Anche la Carovana internazionale antimafie difende il tribunale lametino
redazione | Il 29, Mag 2012
Magistrati, rappresentanti politici, gente del popolo e migliaia di giovani in piazza per manifestare contro “scelte scellerate” che se non fermate alimenterebbero la forza delle ‘ndrine
di ANTONIETTA BRUNO
Anche la Carovana internazionale antimafie difende il tribunale lametino
Magistrati, rappresentanti politici, gente del popolo e migliaia di giovani in piazza per manifestare contro “scelte scellerate” che se non fermate alimenterebbero la forza delle ‘ndrine
di Antonietta Bruno
Una folla di gente, di magistrati, di forze dell’ordine, di associazioni, rappresentanti politici e, soprattutto, centinaia di giovani desiderosi di potere ancora dare fiducia e ricevere risposte concrete circa il loro futuro in una terra sana e libera di soprusi, ha fatto da cornice all’importante evento lametino in difesa del tribunale della città della Piana. Fulcro della manifestazione alla quale sono seguite e seguiranno ancora tutta una serie di iniziative atte a mantenere il più altro presidio di legalità a Lamezia, e quindi nel cuore della Calabria, l’arrivo in città della Carovana internazionale antimafie. Una “compagnia” di forze giovani che nasce nel 1994 come gesto di non remissione e dalla consapevolezza che non ci si più arrendere neppure dinnanzi al delitto più orrendo.
Un viaggio, il loro, che unisce i territori, che va incontro alle persone e ascolta le loro istanze. Una carovana che ha accettato l’invito a passare la Lamezia e abbracciare la causa in difesa del mantenimento di un palazzo di giustizia che per ovvi motivi, non può e non vede essere trasferito altrove.
Motivazioni giuste e reali che sono state evidenziate nel corso dell’incontro tenutosi con gli studenti lametini presso l’auditorium dell’Istituto magistrale al quale hanno preso parte, tra gli altri, il vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia Luigi De Sena; il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria Michele Prestigiacomo; il coordinatore della Carovana antimafie Alessandro Cobianchi: il presidente dell’Arci Paolo Beni; il prefetto di Catanzaro Antonio Reppucci; il presidente del consiglio regionale della Calabria Francesco Talarico; il presidente della provincia di Catanzaro Wanda Ferro e il sindaco della città di Lamezia Gianni Speranza, anche dal presidente del tribunale di piazza della Repubblica, Giuseppe Spadaro.
E’ stato quest’ultimo che in un lungo intervento con i giovani e la città, a nome personale e per contro dei magistrati lametini ha inteso evidenziare il suo dissenso al provvedimento. “Sono un magistrato e di certo non posso criticare un testo di legge – ha affermato Spadaro – ma nello stesso modo non posso tacere. Non posso non evidenziare che il Consiglio superiore della magistratura e l’Associazione nazionale magistrati desiderano una intelligente rivisitazione della geofagia giudiziaria del nostro Paese”. Una rivisitazione che di certo, non può e non vede comprendere la chiusura di un presidio di legalità in una terra difficile quale Lamezia e la Calabria. “Molti hanno considerato la soppressione come una semplice scaramuccia locale, una questione di campanilismo, un tentativo di fare prevalere interessi locali a quelli nazionali – ha continuato il magistrato – Ma così non è. Io e i miei colleghi siamo scesi qui, oggi, perché è giusto è perché questo tribunale è uno dei pochi in Calabria che corrispondere pienamente ai criteri suppletivi che ne consentono la permanenza. La qualità del contenzioso, la sua centralità, la sua funzionalità e, soprattutto, la presenza di una delle più agguerrite forme di criminalità organizzate ormai radicata nel territorio, imporrebbero l’espansione della nostra circoscrizione, oltre che il potenziamento della struttura, consentendo al nostro tribunale di divenire ufficio accorpante e non accorpato”.
Il tribunale lametino, dunque, non può e non deve essere soppresso, ma soprattutto, non può essere spostato in una provincia, Vibo Valentia, che stando sempre ai dettami dello Stato, potrebbe avere vita breve.
“Tutti sanno che gli Enti intermedi sono state frutto di scelte clientelari e di bassa politica – ha tuonato ancora il presidente del tribunale – tant’è che le vogliono eliminare”. Altro aspetto importante evidenziato poi, un presunto risparmio che di non c’è e non ci potrà essere in caso di soppressione. E questo per due ordini di motivo. L’esistenza di un edificio architettonicamente bello e capiente, e recentemente ristrutturato che già appartiene al Ministero della Giustizia e quindi non al Comune, e la decisione recente del Comune di Lamezia Terme di farsi carico degli oneri economici di un eventuale ampliamento dell’organico del Palazzo di giustizia in questione.
“Basta” dunque “con le false motivazioni e le finte garanzie che servono solo ad ostacolare la giustizia. Basta a revisioni inesatte delle circoscrizioni giudiziarie e delegittimazione dei magistrati”. Il settore giustizia va salvaguardato dalla criminalità così come dalle scelte politiche “incoerenti ed inopportune”. “È giunto il momento storico per questo Paese – si è detto ancora a gran voce – di ritrovare chi lotta per la illegalità. Di chiamare delinquenti e non furbetti di quartiere chi ruba allo Stato. Di non fare i processi nei salotti televisivi ma di potenziarci per poterli fare nelle aule dei tribunali. Di accantonare una classe politico-amministrativa che interloquisce con la malavita. Che consente a questa gentaglia di fare affari e di divenire rappresentanti del popolo. Qualcosa non è andato male nel nostro Paese se abbiamo consentito a quattro straccioni di diventare impresa. La più grossa delle aziende italiane, di fatturare miliardi di euro all’anno”. E poi la grande domanda: “Come è stato possibile tutto questo se non attraverso la convivenza di una fascia grigia intermedia?”.