Presentato il Calendario storico dell’Arma 2013
redazione | Il 07, Dic 2012
Il tema per l’anno venturo è “Il terzo cinquantennio di storia dell’Arma dei Carabinieri: 1914-1964”. Oltre un milione e 200 mila copie
Presentato il Calendario storico dell’Arma 2013
Il tema per l’anno venturo è “Il terzo cinquantennio di storia dell’Arma dei Carabinieri: 1914-1964”. Oltre un milione e 200 mila copie
Arriva anche quest’anno, come sempre oramai da lungo tempo, il calendario storico dell’Arma dei Carabinieri: un oggetto ‘cult’ che ha raggiunto la stratosferica tiratura di un milione e 200 mila copie (di cui 8.000 in inglese, francese, spagnolo e tedesco).
La presentazione oggi a Roma: “E’ un calendario di cui siamo orgogliosi, perché richiama a tutti noi quei valori che nell’aridità dei tempi sembrano smarriti e che il carabiniere invece coltiva”, ha detto il comandante generale dell’Arma Leonardo Gallitelli.
Calendario Storico dell’Arma 2013
Il filo conduttore che lega il Calendario 2013, illustrato dalle tavole ideate e
realizzate dal Maestro Paolo Di Paolo, è costituito dal tema “Il terzo cinquantennio
di storia dell’ Arma dei Carabinieri: 1914-1964″.
Dall’annuncio dell’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria, il 24 maggio
1915, con la partenza per la prima volta della Bandiera dell’ Arma dei Carabinieri al
fronte, alla strage di Ciaculli (Palermo) del giugno 1963, che rappresenta una delle
nuove forme di delittuosità mai utilizzate prima di allora dalla criminalità e che
impegnarono i Carabinieri a tal punto da far titolare un diffuso settimanale
dell’epoca: “1 Carabinieri son sempre in guerra per farci vivere in pace”.
La copertina riporta in primo piano, in rilievo, un particolare del
“Monumento Nazionale al Carabiniere”, eretto nel giardino del Palazzo Reale di
Torino, a ricordo della gloria dei Carabinieri attraverso i tempi. Sullo sfondo, una
foto della sua inaugurazione, avvenuta il 22 ottobre del 1933 alla presenza del Re
Vittorio Emanuele III, di numerose autorità e personalità civili e militari, nonchè di
una folta folla composta da cittadini provenienti da ogni parte d’Italia.
Nella prefazione, il Comandante Generale dell’ Arma Leonardo Gallitelli
presenta il tema centrale che ispira l’opera, sottolineando come “i grandi
sconvolgimenti e mutamenti” del periodo in riferimento non abbiano fatto venir
meno “l’impegno dei Carabinieri, i quali …… rimangono vicini al loro popolo,
difendendone la libertà e garantendo, in situazioni di pace o di conflitto, la
sicurezza e la legalità”. “Le pagine del Calendario” – conclude il Generale Gallitelli
– permettono di “entrare in contatto con i grandi avvenimenti della Storia e con i
tanti uomini che, con le loro azioni, le loro scelte e il loro eroismo, ci hanno
lasciato un inestimabile patrimonio di valori cui tutti i Carabinieri, con legittima
fierezza, attingono quotidianamente per proporsi quali fedeli e silenziosi servitori
dello Stato”.
Le tavole che aprono il Calendario sono dedicate alla difficile vita di trincea
della Prima Guerra Mondiale e all’assalto del Monte Podgora, dove i Carabinieri
hanno combattuto all’arma bianca per la conquista di “quota 240”. Numerosi gli atti
di valore di quei giorni, attestati anche dal Comandante della Brigata “Pistoia” che
annotò nel suo Diario di Guerra: “1 Carabinieri stettero saldi e impavidi sotto la
tempesta di piombo e diferro che imperversava da ogni parte”.
Sono gli anni in cui si è affermato l’impiego dell’aviazione come importante
strumento bellico cui si sono cimentati volontariamente militari provenienti da tutti
i Corpi armati. Sono 173 i Carabinieri che hanno combattuto la Grande Guerra nei
cieli italiani e tra questi si distinse il Ten. Ernesto Cabruna, decorato per le sue
gesta di Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Nel 1916 il Governo Italiano si preoccupò di risolvere il problema degli
“irredenti” – soldati “friulani, triestini, istriani e dalmati”, fatti combattere dagli
austriaci contro gli italiani e sul fronte russo, che, caduti prigionieri dell’armata
“zarista”, furono deportati in siberia – costituendo una speciale commissione con il
compito di ricercare i prigionieri su tutto il territorio russo . Della missione hanno
fatto parte tre Ufficiali dell’Arma, il Maggiore Giovanni Squillero, il Capitano
Cosma Manera e il Capitano Nemore Moda. Verranno riportati a “casa” circa 4000
irredenti, e per lo straordinario impegno profuso da Cosma Manera, nel frattempo
promosso maggiore, l’operazione venne identificata nella figura dell’Ufficiale con
l’appellativo di “missione Manera”.
Si susseguono poi immagini relative al tormentato periodo del dopoguerra,
allorquando, malgrado la vittoria dell’Italia, tra la popolazione si diffuse un senso di
amarezza e insofferenza, sfociato in disordini cui fece fronte l’Arma trovandosi a
rappresentare l’autorità dello Stato nella gestione dell’ordine sociale. Molti
Carabinieri si distinsero nel tumultuoso periodo: su tutti la medaglia d’Oro al Valor
Militare Brigadiere Giuseppe Ugolini che proditoriamente, fatto segno di mortali
colpi d’arma da fuoco mentre, solo, si dirigeva a prendere servizio presso la sua
nuova sede in Milano, reagì col proprio moschetto uccidendo due aggressori e
ferendone altri prima di cadere. Per fronteggiare il particolare periodo di tensioni
sociali, nell’ottobre del 1919, vennero istituiti i “Battaglioni Mobili Autonomi
Carabinieri”, impiegati in supporto alle Legioni Territoriali nella difesa del Paese e
nell’ordine pubblico.
Gli anni tra le due Guerre si caratterizzano anche per la prima intensa lotta
alla mafia in Sicilia. Straordinario fu l’impegno dell’Arma che impiegò 800
Carabinieri al comando del Maggiore Giuseppe Artale al fianco del Prefetto Cesare
Mori, inviato dal Governo con pieni poteri. La riproduzione della prima pagina del
“Processo verbale” che portò alla denuncia per “associazione per delinquere” di 121
individui è uno dei brillanti risultati ottenuti dall’Arma nei quattro anni di duro
lavoro svolto con il Prefetto “di ferro”.
Nelle tavole successive viene rappresentato l’affetto popolare verso l’Arma
dei Carabinieri per la sua opera di intervento premuroso e solerte a favore della
cittadinanza, testimoniato dai disegni a colori delle copertine dei vari giornali.
Achille Beltrame, famoso illustratore del più diffuso settimanale dell’epoca “la
Domenica del Corriere”, affermò: “Una tavola a colori di prima pagina acquista
maggiore credibilità se vi è la presenza di un militare dell’Arma”.
Di questo periodo sono le celebri immagini della prima esibizione
dell’esaltante “Carosello Storico” degli Squadroni a Cavallo dei Carabinieri,
avvenuto il 19 luglio 1933 nella splendida cornice di Piazza di Siena in Roma, del
salvataggio di un alpinista caduto in un crepaccio nell’autunno dello stesso anno,
della prima entusiasmante tournèe della Banda dell’Arma nel 1934 a Parigi,
dell’intervento di un Carabiniere lungo una linea ferroviaria per scongiurare un
disastro o l’assistenza alle popolazioni durante una calamità naturale.
Viene quindi ripreso il tema della Copertina, con due tavole. La realizzazione
del monumento al Carabiniere rappresenta la vicinanza delle comunità ai loro
Carabinieri, espressa tramite donazioni spontanee da tutti i Comuni d’Italia, le cui
delibere sono conservate in 93 volumi presso il Museo Storico dell’Arma.
Altra sentita manifestazione di vicinanza, illustrata nelle due successive
tavole, è rappresentata dalla consegna della Bandiera alle Caserme dei Carabinieri,
usanza nata da un’iniziativa del Sindaco di Castelnuovo di Magra (La Spezia) al
quale apparve inconcepibile che la locale Stazione Carabinieri non esponesse il
Tricolore in occasione delle vittorie italiane contro l’Austria, essendo venuto a
conoscenza che non tutti i presidi ne fossero provvisti. Dopo l’assenso alla
donazione da parte del Ministro della Guerra, l’iniziativa si diffuse in tutto il
territorio nazionale.
Il 10 giugno 1940 l’Italia entra nel secondo conflitto mondiale. L’Arma
combatte su tutti i fronti, dal Baltico ai Balcani, dalla Francia alla Grecia e
all’Albania, in Africa settentrionale e in Africa Orientale, impiegando 53.000
uomini. Anche in Russia, campagna particolarmente impegnativa, fu dispiegata
l’Arma, alla quale fu assegnato un settore operativo nella zona di Rostov, lungo il
bacino del fiume Don. Tra i tanti eroismi, straordinario fu quello del Carabiniere
Plado Mosca, durante la ritirata della Divisione Torino nella piana del Don. Con i
Reparti accerchiati da forze corazzate russe, senza alcuna via di fuga, il Carabiniere
Mosca si lanciò a cavallo contro il nemico, in un gesto disperato, impugnando il
Tricolore e trascinando nella carica centinaia di suoi commilitoni. La travolgente
azione spezzò l’accerchiamento consentendo all’intera Unità di porsi in salvo. Al
Carabiniere Mosca, falciato da una raffica di mitragliatrice, venne concessa la
Medaglia d’Oro al Valor Militare “alla Memoria”.
Sul fronte orientale africano, a Culqualber, in Etiopia, avvenne l’eroica
resistenza del Battaglione Carabinieri mobilitato in difesa di quelle alture. Al
comando del Magg. Alfredo Serranti, Medaglia d’Oro al Valor Militare “alla
Memoria”, il Battaglione resse, dalla primavera all’autunno 1941, l’assedio inglese,
fino a che, privo di munizioni, continuò a difendersi con assalti all’arma bianca.
Quasi tutti i Carabinieri caddero nella strenua resistenza. Per l’episodio la Bandiera
dell’Arma è stata insignita di Medaglia d’Oro al Valor Militare.
L’Africa settentrionale fu il luogo in cui avvenne il battesimo del fuoco
dell’allora Battaglione Carabinieri Paracadutisti “Tuscania”. Il Battaglione – al
comando del Magg. Edoardo Alessi – dislocato al bivio di Eluet el Asel durante il
ripiegamento del dicembre 1941, si rese protagonista di una tenace resistenza
all’avanzata inglese, che gli valse una Medaglia d’Argento al Valor Militare e
l’ammirazione degli stessi avversari che affermarono, tramite la voce di Radio
Londra che i Carabinieri “si erano battuti come leoni e che fino ad allora, in Africa,
non avevano mai incontrato così accanita resistenza”.
L’8 settembre 1943 iniziò il drammatico periodo dell’occupazione nazista.
L’Arma, rimasta a presidio dei propri Comandi, si caratterizzò di fatto come unico
riferimento per le popolazioni in balia della ferocia degli occupanti. Di questo
periodo molti sono gli episodi di eroismo da parte di militari dell’Arma sintetizzati
nelle successive tavole. Il 19 luglio 1943, il Comandante Generale dell’Arma dei
Carabinieri Generale Azolino Hazon ed il Capo di Stato Maggiore Colonnello
Ulderico Burengo rimasero uccisi nel corso di un bombardamento Alleato mentre si
adoperavano per dare manforte alla popolazione della Capitale. Il 23 settembre 1943
a Palidoro (Roma), il Vice Brigadiere Salvo d’Acquisto, Comandante della Stazione
di Torre in Pietra, fece olocausto della sua giovane vita autodenunciandosi quale
autore di un attentato costato la vita ad un militare tedesco, salvando da fucilazione
22 civili innocenti. Analogamente, il 12 agosto 1944, a Fiesole (FI), tre giovani
Carabinieri, Alberto La Rocca, Vittorio Marandola e Fulvio Sbarretti, sacrificarono
la loro vita per salvare dieci ostaggi della comunità di Fiesole. Il 24 marzo 1944 a
Roma, 335 italiani, tra cui 12 Carabinieri di ogni grado, furono giustiziati
all’interno delle Fosse Ardeatine in segno di rappresaglia per l’attentato di via
Rasella avvenuto il giorno precedente.
L’Arma partecipò, inoltre, alla lotta per la Resistenza con il “Fronte
Clandestino di Resistenza dei Carabinieri”, che poteva contare su circa 6000 unità.
Dopo lo sfondamento della “Linea Gotica” da parte degli Alleati, i
Carabinieri combatterono ovunque nelle formazioni della Resistenza, spesso
organizzandole in reparti militarmente strutturati, ed entrando alla testa delle loro
formazioni nelle città liberate. Nella guerra di liberazione le perdite dell’Arma sono
state di 2735 caduti e 6521 feriti. La Bandiera venne decorata, per le operazioni
svolte, con la Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Il 2 giugno del 1946 gli italiani scelsero la Repubblica ed il 28 giugno il
Senatore Enrico De Nicola nominato Presidente Provvisorio dello Stato, venne
scortato al Palazzo del Quirinale dal “3° Squadrone Carabinieri a Cavallo,
denominazione assunta dal Reparto “Carabinieri Guardie del Re”, ossia i Corazzieri.
Nel 1948 i Corazzieri vennero ufficialmente denominati “Carabinieri Guardie del
Presidente della Repubblica”.
L’Arma, nel secondo dopoguerra, fu nuovamente impegnata a garantire
sicurezza alle comunità, affrontando molteplici problematiche, vecchie e soprattutto
nuove. Mentre nel Nord del Paese si manifestò con insolita efferatezza la criminalità
urbana, in Sicilia prese forma un inquietante sentimento di pseudo-indipendentismo,
in nome del quale operavano agguerrite formazioni banditesche. In Alto Adige,
ancora, trovava facile terreno il terrorismo a sfondo etnico, mentre in Sardegna
imperversavano pericolose bande criminali, soprattutto nelle provincie di Nuoro e di
Sassari.
Le tavole del Calendario di quest’anno si concludono con il riferimento ai
quattro alberi piantati sul Monte delle Rimembranze, a Gerusalemme, in onore di
altrettanti militari dell’Arma proclamati “Giusti tra le Nazioni” per aver salvato
dalla morte numerosi cittadini ebrei altrimenti destinati ai campi di sterminio.
Copertina calendario storico dell’Arma 2013. Nel terzo cinquantennio di vita dell’Arma, attraversato da tensioni sociali e da due guerre mondiali, gli Italiani si stringono attorno ai Carabinieri con rafforzata fiducia
La presente edizione del Calendario Storico è dedicata al terzo cinquantennio della vita dell’Arma, compreso tra il 1914 e il 1964, caratterizzato da grandi sconvolgimenti e mutamenti internazionali. Attraverso due guerre cambiano l’Italia, l’Europa ed il mondo. Non muta l’impegno dei Carabinieri, i quali, fedeli ai loro valori, rimangono vicini al loro popolo, difendendone la libertà e garantendo, in situazioni di pace o di conflitto, la sicurezza e la legalità. All’inizio del periodo trattato, è la Grande Guerra ad irrompere sulla scena europea con tutta la sua drammaticità. Ne è simbolo la trincea, una realtà fatta di quotidiani obbligati arretramenti e faticose riconquiste. E’ in questo contesto che il 2° e 3° Battaglione del Reggimento Carabinieri, al prezzo di tanti Caduti, si ricoprono di gloria nella conquista della cruciale “quota 240”, sulle pendici del Monte Podgora, dopo reiterati assalti all’arma bianca condotti contro un avversario superiore per numero e per armamento.
L’Italia torna alla pace e i Carabinieri riprendono la loro diuturna opera a tutela dell’ordinata convivenza civile.
L’impegno costante dell’Istituzione, fondato su quel vincolo di fedeltà che ciascun Carabiniere stringe con la sua gente, è ricambiato affettuosamente dagli italiani che, a testimonianza della loro riconoscenza, consegnano a tutte le Stazioni la Bandiera Nazionale.
Con gli stessi sentimenti di gratitudine, tutte le municipalità sottoscrivono plebiscitariamente la realizzazione del Monumento al Carabiniere, collocato a Torino, città che aveva dato i natali ai militari “per buona condotta e saviezza distinti”. La Seconda Guerra Mondiale, la Resistenza e la Liberazione ritrovano l’Arma tenace ed eroica protagonista delle drammatiche vicende di quel periodo, sia su fronti lontani, sia sul suolo patrio. In terra d’Africa, a Culqualber, la strenua resistenza dei Carabinieri del 1° Gruppo Mobilitato, quasi tutti Caduti contro preponderanti forze avversarie, consente ad altri reparti di ripiegare su posizioni più sicure. A Eluet El Asel, il Battaglione Paracadutisti, mantenendo con fulgido ardimento il caposaldo assegnato, permette la salvezza delle truppe amiche, che riescono a sottrarsi al mortale accerchiamento avversario. Quando il conflitto vìola il territorio italiano e la stessa Capitale è oggetto di ripetuti bombardamenti, il Comandante Generale, Azolino HAZON, e il suo Capo di
Stato Maggiore, Col. Ulderico BARENGO, non esitano a raggiungere il quartiere “San Lorenzo” per organizzare i soccorsi. Ad ucciderli è l’esplosione dell’ennesimo ordigno, un rischio che non aveva fermato il loro coraggio ed il loro ammirevole spirito di solidarietà. Altri fulgidi sacrifici punteggiano quel tragico tempo. Il Vice Brigadiere Salvo D’ACQUISTO, a Torre di Palidoro, offre il suo petto affinché ventidue ostaggi siano liberi e scrive così una delle pagine più belle della Storia dell’Arma. Fedeli agli stessi valori, i Carabinieri Alberto LA ROCCA, Fulvio SBARRETTI e Vittorio MARANDOLA, a Fiesole, scelgono coscientemente di offrire il bene supremo della loro giovane vita e affrontano il plotone di esecuzione per sottrarre a una crudele rappresaglia la propria comunità. Ben dodici, peraltro, sono i Carabinieri trucidati alle Fosse Ardeatine, riconosciuto simbolo del sacrificio di tanti italiani votati agli ideali di libertà e di amore per la Patria.
Le pagine del Calendario si chiudono, quindi, con il riferimento ai quattro alberi piantati sul Monte delle Rimembranze, a Gerusalemme, in onore di altrettanti militari dell’Arma, “Giusti tra le Nazioni”, che avevano salvato dalla morte ebrei altrimenti destinati ai campi di sterminio. Al termine del conflitto, si conteranno in circa diecimila i Carabinieri deportati nei campi di concentramento, le spoglie di molti dei quali non faranno mai più rientro in Patria.
Sfogliando le pagine del Calendario, in sintesi, si entra in contatto con i grandi avvenimenti della Storia e con i tanti uomini che, con le loro azioni, le loro scelte e il loro eroismo, ci hanno lasciato un inestimabile patrimonio di valori cui tutti i Carabinieri, con legittima fierezza, attingono quotidianamente per proporsi quali fedeli e silenziosi servitori dello Stato.
GEN. C.A. LEONARDO GALLITELLI
COMANDANTE GENERALE
DELL’ARMA DEI CARABINIERI
1) La Bandiera dell’Arma per la prima volta in guerra
Il 24 maggio 1915, a poche ore dall’annuncio dell’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria, la Bandiera dell’Arma dei Carabinieri partiva per il fronte scortata da un plotone d’onore e dalla Banda della Legione Allievi.
Prima ancora, lungo la linea di confine orientale, i reparti dell’Arma avevano già completato lo schieramento loro assegnato dal Comando Supremo con una forza complessiva di 500 Ufficiali e 19.816 tra Sottufficiali e Carabinieri. La linea di fuoco che avrebbe segnato l’ingresso in battaglia dei Carabinieri era la valle dell’Isonzo, all’altezza di Gorizia, sulle pendici del monte Podgora, ove si attestò il Reggimento Mobilitato al comando del Colonnello Antonio Vannugli. Per la posizione dominante degli austriaci, arroccati alla sommità del rilievo montuoso, l’impresa di snidarli appariva estremamente rischiosa e dall’esito incerto. Ma necessitava corrodere la resistenza dell’avversario, indebolirne progressivamente la tenuta per poi puntare su Gorizia. Dopo un periodo di approntamento, durante il quale venne realizzato un articolato sistema di trinceramento (nell’illustrazione a sinistra), a metà del mese di luglio il Comando del 6° Corpo d’Armata, da cui il Reggimento Carabinieri dipendeva tatticamente, ordinò di passare all’attacco. Nel Diario di Guerra del Col. Vannugli, di cui per la prima volta vengono riprodotti alcuni fogli nelle pagine seguenti, alla data del 19 luglio si legge: “Il Reggimento Carabinieri deve conquistare la cresta di quota 240, corrispondente al proprio fronte ed ivi rafforzarsi”.
Alle ore 10:30 venne dato l’ordine di iniziare l’assalto, seguito da quello del Col. Pranzetti: “alla baionetta!”. Secondo gli ordini, l’azione doveva essere condotta soltanto all’arma bianca. Una valanga umana si slanciò protesa verso l’alto, incurante della barriera di fuoco opposta dagli austriaci. Le perdite furono subito gravi, ma l’impeto dei Carabinieri non accennò ad esaurirsi.
Alle 15:05 il Comando della Brigata Pistoia “Vista l’ardita avanzata dei Carabinieri e resosi conto delle difficoltà incontrate” (così si legge in un dispaccio del suo Comandante) diede l’ordine di ripetere l’assalto, revocato però dal Comando del 6° Corpo d’Armata. La giornata, gloriosa ma senza vittoria, era costata al Reggimento 81 morti, 141 feriti e 10 dispersi.
(Didascalia)
Il Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando rende omaggio al Brigadiere Martino Veduti in occasione della cerimonia per la consegna al Sottufficiale della Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Il Brigadiere, di guardia ad una polveriera sul Fronte Giulio, era riuscito a disinnescare coi denti, non riuscendovi con le mani, la miccia accesa collegata ad un ordigno ad altissimo potenziale.
2) L’attacco alla quota 240 del Podgora
A sinistra, alcune pagine del Diario di Guerra del Col. Antonio Vannugli, Comandante del Reggimento Mobilitato dell’Arma dei Carabinieri per il conflitto con l’Austria (1915-1918). E’ la prima volta che il prezioso documento viene pubblicato, dopo essere stato rinvenuto presso l’Archivio dello Stato Maggiore Esercito.
In esso risulta elencata la forza presente sulle pendici del Podgora per l’azione del 19 luglio 1915, costituita da 28 Ufficiali e da 1236 uomini di truppa su tre Battaglioni, più una Sezione mitragliatrici.
Nell’illustrazione di queste pagine, ricavata da disegni di Achille Beltrame, il momento dell’attacco alla quota 240 dell’altura del Podgora. Il Comandante della Brigata “Pistoia”, dopo la battaglia, annotò nel suo Diario di Guerra:
“I Carabinieri stettero saldi e impavidi sotto la tempesta di piombo e di ferro che imperversava da ogni parte”.
3) La fiamma dell’Arma anche nei cieli
Aveva esordito in Libia, nella guerra italo-turca del 1912-13, l’Aeronautica Militare italiana, non come Arma, ma quale specialità aperta a tutti i Corpi armati. In tale circostanza si era distinto un giovane capitano d’Artiglieria, Riccardo Moizo, che nel 1935 sarebbe stato nominato Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri. Con la Prima Guerra Mondiale (1915-18) l’aviazione ebbe il collaudo definitivo per il suo impiego come mezzo di offesa e di ricognizione, riscuotendo l’adesione volontaria di numerosi militari di quasi tutti i Corpi armati. L’Arma dei Carabinieri non si sottrasse all’affascinante richiamo, rispondendo generosamente con 173 suoi uomimi, tra Ufficiali, Sottufficiali e Carabinieri, che si distinsero con le loro imprese durante le battaglie dell’Ortigara, dell’Isonzo, della Bainsizza, nella controffensiva del Montello ed infine nell’epica conclusiva battaglia di Vittorio Veneto. Una Medaglia d’Oro, undici d’Argento, otto di Bronzo e una Croce di Guerra al Valor Militare sono le decorazioni che testimoniano una serie di drammatici e memorabili duelli aerei cui presero parte i Carabinieri pionieri dell’aviazione
(didascalie)
Tenente pilota Ernesto Cabruna, Medaglia d’Oro al Valor Militare per le sue imprese aviatorie durante la Grande Guerra.
Nella fotografia è col grado di Sottotenente.
La copertina dedicata dalla “Domenica del Corriere” alla memorabile impresa del Tenente Cabruna: il vittorioso scontro con 11 aerei austriaci nel cielo di Conegliano.
Sotto, l’aereo S.P.A.D. VII col quale il Tenente pilota dei Carabinieri Ernesto Cabruna effettuò durante la Grande Guerra una serie leggendaria di imprese.
L’apparecchio è conservato presso la Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma, ove è stato realizzato un apposito padiglione dedicato ai Carabinieri pionieri dell’aviazione. A destra, la ricostruzione della baracca-comando della77° Squadriglia Caccia a cui apparteneva il Tenente Cabruna.
4) Nella lontana Siberiaper la salvezza degli irredenti
Nel secondo anno della Guerra tra l’Italia e l’Austria (1915-18) per l’esercito asburgico si pose il problema degli irredenti (friulani, triestini, istriani e almati) chiamati a combattere contro gli Italiani e, sul fronte orientale, contro i Russi.
In molti, nel 1916, caddero prigionieri dell’armata zarista. Sorprendentemente non fu l’Austria ad intervenire presso il governo di Mosca affinché a quella moltitudine di militari fossero risparmiati i disagi e le sofferenze di deportazioni in regioni proibitive per la stessa sopravvivenza; fu invece l’Italia a preoccuparsene e a nominare una speciale Commissione per la ricerca capillare sull’intero territorio russo di quella massa di sventurati. Della missione facevano parte tre Ufficiali dei Carabinieri, il Maggiore Giovanni Squillero, il Capitano Cosma Manera e il Capitano Nemore Moda. Scegliendo la via del Baltico per raggiungere la Russia, la Commissione s’imbarcò a Newcastle, in Inghilterra, e attraverso la Norvegia, la Svezia e la Finlandia, raggiunse Pietrogrado, ove pose la sua sede operativa, mentre il centro di raccolta venne posto a Kirsanov, più a sud. I risultati furono presto esaltanti. Già nel mese di settembre un primo contingente di 1698 ex prigionieri poté imbarcarsi ad Arcangelo, sul Mar Baltico, alla volta dell’Inghilterra e quindi della Francia. Fu poi la volta di un secondo e di un terzo contingente, che portarono a circa 4000 il numero degli uomini messi in salvo dalla “Legione Redenta”, nome attribuito a quel nucleo di militari di armi diverse. Da quel momento in poi, per l’eccezionale impegno profuso nell’impresa dal Capitano Manera, nel frattempo promosso Maggiore, l’operazione s’identificò nella figura dello stesso Ufficiale con l’appellativo di “Missione Manera”.
Il terreno operativo si spostò nell’anno successivo nella lontana Siberia, nella Baia di Gornostaj, che si prestava tatticamente per la vicinanza del porto di Vladivostok. Attraverso marce forzate, con l’ausilio dei pochi treni in esercizio sulla linea transiberiana, 1800 uomini riuscirono a raggiungere quella estrema località asiatica, ove costituirono una vera unità militare italiana, divisa in tre Compagnie.
(didascalia)
A destra, il Maggiore Manera tra gli Ufficiali della “Legione Redenta”, la caserma in cui erano alloggiati gli ex prigionieri e la foto ricordo alla base delle Piramidi durante il viaggio di ritorno attraverso la rotta delle Indie.
La foto in alto, a destra, ritrae la “Legione Redenta” prima del viaggio di ritorno in Patria.
5) Il doloroso dopoguerra
All’indomani della vittoria, che aveva causato 600.000 morti, si creò in Italia un diffuso senso di amarezza e insofferenza. In tale contesto, l’Arma si trovò quindi a rappresentare l’autorità dello Stato nella gestione dell’ordine sociale.
Fra i numerosi episodi verificatisi si annovera l’uccisione del Brigadiere Giuseppe Ugolini, colpito mentre si recava solitariamente, a Milano, per raggiungere il nuovo comando di Stazione ove era stato destinato.
(didascalie)
A sinistra, l’aggressione mortale subita a Milano dal Brigadiere Giuseppe Ugolini.
Malgrado fosse solo, il militare reagì a colpi di moschetto.
Il grave episodio indusse il Comune di Milano a dichiarare il lutto cittadino e a tributare al militare un solenne funerale, cui partecipò una folla imponente. Alla Memoria del Sottufficiale venne poi assegnata la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
A destra, scontro tra militari dell’Arma e facinorosi nel Ferrarese durante il primo dopoguerra.
Sotto, un reparto dei “Battaglioni Mobili Autonomi Carabinieri” a protezione della Prefettura di Roma nel 1920. I Battaglioni vennero istituiti nell’ottobre 1919 per concorrere con le Legioni Territoriali alla difesa del Paese e dell’ordine pubblico.
6) Contro la mafia in Sicilia
Doveva essere il colpo di grazia alla mafia siciliana. A scatenare la determinazione del Capo del Governo era stato l’affronto fatto da un capo-mafia di Piana dei Greci in occasione del primo viaggio in Sicilia, dopo l’assunzione del potere. “Voscenza, è sotto la mia protezione.
Che bisogno aveva di tanti sbirri che si è portato dietro?” Tornato a Roma, Mussolini diede l’incarico all’ex Prefetto di Bologna, Cesare Mori, al momento in pensione, di raggiungere la Sicilia, con pieni poteri: “Vostra Eccellenza – gli scrisse – ha carta bianca, l’autorità dello Stato deve essere assolutamente, ripeto assolutamente, ristabilita in Sicilia”. Per un tale impegnativo incarico, fu messa a disposizione del Prefetto Mori l’intera struttura operativa della Milizia, ma l’offerta venne declinata, salvo per una scarsa aliquota rappresentativa; egli volle i Carabinieri, conoscendone la collaudata esperienza in quel difficile ambiente ed il radicato inserimento tra le popolazioni siciliane.
E li ottenne. Un intero Battaglione e tutta la struttura territoriale dell’Arma delle zone interessate vennero messi a sua disposizione, per un totale di oltre 800 uomini, al comando del Maggiore Giuseppe Artale. Le attività presero avvio nell’estate del 1925 ed i risultati non tardarono a giungere. Dopo circa quattro anni dall’inizio del suo mandato, il 24 giugno 1929 da Roma partì un laconico dispaccio telegrafico per il Prefetto Mori: “Con R.D. in corso V.E. è stata collocata a riposo per anzianità di servizio a decorrere dal 16 luglio. La ringrazio dei lunghi e lodevoli servizi resi al Paese. Firmato Ministro Mussolini”. Quel periodo costò all’Arma 15 caduti e 350 feriti.
(didascalie)
Il comune di Gangi, nelle Madonie, posto sotto assedio dal Prefetto Mori nel gennaio 1926. L’operazione, condotta dai Carabinieri, portò all’arresto di oltre 400 latitanti.
La ricostruzione cinematografica dell’arresto di Gaetano Ferrarello, capo della malavita delle Madonie.
Il Maggiore Giuseppe Artale, Comandante dei Nuclei Interprovinciali della Sicilia durante il periodo del Prefetto Mori. Accanto gli è il Maresciallo Paolo Bordonaro, uno dei Sottufficiali più esperti in materia di lotta alla mafia. Si distinse per un’inchiesta che portò alla contemporanea incriminazione di 273 affiliati alla malavita.
A sinistra, il “processo verbale” della Compagnia Interna dei Carabinieri di Agrigento, col quale vennero imputati di “associazione per delinquere” 121 individui operanti in una vasta zona della Sicilia centrale.
L’attività, avviata durante il “periodo Mori”, venne conclusa nel 1930, quando lo stesso Prefetto aveva già lasciato l’incarico.
Per l’incisiva azione svolta contro la criminalità siciliana, vennero concesse ai militari dell’Arma 124 Medaglie d’Argento e 47 di Bronzo al Valor Militare, 6 Medaglie al Valor Civile, 14 attestati di Pubblica Benemerenza e 50 Encomi Solenni.
7) A perpetuare le nobili tradizioni della nostra Cavalleria
Il 9 luglio 1933, nella coreografica cornice di Piazza di Siena, a Roma, gli Squadroni a Cavallo dei Carabinieri offrirono per la prima volta ai romani lo spettacolo del Carosello Storico, destinato a perpetuare, unico, le tradizioni dei Reggimenti a Cavallo dell’Esercito Italiano.
L’esibizione diede l’occasione al pubblico della capitale di ammirare tutte le uniformi indossate dai Carabinieri dalla loro origine. Infatti, gli uomini degli Squadroni si presentarono con le “monture” che avevano segnato i momenti cruciali della loro storia, in particolare Pastrengo, la cui carica venne magistralmente simulata, suscitando, come ancora oggi avviene, l’entusiasmo degli spettatori.
7 bis) La Banda dei Carabinieri
oltre i confini nazionali
Nel 1934, la Banda dei Carabinieri si esibì a Parigi, entusiasticamente accolta dalla popolazione e dalla stampa francese. Nel 1937 fu a Berlino, a Stoccarda e nel Principato di Monaco e nel 1939 in Spagna, per approdare negli Stati Uniti nel 1956, in occasione del “Columbus Day”. Nata nel 1910 come “Banda della Legione Allievi”, nel 1920 era stata elevata al rango di “Banda dell’Arma dei Carabinieri”, continuando una serie di concerti all’estero di grande rilievo, iniziati nel 1916 a Parigi. Diretta fino al 1925 dal Maestro Luigi Cajoli, in quell’anno fu affidata alla guida di Luigi Cirenei, che proiettò il complesso bandistico verso dimensioni orchestrali.
(didascalia)
La Banda dell’Arma nel cortile della Legione Allievi Carabinieri di Roma negli anni ’30 del secolo scorso.
Il complesso musicale era allora diretto dal Maestro Luigi Cirenei, autore nel 1929 della “Fedelissima”, Marcia d’Ordinanza dell’Arma dei Carabinieri.
Nella pagina a fianco e in alto, le copertine dedicate dal più diffuso settimanale italiano illustrato al primo Carosello storico e alla prima tournée (Giuseppe Rava) della Banda a Parigi.
8) Dalla cronaca alla leggenda
Nel cinquantennio rievocato da questo Calendario si è sviluppata l’attenzione della stampa per l’attività di servizio dei Carabinieri. Il famoso illustratore Achille Beltrame addirittura sosteneva che una tavola a colori di prima pagina avrebbe acquistato maggiore credibilità se vi fosse stata la presenza di un militare dell’Arma. Pertanto un soccorso in alta montagna, la cattura di pericolosi banditi, l’intervento lungo una linea ferroviaria per scongiurare un disastro, il salvataggio di persone dalle acque di un torrente, l’assistenza alle popolazioni in caso di calamità naturali, divennero i temi per alimentare le copertine dei vari giornali. Gli autori delle tavole, tra i quali vanno ricordati anche Vittorio Pisani e Walter Molino, hanno così affidato all’immaginario collettivo scene destinate a diventare leggenda.
(didascalie)
Cattura del brigante Stocovich e dei suoi complici a Roveria di Pola; il fuorilegge era ricercato quale autore di quattro omicidi.
Alla brillante operazione venne dedicata questa tavola dalla “Tribuna Illustrata” nel 22 gennaio 1933.
A destra, salvataggio sui ghiacciai del Cervino avvenuto nell’autunno del 1933.
Già un secolo prima un Carabiniere aveva operato il primo soccorso in alta montagna sul Moncenisio, ove la carrozza di un gentiluomo inglese era rimasta bloccata da una tormenta di neve.
Il Carabiniere Cipriano Gabencel era riuscito da solo a salvare il malcapitato e la sua famiglia, declinando poi la ricompensa di mille franchi offertagli per il suo generoso intervento: “la mia paga mi basta”, disse il militare proseguendo per il suo servizio.
A sinistra, a Chiaravalle, in provincia di Ancona, un Carabiniere, sparando alcuni colpi di pistola in aria, richiama l’attenzione del macchinista di un treno, che stava per investire un camion fermo sui binari a causa di un guasto meccanico.
9) Il monumento al Carabiniere
L’idea di dedicare un monumento al Carabiniere risale all’immediato primo dopoguerra. Tuttavia, l’iniziativa si deve ad una donna, la signora Ildegarde Occella, Presidente dell’Istituto Nazionale per le Biblioteche dei Soldati che, agli inizi dell’anno 1933, su ispirazione della Principessa Laetitia di Savoia, volendo interpretare i sentimenti degli italiani, decise di elevare un monumento che potesse ricordare, attraverso i tempi, le glorie dei Carabinieri. La bontà dell’intuizione ebbe riscontro nell’adesione corale che i Comuni d’Italia diedero ad un apposito Comitato d’Onore, patrocinato dalla Regina Margherita, ed alla Commissione esecutiva presieduta dal Generale Carlo Petitti di Roreto, già Comandante Generale dell’Arma.
In breve si ebbe l’adesione plebiscitaria di tutti i Comuni del Regno, che vollero contribuire alla realizzazione del monumento con donazioni spontanee, le cui delibere sono tutte raccolte in 93 volumi conservati presso il Museo Storico dell’Arma, in Roma.
L’offerta più cospicua venne dalla Capitale, 500 lire. La scelta della località in cui erigere il monumento cadde per consenso unanime sulla città di Torino, che aveva dato i natali al “Corpo dei Carabinieri” nel 1814. Il suo Sindaco, conte Paolo Thaon di Revel, nel prendere in consegna l’opera realizzata dallo scultore Edoardo Rubino, volle ricordare che la “storia dei Carabinieri più che secolare, scritta tutta di eroismi e di abnegazione in difesa della Patria, del Diritto e della Legge, è, in guerra come in pace, una ininterrotta elevazione, una costante fulgida affermazione di virtù militari e civili”. La cerimonia di inaugurazione avvenne il 22 ottobre 1933 con la partecipazione di rappresentanze giunte da ogni angolo d’Italia.
(didascalia)
L’epigrafe riprodotta a sinistra è incisa sulla base del monumento al Carabiniere, a Torino.
Gravemente danneggiato il 12 agosto del 1943 nel corso di una incursione aerea, il monumento risorse dopo la guerra e venne restituito all’ammirazione degli Italiani con una solenne cerimonia alla presenza del Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi. Prendendo la parola a nome del Governo, l’on. Luigi Meda disse: “Risorge, questo monumento, ancora più glorificato dal contributo di valore e di sangue offerto dai Carabinieri nella lotta partigiana, risorge nella consacrazione di un rito, al quale è spiritualmente presente tutto il popolo italiano, al quale sono presenti in spirito tutti i Carabinieri, i morti ed i vivi, tutti uniti in una benedizione ed in una promessa: la benedizione di coloro che più non sono, la promessa dei Carabinieri e dei cittadini di difendere in ogni momento, contro qualsiasi offesa, il diritto e la libertà riconquistata”.
10) Il dono della Bandiera ai fedeli Carabinieri
Al Sindaco di Castelnuovo di Magra (La Spezia) apparve inconcepibile che la Stazione Carabinieri del suo paese non esponesse il Tricolore in occasione delle vittorie italiane nella guerra in corso contro l’Austria. Era il 30 settembre 1916 quando decise di chiederne ragione per iscritto al Comandante Generale dell’Arma.
Una prima risposta ad analogo quesito l’aveva già avuta dal Comando della Legione di Torino, nel senso che tutte le Caserme non erano dotate del vessillo nazionale. L’iniziativa di quel Sindaco fu la scintilla che infiammò l’entusiasmo degli Italiani, dopo che il Ministro della Guerra diede il suo assenso a fare donazione della Bandiera alle caserme dell’Arma. La cittadinanza di Castelnuovo di Magra fu naturalmente la prima a donare il Tricolore alla locale Stazione dei Carabinieri. Il dono della Bandiera, durato fino a metà degli anni 30 del secolo scorso, fu, inoltre, l’occasione per stimolare feste popolari, un rito domenicale nel quale le genti si ritrovarono unite gioiosamente accanto ai loro Carabinieri.
11) Di nuovo in guerra
Il 10 giugno 1940 l’Italia entrò nel conflitto scatenato dalla Germania nell’autunno dell’anno precedente. I fronti aperti dall’esercito tedesco, dal Baltico ai Balcani, dalla Francia al Mar Caspio, delineavano le proporzioni della guerra, che nella primavera del 1942 avrebbe investito l’intero pianeta. Il nostro Esercito si trovò a sostenere lo sforzo bellico sul fronte francese, su quello greco-albanese, in Africa settentrionale, in Africa orientale e, per solidarietà con l’alleata Germania, sullo sconfinato scacchiere russo. L’Arma dei Carabinieri partecipò in armi su tutti i fronti con un contingente complessivo di 53.000 uomini. Particolarmente impegnativa risultò la campagna sul fronte orientale, ove i Carabinieri furono presenti con un Comando d’Armata, 3 Comandi a livello di Corpo d’Armata, 10 Comandi di Divisione, il XXVI Battaglione, l’8 a Compagnia per l’Intendenza, 45 Sezioni e 15 Nuclei. Il settore operativo assegnato ai reparti dell’Arma fu la zona di Rostov, lungo il bacino del fiume Don. Anche in terra russa i militari dell’Arma furono all’altezza delle loro tradizioni, con episodi di valore collettivo e individuale, come quello del Carabiniere Plado Mosca, illustrato a fianco.
(didascalia)
Serrata in una morsa poderosa da parte dei russi, la Divisione Torino, nella piana del fiume Don, sarebbe stata annientata se l’accerchiamento non fosse stato infranto dall’ardimento del Carabiniere Plado Mosca, che si lanciò a cavallo contro il nemico, in un gesto disperato, impugnando il Tricolore e trascinando nella carica centinaia di suoi commilitoni. La travolgente azione riusciva a spezzare il cerchio di ferro e fuoco, consentendo all’intera Unità di porsi in salvo. Al Carabiniere Mosca, falciato da una raffica di mitragliatrice, venne concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria.
12) In Africa, il battesimo del fuoco del Battaglione Paracadutisti e la resistenza alla sella di Culqualber
In Africa settentrionale, a distinguersi particolarmente nel corso delle alterne vicende succedutesi nello scacchiere del fronte egiziano, fu il Battaglione Paracadutisti, che su quel fronte ebbe il battesimo del fuoco.
Dislocato al bivio di Eluet el Asel durante il ripiegamento italiano del dicembre 1941, si rese protagonista di un episodio degno delle più fulgide pagine di eroismo dei Carabinieri, guadagnando nel suo primo inserimento in battaglia una Medaglia d’Argento al Valor Militare. Gli Inglesi, che dovettero impegnare forze rilevanti per superare la tenace resistenza dei Carabinieri Paracadutisti, comandati dal Maggiore Edoardo Alessi, tramite la voce di Radio Londra affermarono che essi “si erano battuti come leoni e che fino allora, in Africa, non avevano mai incontrato così accanita resistenza”.
Il lontano settore dell’Africa Orientale era rimasto presidiato quasi esclusivamente dai Carabinieri, impegnati a consolidarvi la presenza italiana e ad estenderla anche alle regioni occidentali, mai interamente occupate. Circondato da ogni parte dall’apparato bellico inglese, il territorio etiopico altro non poteva offrire alle nostre esigue truppe che l’occasione per una eroica resistenza. E tale fu infatti quella opposta dai Carabinieri del Maggiore Alfredo Serranti sui rilievi rocciosi di Culqualber. I Carabinieri, trinceratisi sulle aspre alture di quel deserto, tennero in scacco gli Inglesi dalla primavera all’autunno del 1941. Il loro eroismo è racchiuso nella frase del Bollettino di Guerra n. 539: “Nell’epica difesa si è gloriosamente distinto, simbolo del valore dei reparti nazionali, il Battaglione Carabinieri, il quale, esaurite le munizioni, ha rinnovato sino all’ultimo i suoi travolgenti contrattacchi all’arma bianca. Quasi tutti i Carabinieri sono caduti”. Per l’episodio di Culqualber la Bandiera dell’Arma è stata insignita di Medaglia d’Oro al Valor Militare.
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Maggiore Edoardo Alessi, Comandante del Battaglione Carabinieri Paracadutisti, impegnato nel 1941 a contrastare l’avanzata degli Alleati in Cirenaica. L’Ufficiale, col grado di Tenente Colonnello e col nome di battaglia di “Comandante Marcello”, partecipò alla lotta partigiana contro i tedeschi, rimanendo ucciso.
(Medaglia d’Argento al Valor Militare).
Maggiore Alfredo Serranti, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria
13) Il Comandante Generale Hazon e il Capo di S. M. Barengo caduti in servizio
Erano le 11,40 del 19 luglio 1943. Da poco era cessato il primo terrificante attacco aereo degli Alleati contro la città di Roma. La zona più colpita era stata quella dello scalo ferroviario di San Lorenzo. Le sirene avevano da poco terminato di scuotere l’attonito sgomento della cittadinanza romana. Il Comandante Generale dell’Arma, Azolino Hazon, si affacciò nella stanza del suo Capo di S. M., Col. Ulderico Barengo, dicendogli: “Occorre andare, non c’è da perdere un minuto; a San Lorenzo c’è da organizzare i soccorsi”. A bordo dell’auto di servizio, lanciata a tutta velocità lungo il viale Regina Margherita, i due uomini avevano appena raggiunto la Città Universitaria, quando una pioggia di ordigni cominciò a riversarsi sulla zona. La strada era ormai interamente sconvolta dagli scoppi delle bombe da 500 libbre. Ancora pochi metri e poi si sarebbe dovuto proseguire a piedi. Non ci fu il tempo. Una bomba esplose vicino all’auto con a bordo il Gen. Hazon e il Col. Barengo, che perirono all’istante. Alla loro Memoria venne poi concessa la Medaglia d’Argento al Valor Militare con la seguente motivazione: ” Mentre accorrevano sui luoghi maggiormente colpiti per recarvi il contributo della loro presenza animatrice a riaffermare la tradizionale dedizione dell’Arma dei Carabinieri a favore della comunità, erano qui travolti dall’esplosione di ordigno aereo, sacrificando la nobile esistenza e fondendo generosamente il sangue con quello delle innocenti vittime cittadine nel glorioso martirio che indicò alla Nazione la via della libertà e della democrazia”.
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Sotto, il Gen. Azolino Hazon, Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri dal 23 febbraio al 19 luglio 1943. Era transitato dal Corpo degli Alpini all’Arma dei Carabinieri, divenendone nel 1940 Vice Comandante Generale. Gli è accanto il Col. Ulderico Barengo, Capo di Stato Maggiore dell’Arma dal 12 ottobre 1940, che viene ricordato anche quale profondo cultore di storia risorgimentale e per l’impulso dato all’editoria dell’Arma e all’archiviazione dei cimeli dell’Istituzione.
A destra, alcune pagine del registro con le firme delle personalità che resero omaggio alle salme dei due alti Ufficiali nella camera ardente allestita nella Caserma della Legione Allievi Carabinieri di Roma.
Il documento, conservato nel Museo Storico dell’Arma, riunisce gli autografi di tutte le personalità presenti in quel momento nella Capitale, dal Capo del Governo al Principe Borghese, Governatore di Roma.
Nella foto in basso, le stesse personalità durante i funerali.
14) L’eroe di Palidoro
Con l’abbandono della Capitale da parte del Sovrano e del Governo, avvenuta all’alba del 9 settembre 1943, si erano create le condizioni perché l’Italia si trovasse divisa in due: il sud di Roma parzialmente liberato dagli Alleati e precariamente ancora in regime monarchico, con la corte dapprima a Brindisi, poi a Salerno; il restante territorio controllato dai tedeschi, che si accingevano ad occuparlo militarmente.
In assenza nella Capitale di un Governo, organo di riferimento supremo per l’Arma dei Carabinieri, il Comandante Generale, Angelo Cerica, ritenne di dover sciogliere il Comando Generale, inviando a tutti i reparti la consegna di “restare al loro posto”, per continuare a presidiare il territorio. Fu l’occasione per ogni militare dell’Arma di assumere individualmente la responsabilità di assicurare, in ogni angolo del Paese, la protezione della cittadinanza.
E’ in questa chiave che va letto il gesto del Vice Brigadiere Salvo D’Acquisto, il quale, il 23 settembre del 1943, si assunse la responsabilità di un pretestuoso attentato ai tedeschi, in località Palidoro, per salvare la vita di ventidue innocenti civili tenuti in ostaggio. I nazisti lo giustiziarono senza esitazione ai piedi della torre da cui prende il nome il piccolo borgo della costa laziale, a pochi chilometri da Roma. Fu l’inizio di una serie di eroici atti di sacrificio di cui si resero protagonisti i Carabinieri per liberare il territorio nazionale dall’occupazione tedesca.
14 bis) I tre martiri di Fiesole
Non dissimile dal gesto di Salvo D’Acquisto fu l’episodio che portò i Carabinieri Alberto La Rocca, Fulvio Sbarretti e Vittorio Marandola a sacrificare la loro giovane vita per salvare quella di dieci ostaggi della comunità di Fiesole, nella cui Stazione dell’Arma prestavano servizio. Alla fine del mese di luglio del 1944 gli Alleati si accingevano a liberare Firenze, nelle cui strade le forze della Resistenza locale già contrastavano con le armi il ripiegamento dei tedeschi. Era il momento per i militari della Stazione di Fiesole, impegnati clandestinamente nella lotta ai nazisti, di unirsi alle formazioni partigiane operanti nel capoluogo toscano per contribuire all’insurrezione popolare.
Quando i tedeschi vennero a conoscenza che la Stazione Carabinieri di Fiesole era stata chiusa e che i suoi componenti si erano uniti agli insorti, minacciarono di fucilare dieci ostaggi, catturati a caso tra la popolazione del piccolo borgo fiorentino, se i militari di quella Caserma non si fossero ripresentati immediatamente.
I Carabinieri La Rocca, Sbarretti e Marandola raccolsero l’ultimatum e, il 12 agosto di quell’anno, si recarono al comando tedesco di Fiesole, affinché gli ostaggi venissero liberati. I dieci innocenti vennero così rilasciati, mentre i tre giovani Carabinieri vennero fucilati subito dopo. Il martirio di Fiesole è da ricordare come episodio, forse unico nella storia, di consapevole coscienza di una sorte tragica, affrontata dai tre uomini con unanime determinazione. A guerra conclusa, alla Memoria dei tre militari venne concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
15) Il “Fronte Clandestino di Resistenza dei Carabinieri”
Dopo l’8 settembre 1943, data dell’armistizio dell’Italia con gli Alleati, l’unica forza armata ancora unitariamente attiva sul territorio nazionale era l’Arma dei Carabinieri, la cui struttura ordinativa non poteva non turbare i piani germanici per l’occupazione militare del nostro Paese. Pertanto, il 7 ottobre 1943, i nazisti attuarono a Roma un massiccio attacco alla Caserma della Legione Allievi Carabinieri, conclusosi con la deportazione di circa 2.500 militari dell’Arma. L’operazione, condotta con un dispositivo di forze composto da mezzi corazzati e da reparti d’assalto, era stata preceduta da un dispaccio del Gen. Graziani, Ministro per la Difesa Nazionale della RSI, con cui si ordinava il “Disarmo dei Carabinieri in Roma”, ingiungendo agli Ufficiali di “restare nei rispettivi alloggiamenti sotto pena, in caso di disobbedienza, di esecuzione sommaria e di arresto delle rispettive famiglie”. La deportazione indusse il Generale Filippo Caruso (nell’immagine a sinistra) a creare il “Fronte Clandestino di Resistenza dei Carabinieri”, forte di 6.000 uomini. La formazione era composta da reparti dislocati nell’Italia centrale, da un “Raggruppamento Territoriale” e da un “Raggruppamento Mobile”, entrambi strettamente collegati con le unità partigiane operanti nelle altre regioni.
Del “Fronte” facevano parte il T. Col. Giovanni Frignani e i Capitani Raffaele Aversa e Paolo Vigneri, Ufficiali che il 25 luglio precedente avevano arrestato Benito Mussolini. Intanto anche nei territori dell’Italia meridionale non ancora liberati dagli Alleati era iniziata da parte dei Carabinieri la resistenza ai tedeschi, che non esitarono ad attuare nei loro confronti la più spietata repressione, come accadde a Teverola, in provincia di Napoli, ove vennero trucidati dai nazisti 14 Carabinieri.
L’occupazione militare di Roma da parte dei tedeschi segnò l’inizio di un loro maggiore impegno a contrastare l’azione dell’Arma rivolta a fiaccare il dispositivo militare e di repressione. Nelle carceri di via Tasso e di Regina Coeli, in seguito a delazione di elementi fascisti, finirono i più attivi esponenti della resistenza dei Carabinieri, primi fra tutti gli Ufficiali che avevano arrestato Mussolini. Il 23 marzo 1944 un’azione del GAP (Gruppo di Azione Partigiana) attuò a Roma, in via Rasella, un attentato contro una compagnia del Polizeiregiment Bozen. Restarono uccisi 33 nazisti.
La reazione di Hitler fu immediata e violenta: ordinò che per ogni tedesco rimasto ucciso venissero giustiziati dieci italiani, da prelevare tra i detenuti politici e di razza ebraica. L’indomani, 335 martiri vennero giustiziati nelle gallerie di una cava abbandonata, sulla via Ardeatina. Tra essi figuravano dodici militari dell’Arma. I loro nomi sono, da sinistra a destra nelle immagini in alto: Cap. Raffaele Aversa, Magg. Ugo De Carolis, Ten.Col. Giovanni Frignani, Ten. Col. Manfredi Talamo, Ten. Romeo Rodrigues Pereira, Ten. Genserico Fontana, Corazz. Calcedonio Giordano, Brig. Candido Manca, Car. Augusto Renzini, Car. Gaetano Forte, Mar. Francesco Pepicelli, Brig. Gerardo Sergi.
16) Nelle città liberate entrano i Carabinieri: è festa popolare
Dopo lo sfondamento della Linea Gotica da parte degli Alleati, la partecipazione delle formazioni patriottiche alla liberazione del Nord assunse un’incidenza determinante. Di esse facevano parte consistenti aliquote di Carabinieri, organizzate autonomamente o inserite in più organici raggruppamenti del Comitato di Liberazione Nazionale. In alcuni casi, i militari dell’Arma ricoprirono ruoli di comando, come il Brigadiere Alberto Araldi, il leggendario “Comandante Paolo”, che alla testa della 3 a Brigata partigiana della Divisione “Piacenza” tenne testa, nel Piacentino, alla Divisione tedesco-mongola “Turkestan”, nel tentativo di catturarne il comandante.
Tradito da una delazione, il Brigadiere Araldi cadde in un’imboscata e venne fucilato senza alcun processo. Alla sua Memoria fu concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Al momento dell’insurrezione generale, i Carabinieri parteciparono dovunque alla liberazione delle città del Nord, come a Reggio Emilia, ove il Brigadiere Giuseppe Morelli entrò in città alla testa del distaccamento della Brigata partigiana “Fiamme verdi” da lui comandato; oppure a Piacenza, liberata il 28 aprile 1943 dalla Divisione del Tenente Fausto Cossu; come pure a Milano, ove giunsero nei giorni 25, 26 e 27 aprile dello stesso anno i 700 Carabinieri della “Banda Girolamo” del Maggiore Ettore Giovannini. Quando nella capitale lombarda, qualche giorno dopo, arrivarono gli Alleati, trovarono l’Arma interamente ripristinata nelle sue sedi e in piena attività istituzionale.
Dall’8 settembre 1943 all’aprile 1945 il tributo dell’Arma alla liberazione del suolo nazionale è riassunto nello specchio a lato.
(specchietto)
PERDITE DELL’ARMA NELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
Caduti 2.735
Feriti 6.521
RICOMPENSE ALLA BANDIERA DELL’ARMA
Medaglia d’Argento al Valor Militare
A SINGOLI MILITARI
2 Croci di Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia
32 Medaglie d’Oro al Valor Militare
122 Medaglie d’Argento al Valor Militare
208 Medaglie di Bronzo al Valor Militare
304 Croci di Guerra al Valor Militare
17) E’ Repubblica!
Il 2 giugno del 1946 gli Italiani vennero chiamati alle urne per decidere sulla forma costituzionale dello Stato: Monarchia o Repubblica.
Per la prima volta nella storia del Paese il voto venne esteso alle donne.
I risultati diedero 12.717.923 voti alla Repubblica e 10.719.284 alla Monarchia.
Presidente provvisorio dello Stato venne nominato il senatore Enrico De Nicola, che si insediò il 1° luglio 1946. Nella fotografia a destra lo vediamo mentre si reca dal Senato al Quirinale, scortato da un drappello del “3° Squadrone Carabinieri a cavallo”, denominazione assunta dal reparto “Carabinieri Guardie del Re”, ossia i Corazzieri, dopo la partenza per l’esilio di Umberto II di Savoia. Lasciando il Quirinale, l’ultimo Re d’Italia aveva sciolto i Corazzieri dal giuramento di fedeltà alla Corona, ma non all’Italia. Si nota dalla fotografia che i militari indossano alcuni elementi dell’uniforme da Corazziere, come i guanti con crispini. Anche la gualdrappa faceva parte della bardatura del reparto d’origine.
Nel 1948 i Corazzieri vennero ufficialmente denominati Carabinieri Guardie del Presidente della Repubblica.
17 bis) La nuova struttura dell’Arma dei Carabinieri
Dopo due guerre e un lungo periodo di gravoso e cruento impegno operativo per assicurare al Paese traguardi di normalità, l’Arma ebbe a contare perdite molto rilevanti, sia nell’organico che nelle dotazioni logistiche.
Il Paese aveva conquistato la democrazia, ma parallelamente doveva rinascere da un passato di rovine e di bisogni. Alla necessità di un nuovo regolamento e di una rinvigorita struttura dell’Arma provvide un Decreto Luogotenenziale del 31 agosto 1945, in virtù del quale la forza venne fissata in 65.000 unità.
Contemporaneamente, venne avviato un processo di ammodernamento delle strutture operative, tese ad adeguare l’Istituzione ai progressi tecnici in atto nel mondo.
18) Dalla Sicilia all’Alto Adige, l’Arma ancora in prima linea
Nel dopoguerra i Carabinieri furono chiamati a fronteggiare nuove forme di delittuosità, dagli schemi inediti e dai disegni dirompenti. Mentre nel nord del Paese si manifestava con insolita efferatezza la criminalità urbana, in Sicilia prendeva forma un inquietante sentimento di pseudo-indipendentismo, in nome del quale operavano agguerrite formazioni banditesche.
In Alto Adige, poi, trovava facile terreno il terrorismo a sfondo etnico. L’Arma si trovò così a dover combattere contro nuovi nemici, che utilizzavano schemi delittuosi evoluti rispetto a quelli tradizionali del passato.
I nomi del Capitano Francesco Gentile, del Tenente Salvatore Pennisi, del Maresciallo Ettore d’Amore, del Carabiniere Clemente Bovi, tutti decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria, sono legati ad altrettante operazioni risolutive dei fenomeni delinquenziali ed eversivi che caratterizzarono la fine del terzo cinquantennio di vita dell’Arma. Dedicando all’Arma un ampio servizio illustrato, un diffuso settimanale titolò: “I Carabinieri sono sempre in guerra per farci vivere in pace”.
Erano i giorni della strage di Ciaculli, una borgata nei pressi di Palermo, in cui persero la vita il Tenente Mario Malausa e quattro Carabinieri.
(didascalia)
Nella pagina a fianco, l’eroismo, rimasto ignoto, di un Carabiniere lanciatosi tra le fiamme per salvare un motociclista coinvolto in un grave incidente stradale, alla periferia di Roma.
Sotto, un agguato subito dai Carabinieri nei pressi di Orgosolo, in Sardegna, ove imperversavano le feroci bande Liandru, Tanteddu e Sanna-Sini, tutte assicurate alla giustizia. A destra, Il Carabiniere Vittorio Tiralongo, ucciso nel corso di un attacco terroristico alla caserma di Selva dei Molini, in Valle Aurina, durante la fase più acuta della campagna per il separatismo sud-tirolese.
19) Quattro militari dell’Arma «Giusti tra le Nazioni»
Nel Talmud, opera della letteratura ebraica post-biblica, è scritto che, in qualsiasi momento della storia, ci sono sempre Trentasei Giusti al mondo. Durante la persecuzione operata dai nazisti in danno del popolo di Israele, i Trentasei Giusti divennero un esercito di eroi, che rischiarono la loro vita per salvare ebrei dallo sterminio. In loro onore e per ricordare martiri dell’Olocausto venne creato a Gerusalemme il Memoriale di «Yad Vashem», sul Monte della Rimembranza, ove ad ogni Giusto è stato dedicato un albero, secondo l’insegnamento del profeta Isaia: “Io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e… darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato”. Dei “Giusti tra le Nazioni”, riconosciuti tali da una speciale commissione, che ancora oggi opera sulla base di una severa valutazione delle testimonianze raccolte tra i sopravvissuti, fanno parte quattro militari dell’Arma dei Carabinieri: Giacomo Avenia, Osman Carugno, Carlo Ravera e Enrico Sibona. Erano tutti in servizio nelle province del nord Italia occupate dai nazisti dal 1943 e pertanto nelle condizioni più difficili per offrire aiuto agli ebrei perseguitati. Altri militari dell’Arma subirono essi stessi la deportazione nei campi di concentramento tedeschi per la loro scelta di altruismo, senza farne ritorno. A destra, la volta del padiglione della memoria nello «Yad Vashem», tappezzata da 600 fotografie di vittime della shoah. La scultura riprodotta qui sotto è opera di Marcelle Swergold, che trasse ispirazione dal filo spinato, tragico emblema dei campi di sterminio nazisti.
(didascalia)
A destra, il Presidente Giorgio Napolitano depone una corona di fiori nel Museo «Yad Vashem».
Alle sue spalle, il Presidente israeliano Shimon Peres. Nell’altra foto, il Presidente Giorgio Napolitano mette a dimora un albero nel «Parco dei Giusti», a Gerusalemme, dedicato ad un cittadino italiano che aiutò dei connazionali ebrei a sottrarsi alla cattura.
A sinistra, le foto dei quattro militari dell’Arma presenti nel Parco con un albero dedicato a ciascuno di loro.
20) Si illumina di medaglie il terzo cinquantennio di vita dell’Arma
Una prima Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Bandiera dell’Arma dei Carabinieri, presente sulla linea del fuoco nella Grande Guerra (1915-18), una seconda per la strenua resistenza a Culqualber, in Africa Orientale, nel corso del Secondo Conflitto Mondiale (1940-45), 65 Medaglie d’0ro e 3.011 d’Argento individuali al Valor Militare, 2 Medaglie d’Oro e 1.743 d’Argento individuali al Valor Civile, 1 Medaglia d’Oro e 22 d’Argento individuali al Valor di Marina, sono le decorazioni più brillanti che hanno arricchito il Medagliere dell’Arma durante il mezzo secolo di vita nazionale più inquieto dopo la nascita dello Stato unitario.
(didascalia)
Per raffigurare degnamente il valore espresso dai Carabinieri durante il cinquantennio celebrato con questo Calendario, la scelta non poteva non prediligere uno degli innumerevoli monumenti che in tutta Italia, nei grandi come nei piccoli centri, ricordano e onorano il sacrificio dei moltissimi caduti nella Grande Guerra, di cui 1.400 furono militari dell’Arma. Il monumento riprodotto a lato, opera dello scultore Enzo Puchetti, si erge nella piazza principale di Larino, un piccolo centro del Molise.
Il gruppo bronzeo celebra la Vittoria alata che sorregge un combattente della stirpe italica con benda attorno al capo, come era portata dagli antichi sacerdoti, dai vincitori, dalle vittime sacre, in segno di consacrazione dell’onore e della purezza.
Ricompense concesse
dal 1814 al 1964
ALLA BANDIERA
1 CROCE DI CAVALIERE
DELL’ORDINE MILITARE DI SAVOIA
2 MEDAGLIE D’ORO AL VALOR MILITARE
4 MEDAGLIE D’ARGENTO AL VALOR MILITARE
4 MEDAGLIE DI BRONZO AL VALOR MILITARE
2 MEDAGLIE D’ORO AL VALOR CIVILE
1 MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR CIVILE
2 CROCI DI GUERRA AL VALOR MILITARE
1 MEDAGLIA D’ORO DI BENEMERENZA
PER IL TERREMOTO DEL 1908
INDIVIDUALI
19 CROCI DI CAVALIERE DELL’ORDINE MILITARE DI SAVOIA
3 CROCI DI CAVALIERE DELL’ORDINE MILITARE D’ITALIA
70 MEDAGLIE D’ORO AL VALOR MILITARE
1 MEDAGLIA D’ORO AL VALOR DI MARINA
9 MEDAGLIE D’ORO AL VALOR CIVILE
3011 MEDAGLIE D’ARGENTO AL VALOR MILITARE
22 MEDAGLIE D’ARGENTO AL VALOR DI MARINA
1743 MEDAGLIE D’ARGENTO AL VALOR CIVILE
5522 MEDAGLIE DI BRONZO AL VALOR MILITARE
39 MEDAGLIE DI BRONZO AL VALOR DI MARINA
2702 MEDAGLIE DI BRONZO AL VALOR CIVILE
3128 CROCI DI GUERRA AL VALOR MILITARE
6 CROCI DI GUERRA AL VALOR DI MARINA
1 MEDAGLIA D’ORO AL MERITO DELLA SANITÀ PUBBLICA
Armi e buffetterie dei Carabinieri. Dalla Prima alla Seconda Guerra Mondiale
Dopo la Fiamma, l’Alamaro, i Cappelli e le Armi dei primi cento anni di vita dei Carabinieri, a costituire il tema di questo inserto sono ancora le Armi, nella loro funzione primaria, la difesa della Patria. Il periodo sto-rico affrontato vede, più che mai, l’Arma impegnata nel suo duplice ruolo di arma combattente e di forza di poli-zia, che ne giustifica la necessità di adeguare costante-mente la dotazione di armi alle innovazioni tecniche. L’arco di tempo considerato, partendo dalla Grande Guerra e chiudendosi col Secondo Conflitto Mondiale,attraversato altresì dalla campagna per la conquista dell’Africa orientale, si configura come un lungo momen-to di trasformazione dell’assetto interno del nostro Paese,che per l’Arma comporta una parallela esigenza di aggiornamento delle dotazioni operative, tra cui le armi,strumenti non primari della sua funzione istituzionale,ma essenziali. Cosicché, dopo un secolo di vita, i Carabinieri sono chiamati a combattere per la Patria, non più con le carabine o con le sciabole, ma con le crepitanti armi di reparto, le mitragliatrici, anche per mano degli esordien-ti Carabinieri piloti, pionieri dell’aviazione militare.
La precedente monografia sulle armi dei Carabinieri, apparsa sull’Agenda dello scorso anno, si è conclusa con la descrizione del Moschetto mod. 1891, anticipando che esso”avrà una lunga storia”. Nella sua duplice ver-sione, corta con baionetta ripiegabile e lunga con baionetta innestata, il Carcano 91 – è que-sto il suo vero nome – è stato infatti, ininterrot-tamente, il fedele compagno dei militari dell’Arma, sui campi di guerra e sul fronte dell’ordine interno. È da precisare che la versione TS, ossia Truppe Speciali, non risulta essere stata mai assegnata ufficialmente a personale dell’Arma, ma la documentazione iconografica pervenutaci autorizza a ritenere che di essa fossero dotati i militari impegnati sul Podgora. Riprendendo la narrazione dell’armamento dei Carabinieri nel terzo cinquantennio di vita dell’Istituzione, è utile scorrere panoramica-mente la situazione degli Stati europei nel set-tore degli arsenali militari, specificamente per quanto attiene alle armi individuali. Il fucile e il moschetto restavano i mezzi di dotazione individuale maggiormente utilizzati, ancor più della pistola, non essendo l’assegnazione di quest’ultima generalizzata a tutti gli uomini in armi. Sul fucile, pertanto, si concentrarono gli studi dei laboratori balistici di tutti gli Stati. Il nostro Carcano, ossia il moschetto 91, ade-guandosi agli standard dell’epoca, si dimostrò una valida e progredita arma individuale. Contemporaneamente venne riservato un atten-to interesse per le armi di reparto, che si accin-gevano ad esordire in campo bellico con riso-lutiva predominanza. Dalla tabella a piè di pagina si può rilevare che soltanto la Francia ci aveva preceduti nell’adozione di un fucile di concezione moderna, il Lebel, il cui prototipo risaliva al 1886. E non deve sorprendere. Lo Stato transalpino, era già stato pioniere, nel1866, con lo Chassepots a ricarica rapida, feli-cemente sperimentato a danno dei garibaldi-ni l’anno successivo a Mentana. Quanto alle pistole, il confronto con la produ-zione europea non poneva il nostro Paese all’avanguardia. La nostra Glisenti 9 mm, ideata nel 1910, si rivelò poco robusta, tant’è che,interrottane la produzione, venne sostituita dal revolver Bodeo, risalente al 1889 e, più tardi, dalla Beretta 7,65 automatica. Gli altri Eserciti europei, che sarebbero stati coinvolti nella Grande Guerra (1914-18), disponevano di pistole destinate ad una carriera longeva, se non addirittura al mito, come la tedesca Luger 9 mm Po8. I Carabinieri, in quanto arma combattente, sischierarono in battaglia col Primo Reggimento Mobilitato già al momento dell’entrata in guer-ra dell’Italia contro l’Austria, nel maggio 1915. Nel luglio successivo, parteciparono alla Bat-taglia sulle pendici del Podgora. Dal Diario di guerra del proprio Comandante, il Colonnello Luigi Vannugli, rileviamo che il Reggimento comprendeva anche delle “Sezioni Mitragliatrici”al comando dei Tenenti Pietro Gaveglio, Gu-stavo Fiore e Ulrico Carozzi. Tali reparti, per-tanto, furono tra i primi ad essere dotati della nuova arma di reparto, esattamente la mitragliatrice FIAT-Revelli Mod.1914, con la quale svolsero la preparazione alla battaglia del 19luglio 1915. Però, durante l’epico fatto d’arme,essa non sparò un solo colpo, avendo il Reggi-mento Carabinieri ricevuto l’ordine di portare l’attacco alla quota 240 esclusivamente all’ar-ma bianca. E così fu, mentre dall’alto gli au-striaci riversavano sugli uomini del Col. Vannugli, con accanimento, tutto il loro potenziale di fuoco. Il progetto di quest’arma di reparto risaliva al1910, per opera di Abiel Revelli, che modificò la mitragliatrice Perino Mod. 1908, ritenuta ormai obsoleta. Prodotta in grandi quantità durante il conflitto dalla MBT (Metallurgica Bresciana Tampini), la FIAT-Revelli Mod. 14sirivelò inizialmente poco affidabile, in quanto soggetta a inceppamenti. Tale inconveniente era causato dal sistema di alimentazione dotato di una pompetta per l’olio, il quale lubrificava ogni colpo prima di incamerarlo,cosicché potesse scorrere meglio. Purtroppo,l’olio si univa con la polvere che entrava nel meccanismo, creando una pasta granulosa che faceva bloccare il meccanismo stesso. L’arma disponeva di un sistema di raffredda-mento ad acqua, che operava attorno alla canna a mezzo di un manicotto in cui era con-tenuto il liquido raffreddante. Esistevano due versioni dell’arma, una con manicotto liscio,un’altra con manicotto ondulato con nervatu-re di irrigidimento, che aumentava la dissipa-zione del calore. Una ulteriore caratteristica era lo scatto dell’otturatore, che permetteva la raffica sia continua che intermittente. Il calibro dell’arma si dimostrò insufficiente, infatti, le munizioni, contenute in una cassa da 50 colpi,erano le stesse del Carcano Mod. 91,il fucile in dotazione all’Esercito Regio. Le cartucce erano pertanto facilmente reperibili. Altro pro-blema riguardava il caricatore fisso, i cui 50colpi erano divisi in 10 compartimenti, il che diminuiva la capacità di fuoco. In seguito al Primo conflitto mondiale, la FIAT 1914fuanche utilizzata in Libia contro i ribelli fino al1931. La sua produzione terminò nel 1935,quando poi fu modificata e sostituita dalla FIAT-Revelli 35.La Grande Guerra offrì l’occasione agli eserciti di tutto il mondo di sperimentare ogni tipo di arma scaturita dalle ricerche effettuate a cavallo del XIX e XX secolo. Per quanto riguar-da l’Esercito Italiano, abbiamo già riferito della mitragliatrice. Per il fucile, ampiamente descrit-to sulla passata Agenda, limitatamente alla versione corta, ossia con baionetta ripiegabi-le, nelle pagine precedenti abbiamo delineatole caratteristiche delle versioni lunghe, con baionetta separata. Questo modello, di cui erano dotati tutti i reparti a piedi, compresi i Carabinieri in prima linea,era stato adottato in sostituzione del moschetto T.S. mod. 70/87, il 6gennaio 1900.
Le nuove pistole
Per le pistole, occorre premettere che durante la Grande Guerra i vari Corpi, pur essendo dotati di modelli specificamente prescritti, sitrovarono in casi non infrequenti a utilizzare tipi diversi di cui disponevano gli arsenali delle Grandi Unità. I Carabinieri, infatti, ven-nero dotati di pistole Glisenti, Brixia, Tettoni,Beretta e addirittura della Bodeo del 1889,obsoleta, ma destinata ad una longevità a prova di due guerre mondiali, la prima del1914-18, la seconda del 1939-45. Su questo revolver è opportuno soffermarsi per alcune considerazioni, che concernono il problema dell’armamento affrontato da vari Stati, com-preso il nostro. Se alcuni eserciti, primo fra tutti quello tedesco, si presentarono al conflit-to con sufficienti scorte di armi e munizioni,altri sottovalutarono le proporzioni dello scontro armato che stava per sconvolgere l’in-tero pianeta e si trovarono nella necessità di correre urgentemente ai ripari. Questa situazione favorì il revolver Tettoni, praticamente scono-sciuto fino alla scoppio della Grande Guerra. La prima delle Nazioni belligeranti ad entrare in crisi produttiva fu la Francia, seguita dall’Italia.Le due nazioni dovettero rivolgersi alle fabbri-che spagnole specializzate nella produzione di un revolver derivato dal Bodeo 1889, che differi-va dall’originale soltanto per la presenza delmarchio. Calibrata per l’Esercito Italiano in mm.10,35, prese il nome della ditta importatrice diBrescia, la Tettoni, e non ebbe mai una adozio-ne formale, ma solo lo status di arma integrativa. In effetti sulle guancette e sul lato destro figura soltanto il logo del produttore, una “OH”che attribuisce la produzione dell’arma alla”Orbea Hermanos”, ditta basca di Eibar, specia-lizzata nella produzione armiera. Nessun mar-chio ne indica l’appartenenza alle forze armate del nostro Paese e la stessa ditta Tettoni non tentò nemmeno di assegnare il suo nome a quel revolver, che, seppure senza una assunzione ufficiale, ebbe notevole utilizzazione da parte delle nostre truppe col nome di Modello 1916,ma generalmente confuso col revolver Bodeo.Una storia meno contorta ha la pistola Glisenti,derivata da un modello progettato nel 1905dall’ufficiale di artiglieria Abiel Bethel Revelliper conto della Società Siderurgica Glisenti di Carcina (BS). Inizialmente di calibro 7,65, l’ar-ma ricalcava nella concezione e nelle linee la tedesca Luger, di cui però non eguagliava l’effi-cienza. La versione impiegata nella Grande Guerra risaliva al 1911 col nome di Pistola mod.1910.Era caratterizzata da una canna lunga 95mm. a sei righe interne destrorse, avvitata alla culatta, questa di forma squadrata, entro cui si muoveva l’otturatore. La culatta scorreva, a sua volta, sul castello dell’arma tramite due guide. Il caricatore, con una capacità di sette cartuc-ce, era alloggiato nell’impugnatura con inseri-mento dal basso. Dalla Glisenti mod. 1910 derivò nel 1912 la pistola Brixia,versione semplificata e anche migliorata rispetto al modello da cui traeva origine. Il perfezionamento consisteva nell’ir-robustimento di alcune parti e nella modifica alla sicura. Fu proprio questo secondo inter-vento ad assegnare al meccanismo la scher-zosa definizione “sicura a prova di stupido”,riferita al fatto che la stessa sicura serviva ad evitare la percussione a caricatore estratto senza tener conto che sarebbe potuto rimanere il colpo in canna. La Brixia, il cui nome derivava da quello latino di Brescia, aveva il pregio di costare molto meno rispetto alla Glisenti, il che ne giustificò la produzione su larga scala nelle fasi finali della Grande Guerra. Il conflitto era da poco iniziato quando lo Stato Maggiore italiano si rese conto che lo scontro armato tra Francia, Germania, Austria-Ungheria, Inghilterra, Russia e Italia rischiava di assumere dimensioni imprevedibili e il coinvolgimento di altri Paesi, giustificando l’aggettivo “mondiale”, per la prima volta attri-buito ad una guerra. Tale considerazione comportava la necessità di adeguare con urgenza il proprio armamento alle esigenze emerse già agli inizi del 1915. Una prima deci-sione fu quella di rivolgersi ad una antica armeria, la “Pietro Beretta” di Gardone Val Trompia (BS), che aveva da qualche tempo realizzato un prototipo di pistola automatica ideata dal capo progettista Tullio Marengoni.Si trattava di un’arma di facile costruzione,dalla meccanica ridotta all’essenziale e, cosa più importante, dal basso costo. La produzione venne avviata in tutta fretta e i primi esemplari furono già pronti nel giugno del1915. Si trattava di una pistola assai maneggevo-le, semiautomatica, con canna in acciaio sol-cata da sei righe destrorse, in calibro 9 mm. Glisenti. Quest’ultimo dettaglio era di grande rilevanza, in quanto consentiva che l’approvvigionamento delle cartucce fosse unico per due diversi modelli di pistola. Della stessa arma, prodotta in oltre 15.000 esemplari per gli Ufficiali di tutte le Armi, venne successiva-mente realizzata una versione calibro 7,65,che differiva dal modello da cui derivava perle dimensioni minori, per l’assenza della sicura posteriore sul castello e della molla ammortizzatrice di rinculo e per la mancanza dell’esplulsore, oltre che per altri dettagli minori relativi al disegno. La calibro 7,65 venne assegnata ai reparti combattenti dopo la sua presentazione alla Direzione di Artiglieria,avvenuta nel luglio 1917. Il successo della pistola Beretta nelle versioni iniziali incoraggiò la casa di Brescia a sperimentare nuove soluzioni tecniche, atte a migliorare l’arma, anche nella prospettiva di soddisfare la crescente richiesta da parte dei privati. Nel 1922, venne quindi messo in produ-zione un modello che risultò poco convincente,le cui innovazioni tecniche riguardavano in particolare l’espulsione dei bossoli attraverso un’unica apertura sul carrello, la leva della sicu-ra e il fissaggio della canna ottenuto con un incastro longitudinale. Esteticamente, l’unica variante di rilievo era nelle guanciole dell’impugnatura, non più in legno, ma in metallo bruni-to. L’Arma dei Carabinieri esitò nel prenderlo in considerazione per i suoi Ufficiali, in attesa che venisse avviata la produzione di un ulteriore modello, presentato l’anno successivo con la sigla M° 23, che venne adottato in coincidenza con il ritorno al turchino della divisa da Carabiniere, avvenuto in quegli anni dopo la parentesi della Grande Guerra e del successivo periodo di ristrutturazione ordinativa. La M° 23,tuttavia, non ebbe il successo sperato: gli stessi Ufficiali la consideravano alquanto ingom-brante e piuttosto massiccia. Ciò nonostante, sebbene prodotta in poco più di 10.000 esemplari, sopravvisse fino al 1934,in buona compagnia del revolver mod. 89, che continuava ad equipaggiare i Sottufficiali e i militari di truppa. Occorsero circa venti anni alla casa Beretta di Brescia per assicurare al suo nome una fama duratura, ottenuta col Modello 1934. Ma prima,nel 1932, aveva sperimentato nuove soluzioni intervenendo innovativamente sul M° 23conuna linea decisamente più elegante e con l’a-dozione del calibro 9 corto in sostituzione del calibro 9 Glisenti, definitivamente abbando-nato. Si trattò di una pistola dalla vita molto breve, giustificata dal carattere sperimentale del prodotto, da cui derivò l’arma corta più longeva mai adottata dalle Forze Armate italiane, chiamata Modello 34 dall’anno in cui apparvero i primi esemplari. A partire dal1938, la Beretta M 34 venne distribuita a tutti i militari dell’Arma, di qualunque grado, per restare in dotazione fino al 1977, quando sarà sostituita dal Modello 92/S calibro 9 mm. parabellum. Le caratteristiche di tale arma sono descritte nella pagina seguente, correlate aduna esauriente documentazione fotografica.
Le sciabole
Parallelamente all’evoluzione nel settore delle armi da fuoco individuali, sia corte che lunghe, nel periodo storico che stiamo esaminando non si è verificata alcuna innovazione di rilievo relativamente alle armi bianche, ossia riguardo alle sciabole. Rappresentativa delle origini dell’Arma e delle sue tradizioni, la scia-bola ha conservato per i Carabinieri soprattutto un significato emblematico. Le variazioni succedutesi nel tempo nella sua forma, nelle misure e nel peso hanno inciso minimamente sulla sua funzione e utilizzazione, slittata progressivamente verso un ruolo unicamente uniformologico. Pertanto, proprio in ossequio alla sua finalità conservatrice dell’immagine del Carabiniere, le innovazioni sono state nel tempo contenute a irrilevanti interventi nella forma del fornimento, ossia dell’elsa e della manopola, tant’è che a partire dal Modello 1871,descritto nella precedente Agenda, si può dire che la sciabola da Carabiniere si sia avviata verso una standardizzazione irreversibile. Tale modello, con modifiche quasi impercettibili, è lo stesso in uso ai giorni nostri, cioè il Mod.71/29, dove 71 sta per l’anno iniziale di adozione e 29 per l’anno di aggiornamento. Si tratta, in sostanza, della stessa sciabola nichelata adottata per i Marescialli a piedi il 7 luglio1927, con lama ad un filo, leggermente curva,guardamano a due else, cappetta corta, pomoa spicchi, impugnatura di legno zigrinata e fodero in lamiera d’acciaio a due campanelle. Le differenze, invero modeste, furono: guarda-mano più stretto ed impugnatura in legno natu-rale liscio. Nel 1933 l’uso di questo modello venne esteso anche ai Marescialli a piedi, con la modifica dell’impugnatura, che per questi era di ebanite nera zigrinata. I Brigadieri a piedi,con la grande uniforme e con l’ordinaria, in ser-vizio dovevano però portare la dagamodello1814/34. I Marescialli a piedi hanno ancora oggi la sciabola mod. 29/33, che però non è più indi-viduale, ma è in dotazione di reparto. La sciabola mod. 71/29per i Brigadieri a cavallo, tuttora in uso, è la normale 71, nichelata, con impu-gnatura in legno naturale e fodero a due cam-panelle. I Marescialli l’avevano e l’hanno tuttora con impugnatura in legno nero. Altri dettagli sono riportati nella tavola della pagina a fronte. Per quanto attiene alla sciabola da Ufficiale, i Regolamenti relativi al periodo di cui trattiamo sono particolarmente sobri. La “Modificazione alla divisa degli Ufficiali”del 17 novembre 1927si limita laconicamente al Capo I, paragrafo 4,ad indicare “sciabola con pendagli e dragona di grande uniforme”. Nel successivo “Regolamento sull’uniforme” del 20 luglio 1931, all’art. 139 si precisa: “Sciabola -È quella prescritta per gli ufficiali di cavalleria; è obbligatoria con tutte le uniformi”. Andando a ritroso, scopriamo che la prescrizione risale al 1873, anno in cui ne ven-nero precisate le caratteristiche, rimaste prati-camente invariate, salvo che nelle tre fenditu-re della guardia, che dai documenti fotografici pervenutici risultano più ampie.
Verso l’epoca attuale
Un passo rilevante nell’armamento dei Corpi armati italiani, parallelamente a quanto avve-niva nel resto del mondo, si verificò già agli inizi degli anni ’20, quando l’Esercito Italiano radiò tutte le armi automatiche leggere in dotazione, per poi riequipaggiarsi con le mitragliatrici leggere FIAT 24e la Breda 9C, la cui vita fu breve e scarsa di successi. Fu con la presentazione, nel 1930, della Breda 30, che ebbe inizio l’epoca attuale delle armi automa-tiche italiane, sia individuali che di reparto. Classificato come fucile mitragliatore, il Breda Modello 30fu prodotto dal 1931 fino al 1946 e venne largamente impiegato dall’Esercito Italiano in tutti i teatri di guerra. Già nel 1940risultavano costruiti oltre 30.000 esemplari. Queste le caratteristiche: Peso: 10,80 kg;Lunghezza: 1,23 m.; Lunghezza della canna:520 mm.; Calibro: 6,5 ×52 mm.; Azionamento automatico con canna e otturatore rinculanti;Cadenza di tiro: 475 colpi/min.; Velocità alla volata: 618 m/s; Tiro utile: 800 – 900 m.;Alimentazione: caricatori da 20 colpi. Nel 1938 venne presentata un’arma intera-mente automatica ideata dall’inesauribile Tullio Marangoni, il già citato capo progettista della Fabbrica d’Armi Beretta di Gardone Val Trompia. Si trattava di un’arma a ripetizione leggera, dalla straordinaria capacità di fuoco, cui venne subito assegnata la definizione di fucile mitragliatore per la sua maneggevolez-za. La differenza rispetto alle preesistenti mitragliatrici era nel suo carattere di arma indi-viduale, che la distingueva dalle pesanti e ingombranti armi a fuoco continuo di reparto. La sua omologazione da parte dell’Ispettorato di Artiglieria avvenne nel 1938 con la sigla M.A.B 38, modificata in M.A.B. 38/A dopo una breve fase sperimentale, durante la quale l’ar-ma subì perfezionamenti non rilevanti, ma definitivi. Le caratteristiche erano: Peso 4.8 kg;Calibro 9 mm x19; Tipo di munizioni, 9 M38Fiocchi, 9 mm parabellum; Cadenza di tiro, 550 colpi al minuto; Velocità alla volata, 390m/s (9mmx19 Para), 410-420 m/s (9M38 Fiocchi9x19); Tiro utile 100-200 m; Alimentazione caricatori da 10, 20, 30 o 40 colpi. L’imminenza del Secondo Conflitto Mondiale, il cui pericolosi avvertiva incombente, indusse il nostro Stato Maggiore Generale ad accelerare la pro-duzione della nuova arma, l’unica che in qual-che misura consentiva al nostro Paese di affrontare, minimamente preparato, l’even-tuale partecipazione al conflitto. E fu proprio il M.A.B. 38/A a consentire ai nostri militari di esprimere il loro eroismo, anche in situazioni di estrema inferiorità numerica, come accad-de in Africa Orientale, sulle aspre alture di Culqualber, ove nel 1941 il Battaglione Carabinieri Mobilitato tenne lungamente testa ad un intero esercito agguerrito.
100 ANNI FA
GENNAIO
1° gennaio. Esce a Firenze L’acerba, rivista letteraria fondata da Giovanni Papini e Ardengo
Soffici con la collaborazione di Aldo Palazzeschi e Italo Tavolato, che si pone su posizioni vicine al Futurismo.
5 gennaio. La cerimonia per l’insediamento del Viceré delle Indie, lord Hardinge, nella città di Delhi, viene funestata da un attentato rivoluzionario diretto contro la persona del Viceré.
Lord Hardinge, seduto a dorso di un elefante bardato a festa procede dalla stazione verso la città santa dell’India, quando dalla sommità di un’abitazione uno sconosciuto lancia una bomba che colpisce il sedile posteriore del baldacchino, uccidendo uno dei servitori. Il Viceré viene invece colpito da alcune schegge e rimane leggermente ferito.
12 gennaio. A Los Angeles, in California, viene arruolata la prima donna poliziotto, miss Alice Stebins Wells. Non viene rivelata la sua età, a dalle fotografie pubblicate dalla stampa s’intuisce che ha certamente superato i trenta anni. È da considerare la prima donna al mondo ad intraprendere tale carriera.
12 gennaio. L’Arno straripa a Pisa provocando l’inondazione della zona di Porta a Mare, non risparmiando le fabbriche della SaintGobain ed altri opifici.
15 gennaio. Entra in servizio la Dante Alighieri, unità da battaglia italiana varata nel 1910. Si
tratta della prima nave da monocalibro (tipo dreadnought) della Regia Marina ed è la prima al mondo ad avere l’armamento principale in torri trinate, con 12 cannoni da 305 mm. in 4 torri corazzate.
17 gennaio. Si svolge a Versailles la solenne cerimonia dell’insediamento del nuovo Presidente della Repubblica francese Raymond Poincaré. L’uomo politico è stato Ministro delle Finanze e poi dell’Istruzione nei due più recenti governi. Il Presidente Poincaré è sposato con una signora italiana. 26 gennaio. Un pallone sonda, lanciato dall’Osservatorio di Pavia a scopo scientifico, raggiunge la sorprendente altezza di 37.000 metri. È la più alta ascensione mai realizzata in cielo da uno strumento di indagine. Precedentemente il primato era detenuto dall’esperimento eseguito nel 1910 in America, nei laboratori di Huston, con 30,4 chilometri.
FEBBRAIO
1° febbraio. A New York viene inaugurata la stazione ferroviaria più grande del mondo. Alla mezzanotte un treno parte tra il giubilo della grande folla radunata per l’evento. Il costo è stato di novecento milioni di lire. Il primo tronco delle linee, per una lunghezza di venticinque miglia, è a trazione elettrica. Da quel punto i motori elettrici vengono sostituiti dalle locomotive a vapore (illustrazione sopra).
8 febbraio. Da qualche tempo le sartine di New York sono in sciopero per ottenere miglioramenti salariali dai produttori di abiti a basso costo. Lo stesso Presidente Roosevelt ha incoraggiato la protesta, dicendosi disposto a scendere in piazza a fianco delle lavoranti. L’ultima protesta pubblica delle sartine si è conclusa con un vero corpo a corpo con gli agenti di polizia, ai cui manganelli le scioperanti hanno opposto dei lungi spilloni da cappello, con i quali si sono difese con energia, ferendo gravemente numerosi agenti.
10 febbraio. Canne al vento è il titolo di un nuovo romanzo di Grazia Deledda, in cui viene sviluppato il tema della fragilità umana. Il rapporto di similitudine tra la condizione delle canne e la vita degli uomini, celebrato nel titolo del romanzo, proviene da un’opera (Elias Portolu) del 1903.
23 febbraio. Si conclude tragicamente l’esplorazione del Polo Sud intrapresa dal capitano inglese Robert Falcon Scott insieme ai suoi quattro compagni Wilson, Bowers, Oates e Evans. A bordo di una baleniera il capitano era partito dall’Inghilterra nel dicembre 1909, raggiungendo il Polo Sud il 18 gennaio 1912. Sulla via del ritorno il piccolo drappello è stato bloccato per oltre due mesi da una tormenta, che ha portato alla morte tutti gli intrepidi esploratori.
MARZO
4 marzo. Il democratico Woodrow Wilson s’insedia alla Presidenza degli Stati Uniti d’America, succedendo al repubblicano William Taft. Wilson è il 28° Presidente degli Stati Uniti.
8 marzo. A Salonicco, viene assassinato il Re Giorgio di Grecia. Fiducioso dell’affetto dei suoi sudditi, il sovrano rifiutava di essere scortato e soleva camminare per le strade fra la gente. Per l’attentatore è stato facile sparargli un solo colpo, che è stato fatale. Quando i greci nel 1863, dopo che era stato deposto Ottone I di Baviera, gli offrirono la corona ellenica, Re Giorgio aveva solo diciotto anni.
9 marzo. Tragico episodio della rivoluzione messicana: il Presidente Madero e il gen. Suarez, fatti prigionieri dai rivoltosi capeggiati da Diaz, vengono uccisi durante il trasferimento in prigione. Nei giorni precedenti, sanguinosi combattimenti erano avvenuti nella capitale davanti al Palazzo del Governo, ove si era asserragliato Madero con i suoi ministri.
17 marzo. Si ha notizia degli straordinari svluppi della radiotelegrafia. Nel South Kensington, in Inghilterra, l’Imperial College ha fatto una nuovissima applicazione del telegrafo senza fili; un minuscolo apparecchio tascabile, che consente di comunicare in un raggio di 15 miglia.
APRILE
6 aprile. Grande risalto viene dato dalla stampa al varo avvenuto a La Spezia della nave da guerra Andrea Doria, quinta della serie di sei grandi navi con cui l’Italia si accinge a fronteggiare le corazzate delle altre nazioni. La potenza dell’apparato motore dell’unità è di 24.000 cavalli,capace di imprimere alla nave una velocità massima di 23 miglia all’ora.
13 aprile. Il Re Alfonso XIII di Spagna subisce un attentato, fortunatamente fallito. Mentre il Re passa in rivista le truppe a Madrid, un anarchico uscito dalla folla afferra le briglie del cavallo e spara contro il Sovrano due colpi di rivoltella. Il cavallo, impennatosi, fa cadere a terra l’attentatore, che viene subito arrestato.
19 aprile. Gli stati balcanici avevano realizzato nel 1912 una serie di accordi in funzione antiturca, che portarono alla Prima Guerra Balcanica, conclusa con la Conferenza di Londra del 17 dicembre 1912. Le condizioni di pace furono però giudicate inaccettabili dall’Impero ottomano, sicché le ostilità ripresero fino a un nuovo armistizio. Dopo la caduta di Adrianopoli, Sciukri Pascià, l’eroico difensore della città, arrendendosi, aveva consegnato la sua sciabola al Generale Ivanoff, che la respinse con le parole: “Tenetela, generale, la vostra sciabola è quella di un eroe”.
MAGGIO
4 maggio. Viene inaugurato a Roma il monumento al poeta dialettale Giuseppe Gioacchino Belli, opera dello scultore Tripisciano. Il modello che ha posato si chiama Antonio Toppi (nella foto), di Anticoli Corrado, un paesino del Lazio divenuto famoso da quando numerosi artisti di Roma utilizzano uomini, donne e bambini di quella contrada come modelli per le loro opere. La scoperta della bellezza degli anticolani è avvenuta grazie alle fioraie che affluiscono a Roma dal loro paese per vendere fiori sulla scalinata di Trinità dei Monti, frequentata da pittori e scultori della vicina via Margutta.
11 maggio. A Roma salta in aria lo stabilimento pirotecnico Marazzi. Il Maresciallo dei Carabinieri Babucci non esita ad affrontare le fiamme per porgere soccorso all’interno del l’edificio, dove una giovane rischiava di rimanere schiacciata da travi pericolanti. Grazie all’audacia del militare la donna viene posta in salvo. All’eroico gesto, la Tribuna Illustrata dedica una copertina a colori.
22 maggio. Ricorre il primo centenario della nascita di Riccardo Wagner, la cui musica vanta molti estimatori nel nostro Paese, in modo particolare a Bologna, città in cui ha soggiornato prima di affermarsi presso i musicologi italiani.
29 maggio. Da quando le associazioni di lavoratori hanno adottato il metodo dello sciopero per ottenere il riconoscimento dei loro giusti diritti, per i Carabinieri è iniziato un ruolo imprevisto, quello di pacificare le opposte tendenze all’interno delle stesse categorie di lavoratori.
29 maggio. Nel Palazzo di Giustizia di Roma, da poco completato, tra i primi ad essere giudicati saranno proprio coloro che lo hanno costruito. La sua laboriosa costruzione e problemi di instabilità hanno suscitato sospetti di corruzione, promuovendo un’inchiesta parlamentare e quindi un processo.
GIUGNO
8 giugno. Sulla stampa illustrata grande risalto viene dato alle nuove uniformi dell’Esercito Italiano e, in particolare, all’adozione del colore grigio-verde. Un analogo aggiornamento è in corso in quasi tutti gli Eserciti europei, nel tentativo di ottenere un aspetto mimetizzante. Gli in-glesi hanno già adottato il color kaki, i russi hanno optato per il kaki-oliva, mentre gli austro-ungarici per il grigio-azzurro. Nessuna preferenza è stata ancora espressa dai francesi. Le nuove uniformi non saranno adottate contemporaneamente dai vari Corpi italiani, in particolare, i Carabinieri le vestiranno nel 1915.
11 giugno. A Costantinopoli viene ucciso il Gran Visir Mahmud Chefket, che in automobile aveva appena lasciato il Ministero della Guerra. Chefket era un esponente dei Giovani Turchi, una setta molto avversata in Turchia peri suoi programmi rivoluzionari. 25 giugno. Lo Stato, che si è sempre riservato la facoltà di intervenire sui contenuti di rappresentazioni pubbliche, offensivi della morale e del buon costume, per iniziativa del ministro Facta emana un’apposita legge che introduce un vero e proprio intervento censorio sulle proiezioni, allo scopo di impedire la rappresentazione di spettacoli osceni o impressionanti o contrari alla decenza, al decoro, all’ordine pubblico e al prestigio delle istituzioni ed elle autorità11 giugno. Il Re Vittorio Emanuele III compie un volo sul dirigibile “P 4”. Alzandosi da Bracciano, l’aeronave presto raggiunge la quota di 400 metri ed effettua un largo volo, volteggiando sopra Anguillara, Trevignano e Bracciano, su cui effettua delle evoluzioni, creando trepidazione nella folla, consapevole dei rischi corsi dal sovrano. Toccando nuovamente il suolo, il re esprime viva soddisfazione.
LUGLIO
6 luglio. Un nobile atto di umanità della principessa Letizia d’Aosta nella Basilica di Superga. Durante un servizio funebre di suffragio, uno dei Carabinieri addetto al servizio d’onore si accascia al suolo per un improvviso malore; la principessa, accortasene, si affretta a soccorrerlo premurosamente.
16 luglio. Continua a suscitare scalpore il ballo di moda a Parigi, il tango. Lo si balla con frenesia nelle case private, nelle sale pubbliche, nei caffè dei boulevards, nelle bettole di Montmartre. Ma oltre che far ballare, il tango fa discutere vivacemente a causa di alcune “figure” giudicate immorali. Il grande problema che tutti si pongono è questo: possono ballarlo anche le fanciulle? Alcuni giornali aprono un’inchiesta al riguardo.
20 luglio. La malavita sarda è agonizzante, grazie all’efficace opera dei Carabinieri. Nelle campagne di Lanusei, in provincia di Nuoro, una banda di malviventi, composta da una quindicina di uomini, saccheggia e uccide senza scrupoli. La paziente opera degli uomini dell’Arma porta alla cattura e al conseguente arresto dei malviventi.
30 luglio. Il Canale di Panama è compiuto, l’oceano Atlantico e il Pacifico, divisi da una striscia di terra di 87 chilometri, uniranno presto le loro acque e il traffico marittimo ne sarà enormemente avvantaggiato. La spesa complessiva per la realizzazione della ciclopica opera viene calcolata in 1900 milioni di lire e in 160 milioni annui, quella della gestione.
AGOSTO
3 agosto. Gli alabardieri svizzeri del Vaticano sono in rivolta. Alcuni loro rappresentanti si recano dal colonnello Repond per protestare contro i sistemi introdotti dal fiero comandante. Le proteste delle guardie svizzere sono causate dagli esercizi militari imposti dal comandante Repond: manovre sui tetti dei palazzi apostolici, esercitazioni in tempi di notte, turni di servizio troppo impegnativi.
10 agosto. È in costruzione la ferrovia direttissima RomaNapoli, che ridurrà a meno di duecento chilometri la distanza tra le due città.
L’opera comprende viadotti, gallerie e soprattutto interventi nella città di Napoli, come il traforo di Posillipo, il cavalcavia di Piedigrotta e un lungo traforo sotto il corso Vittorio Emanuele.
24 agosto. Una pattuglia di donne poliziotte di Chicago opera il suo primo arresto, davanti ad una folla incuriosita, nei confronti di una donna, che esercitava il meretricio. L’adescatrice, presa solidamente per le braccia dalle risolute poliziotte, viene accompagnata a piedi al più vicino posto di polizia.
30 agosto. È in corso di completamento il grande fregio che ornerà la nuova aula parlamentare del Palazzo Montecitorio a Roma. L’opera avrà uno sviluppo di 120 metri e un’altezza di 3,80 metri. L’autore, Aristide Sartorio, si è impegnato a raffigurarvi la storia d’Italia attraverso i secoli, mediante 285 figure, tra uomini e cavalli grandi due volte il vero. Nella foto, sotto, il particolare dell’invasione degli Unni. Il dipinto è su tela applicata alla parete.
SETTEMBRE
1° settembre. I dirigibili italiani vivono un periodo di grande attività. Il P4 ha compiuto evoluzioni notturne sopra Roma prima di un lungo viaggio di dieci ore da Bracciano a Campaldo, presso Venezia. Inoltre, il ministro della Marina, ammiraglio Millo, a bordo dell’M2 ha compiuto un volo da Roma a Civitavecchia e ritorno della durata di due ore. 1° settembre. Il direttissimo RomaNapoli, giungendo nella capitale partenopea, invece di rallentare alla curva di Poggioreale, ha continuato la corsa causando un vero disastro: una delle due locomotive, il bagagliaio e una vettura passeggeri si sono rovesciate, fracassandosi. Sul posto sono immediatamente intervenuti i Carabinieri, che hanno liberato dai grovigli gli sventurati viaggiatori feriti.
4 settembre. Per celebrare il prossimo centenario della nascita di Giuseppe Verdi è stato allestito uno spettacolo senza precedenti all’arena di Verona, con la messa in scena dell’Aida. L’architetto Ettore Fagiuoli ha curato le grandiose scene dello spettacolo, che sono in parte fisse e in parte mobili.
14 settembre. A New York i grattacieli, capaci di ospitare fino a diecimila persone, hanno portato a proporzioni allarmanti l’ingombro della circolazione per le vie circostanti. La rivista “Scientific American” ha ideato una ripartizione del traffico: la strada propriamente detta, destinata ai tram, alle automobili e alle vetture a cavalli; per i pedoni sono riservati i marciapiedi rialzati; i trasporti pesanti e collettivi viaggeranno sottoterra.
OTTOBRE
10 ottobre. In ogni angolo d’Italia viene commemorato Giuseppe Verdi nel centenario della sua nascita. Due monumenti a lui dedicati sono stati inaugurati, uno a Busseto, suo paese natale, e uno a Milano, in piazzale Buonarroti. Per l’occasione, al Teatro alla Scala, il maestro Arturo Toscanini ha diretto magistralmente la Messa da Requiem.
Un’allegoria per il centenario della nascita 10 ottobre. Il Presidente degli Stati di Giuseppe Verdi. Uniti Wilson, premendo un bottone elettrico nel suo studio alla Casa Bianca a Washington, fa scoccare una scintilla a 6000 chilometri di distanza, che va ad accendere una mina da 400 tonnellate di dinamite, il cui scoppio fa saltare l’ultimo diaframma tra l’Oceano Atlantico e quello Pacifico. Il Canale di Panama viene così inaugurato dopo otto anni di colossali lavori, che hanno impegnato circa 40.000 operai e, purtroppo, provocato la morte di centinaia di essi.
Si tratta della “catena di montaggio”, che consente di far scendere il tempo di completamento di una vettura da 12 ore e mezza, a meno di 2 ore, ottenendo così il popolare “Modello T Ford”, alla portata della classe media. Di conseguenza, il prezzo del prodotto finale scende vertiginosamente. Col nuovo sistema, Ford si propone di trasformare i suoi operai nei più pagati del mondo, introducendo la giornata lavorativa di otto ore con salari portati da 2,10 a 5 dollari al giorno.
20 ottobre. La contesa per le imminenti elezioni a suffragio allargato si fa sempre più accesa, particolarmente nel meridione. A Bagnoli, nei pressi di Napoli, i Carabinieri sono dovuti intervenire per comporre un dissidio tra opposte fazioni, che intendevano far valere le proprie opinioni politiche a suon di randellate.
13 ottobre. Convinto che l’auto non sia solo un oggetto di fabbricazione artigianale e dal costo proibitivo, come crede la gente, Henry Ford introduce nella fabbrica di Dearborn un nuovo metodo di lavoro, che permetterà un notevole risparmio di tempo nella produzione.
NOVEMBRE
2 novembre. La “Vergine col Bambino”, il pregevole dipinto del Pinturicchio trafugato dalla chiesa di S. Maria Maggiore di Spello (nella foto), in Umbria, è stato recuperato grazie alle indagini sollecitamente avviate dalla locale Stazione dei Carabinieri. Il quadro, sostituito con una copia, era in procinto di partire alla volta di Londra. I Carabinieri, che lo hanno rinvenuto occultato in una vecchia cassapanca, hanno denunciato il priore Santarelli, il marchese Barnabò, trafficante di quadri antichi, e l’autore della copia, certo Scaramucci. La popolazione ha esultato per il ritrovamento e ha manifestato gratitudine ai Carabinieri. 2 novembre. Prime elezioni politiche a suffragio universale maschile: gli elettori passano da 3 a 8,5 milioni; Giolitti mantiene la maggioranza grazie al voto dei cattolici e alla loro alleanza con i liberali. I socialisti ottengono 79 seggi, i radicali 73, i repubblicani 17, i cattolici 20.
3 novembre. I Carabinieri hanno liberato la zona di Sassari dal pericoloso bandito Sebastiano Pitanu, responsabile di una serie di delitti contro le persone e il patrimonio. Asserragliatosi in un casolare e circondato da una squadra di Carabinieri comandati dal Maresciallo Melis, il bandito ha aperto il fuoco contro i militari che hanno risposto, ferendolo mortalmente.
29 novembre. Ricorre il centenario della nascita del grande editore Giambattista Bodoni. Nel 1789 aveva disegnato un carattere, che porta il suo nome, destinato a costituire il punto di partenza dei caratteri tipografici moderni.
DICEMBRE
1°dicembre. Suscita curiosità la notizia che a Napoli, per supplire all’assenza dei conducenti delle tramvie in sciopero, il Principe di Forino, scortato da un drappello di Carabinieri, si è improvvisato conduttore, in qualità di assessore alla viabilità.
5 dicembre. A Vienna viene rinnovata la Triplice Alleanza, il patto militare difensivo stipulato il 20 maggio 1882 dagli Imperi di Germania, AustriaUngheria e dal Regno d’Italia. Viene aggiunto un protocollo che sancisce il riconoscimento della “sovranità dell’Italia sulla Tripolitania e sulla Cirenaica”.
8 dicembre. In seguito ad un incendio alla centrale elettrica di SaintDenis, Parigi rimane completamente al buio.
12 dicembre. Muore a Trento, Vigilio Inama, filologo, storico, epigrafista, studioso dell’età romana e della Grecia antica. 12 dicembre. L’asso dell’Aviazione francese Roland Garros, dopo aver compiuto la sensazionale trasvolata TunisiTrapaniRoma, stabilisce il nuovo record mondiale di altezza, portandosi con il suo aeroplano a 5.801metri.
13 dicembre. Il porto di Napoli è devastato da un violentissimo incendio. I danni si calcolano in due milioni di lire.
15 dicembre. Terribile disastro ferroviario a Guardia Mangano, frazione di Acireale, in provincia di Catania: due treni, uno merci e l’altro passeggeri, si scontrano frontalmente: si contano 12 morti e 50 feriti.
17 dicembre. Alle ore 15,30 inizia a Londra, alla presenza degli ambasciatori dei Paesi interessati,la Conferenza per la pace nei Balcani.
18 dicembre. Un incendio rade al suolo l’Ateneo di Mons, una delle glorie del Belgio.
21 dicembre. Muore a Parigi Emile Lemoine, matematico francese, noto per i suoi contributi allo studio della geometria del triangolo.