insomma
ed
“è difficilissimo”. In questo ambito il ruolo di Legacoop e quello della
cooperazione è cruciale, perché “è struttura che tiene conto della forza ma
anche dei vincoli dell’impresa, ma ha una componente sociale e di
comprensione delle dinamiche sociali che non ha un’impresa norma. Vorrei
una Legacoop con una prima linea di giovanissimi, una Legacoop – dice
ancora Minniti – pronta all’innovazione ma con il cuore antico, cioè il
senso del rispetto delle regole e di una missione, quella di tenere insieme
due termini spesso contradditori in Calabria, sviluppo e legalità. Su
questo il lavoro della cooperazione può essere importante, come ovviamente
quello dello Stato: io spingo molto le prefetture a occuparsi con maggiore
impegno a iniziative di sostegno per l’uso delle risorse nella massima
legalità e in favore solo ed esclusivamente dei cittadini. Tra una società
civile che vuole cambiare Calabria, Mezzogiorno e Stato, dobbiamo costruire
una grande alleanza che abbia come obiettivo di far vivere meglio i nostri
figli. Ci sono tutte le condizioni per farlo: oggi parliamo a Legacoop e
alla cooperazione che ha tutte queste caratteristiche”. Secondo il
sottosegretario alla Presidenza un altro aspetto fondamentale è ricordare
che la Calabria è nel cuore del Mediterraneo. “A nome del Governo ringrazio
la cooperazione calabrese, la Regione e i Comuni, sul tema
dell’immigrazione e dell’accoglienza si sta dando il meglio: il Mezzogiorno
può fare dell’immigrazione un importante acceleratore anche economico e sul
piano dello sviluppo, non solo elemento di solidarietà. Considero
fondamentali i patti bilaterali con i paesi dell’altra sponda del
Mediterraneo – rimarca Minniti -, non ci sono dittatori, ma il vero tema è
capire come i Patti bilaterali possano aiutare quei paesi a costruire le
condizioni per evitare la fuga dei propri cittadini, perché questo è anche
un deterrente al terrorismo. Il problema è che dobbiamo convincerli a
essere uniti nel contrato al traffico di esseri umani, che alla fine può
avere una connessione con il terrorismo. E per me trafficanti di uomini e
terroristi sono disumani alla pari, perché chi traffica in esseri umani sa
perfettamente che questi possono morire. Sono dell’idea che dobbiamo tenere
molto alta la vigilanza perché business e corruzione possono annidarsi
anche in questo campo, come si è visto”.

Per affrontare seriamente il tema dell’immigrazione bisogna tenere insieme
due principi, perché bisogna avere presente che l’accoglienza dev’essere
coniugata con la sicurezza, e questo è compito dello Stato: “Se insisto
sull’accoglienza ma rendo cittadino insicuro, creo un corto circuito –
spiega Minniti -. Lo dico a Reggio Calabria come a Milano perché dovunque
dobbiamo avere un comportamento comune. Su questi temi è necessaria una
riflessione più organica: probabilmente abbiamo strumenti legislativi
obsoleti e ci si approccia al fenomeno ancora con la logica dell’emotività
e con la logica dell’emergenza. Sullo sfondo c’è il tema di quale modello
di integrazione vogliamo realizzare: è un tema cruciale. Il 50 per cento
dei minori che arrivano in Italia sono minori non accompagnati, significa
che ci sono genitori talmente disperati che, pur di dare prospettiva ai
loro figli, li mettono su una carretta senza accompagnarli. Questo tema dei
minori non accompagnati è un investimento decisivo per garantire la tenuta
del Paese, perché gli investimenti che oggi facciamo su di loro tra dieci
anni varranno cento volte di più in termini di coesione sociale, perché
così si evita il radicalizzarsi e l’espansione del terrorismo. Il punto –
conclude Minniti – è pensare che essere meridionali o calabresi non è una
sventura o un fatto negativo: questo pezzo di Europa oggi è il crocevia del
mondo e lo sarà sempre di più, dobbiamo averne consapevolezza”.