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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 01 MAGGIO 2024

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Agguato a Taurianova, le riflessioni del sociologo Mimmo Petullà

“L’atteggiamento di ostinata normalità, che si coglie in modo particolare in un certo modo di concepire l’associazionismo – laico e cattolico – non solo è indice di convivenza con la disattenzione, ma anche del fatto che le questioni pubbliche del territorio sono decisamente fuori della propria portata”

Agguato a Taurianova, le riflessioni del sociologo Mimmo Petullà

“L’atteggiamento di ostinata normalità, che si coglie in modo particolare in un certo modo di concepire l’associazionismo – laico e cattolico – non solo è indice di convivenza con la disattenzione, ma anche del fatto che le questioni pubbliche del territorio sono decisamente fuori della propria portata”

 

 

Riceviamo e pubblichiamo:

Esprimo indignazione e preoccupazione, per il grave fatto delittuoso recentemente verificatosi. Non è dato sapere in quale contesto esso si collochi, tantomeno quali possano essere i relativi e possibili sviluppi. D’altra parte, per quanto tali aspetti assumano un indubbio rilievo, non sono certamente gli unici a esporsi a un’attenta analisi. Vi è un’altra questione – per taluni versi non meno delicata – che rimanda al più complesso quadro sociale della comunità. Sembra, difatti, che al sinistro fragore dei colpi d’arma da fuoco corrisponda – ancora una volta – l’assordante silenzio della società civile, in ogni sua sostanziale rappresentazione. Eppure basterebbe consegnare la memoria al passato, per rendersi conto che è poco saggio sottovalutare – o rimuovere – episodi di questo genere. L’atteggiamento di ostinata normalità, che si coglie in modo particolare in un certo modo di concepire l’associazionismo – laico e cattolico – non solo è indice di convivenza con la disattenzione, ma anche del fatto che le questioni pubbliche del territorio sono decisamente fuori della propria portata. Non sentirsi provocati, di fronte al violento tentativo di colpire il nucleo primordiale del diritto alla vita – per giunta dietro e dentro la nostra locale geografia – significa avere ormai relegato, come in un mondo sfuocato, l’essere umano. Egli, in una prospettiva antropologica, rappresenta il vero orizzonte di ogni azione politica e culturale, non di meno della dottrina della Chiesa, non solo nel periodo in cui si ritrova annidato in un utero – o in tenera età – ma in ogni istante dell’esistenza: anche quando la sua inalienabilità e inviolabilità sono attentate da organizzazioni delinquenziali. Non sarebbe molto indicato convincersi, nella drammaticità situazionale di tali contingenze, che il vuoto – inevitabilmente generatosi dal tirarsi fuori – sia sempre possibile riempirlo con certi isolati incontri culturali, magari di natura elitaria, tenendo conto che oltre a mettere tra parentesi quanto accade intorno, essi rischiano di tracciare – peggio ancora – confini tra chi è dentro e chi è fuori. Tantomeno si può pensare che la soluzione possa essere affidata alla sovrabbondanza espressiva del sia pur importante clima delle feste, che ciclicamente scandisce – a volte solo nell’ordine del sentimento e delle emozioni – le variegate manifestazioni della pietà popolare. L’inarrestabile frammentazione del tessuto sociale, unitamente alla perdita di riferimenti comuni, impone di affermare che a Taurianova tale complessivo impianto di coesione interna rivela visibili fragilità. Che i commissari straordinari lancino la questione culturale, riprendendo anche il dialogo con le associazioni, che evidentemente vanno incoraggiate a proporre un’interpretazione che non resti estranea alla realtà locale, a partire dall’insistente presenza della criminalità: il tutto in vista dell’avvio dei lavori per la costituzione della consulta. Che la dialettica politica rioccupi la scena pubblica, intercettando e liberando rinnovate energie – da veicolare, possibilmente, con la presenza di volti nuovi – nel tentativo di rendere partecipe la collettività delle questioni, più o meno prospettiche, che si agitano al suo interno. Che le comunità ecclesiali, costituite anche da laici impegnati, promuovano una serie d’incontri interparrocchiali – tra l’altro benaccetti dal Magistero – che consentano di condividere, nel rispetto delle storie e delle domande differenti, una spiritualità della comunione, ma anche d’individuare specifici e prassici percorsi, volti alla costruzione di un progetto pastorale più organico e più coinvolto dentro le problematiche del territorio. Anche questa impostazione si configura – alla luce del Vangelo – come un’essenziale espressione di evangelizzazione. Quantunque si abbia contezza che il male non conosca confini, è piuttosto difficile – a oggi – capire quale altro accadimento debba fare irruzione nella nostra realtà, perché questo cammino di rinnovamento possa essere in qualche modo intrapreso.

Mimmo Petullà