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TAURIANOVA (RC), SABATO 27 APRILE 2024

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Ai domiciliari il boss Lampada. Potrebbe uccidersi Per il tribunale di Milano il boss Lampada, condannato in appello a 14 anni di carcere, non è compatibile con il regime carcerario né con il ricovero in clinica quindi deve essere mandato ai domiciliari

Ai domiciliari il boss Lampada. Potrebbe uccidersi Per il tribunale di Milano il boss Lampada, condannato in appello a 14 anni di carcere, non è compatibile con il regime carcerario né con il ricovero in clinica quindi deve essere mandato ai domiciliari
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MILANO – In sostanza potrebbe uccidersi, quindi, deve andare ai domiciliari. Questa la decisione del tribunale del Riesame di Milano nei confronti del boss di ‘ndrangheta Giulio Lampada. Secondo i giudici, infatti, la sua «ulteriore permanenza» in «luoghi ritenuti persecutori e vissuti come ostili con molte probabilità» lo «indurrebbe» ad azioni rischiose per la sua «sopravvivenza». Alla base della decisione una perizia psichiatrica.

Giulio Lampada, condannato ad oltre 14 anni in appello per associazione mafiosa, dovrà quindi stare agli arresti domiciliari nella sua villa nel Milanese, perché «incompatibile» sia con il carcere che con la comunità terapeutica dove si trovava.

La notizia del provvedimento è stata diffusa dal ‘Corriere della Sera’ che ha illustrato come nella perizia, disposta dal collegio presieduto dal giudice Paolo Micara e firmata dallo psichiatra Elvezio Pirfo, si legge che Lampada «sulla base di una personalità di tipo narcisistico-istrionica e dell’esistenza di idee prevalenti e dominanti ha sviluppato una sintomatologia depressiva non riconoscibile come malattia in senso stretto ma come un funzionamento psicopatologico».

Secondo il perito, però, «le cure» prestate al boss nella clinica in cui era stato trasferito lo scorso anno non hanno «ottenuto gli effetti attesi» perché il suo «disfunzionamento mentale» si «risolve anche in malattia fisica». Il suo «stato morboso», poi, non è “trattabile» senza «l’adesione al programma di cure» che Lampada invece rifiuta, anche perché si ritiene vittima di una persecuzione. Da qui la concessione dei domiciliari in una villa che il presunto boss ha a Settimo Milanese.