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A Reggio si ricorda Jorge Luis Borges

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di Caterina Sorbara

Domani a Reggio Calabria, nella Sala di San Giorgio al Corso alle ore 18, l’Associazione Culturale Anassilaos, in  occasione del  30° anniversario della scomparsa di Jorge Luis Borges (1899-1986) il grande scrittore, saggista, critico e poeta argentino, terrà un incontro avente come tema: “Il dovere di uno scrittore è quello di incontrare la propria voce – La scrittura, come tutti gli atti trascendentali della vita, è un atto d’amore”.

Relazionerà  Eva Gerace, argentina, psicologa,  specialista in psicologia clinica, già docente universitaria, che  ha lavorato in diversi servizi Ospedalieri ed Istituzioni Psicoanalitiche in Argentina, Colombia e Italia.

Una studiosa capace dunque di  cogliere la complessità di uno spirito inquieto  e le contraddizioni di un artista e della sua opera.

Apprezzato da un giovanissimo sacerdote argentino (oggi Papa Francesco) che nel 1966 lo invitò a tenere delle lezioni ai suoi giovanissimi allievi, dotato di una ricchissima cultura letteraria e filosofica  di matrice europea, composta ed estremamente “pudica e reticente”,  estranea alla vitalità di un Argentina “irrazionale” che negli anni di Peron creava il mito di Evita,  capace di affrontare con estrema raffinatezza linguistica e formale diversi generi letterari, dalla poesia alla prosa fino alla saggistica, l’opera di Borges, agnostico e non ateo,   è stata sempre  imperniata a ricercare il significato profondo dell’esistenza, attenta e aperta alle contraddizioni dell’esistenza. Figlio del grande paese latino-americano Borges ne ha attraversato la difficile storia,  a partire dalla dittatura populista di Peron degli anni Quaranta e Cinquanta  – e della ancor oggi mitica Evita – da lui sempre avversato al punto da essere destituito nel 1946 dal suo ufficio di assistente bibliotecario, ricoperto dal 1937, per aver firmato un manifesto critico contro il dittatore. Soltanto alla caduta di questo nel 1955 fu nominato conservatore della Biblioteca centrale di Buenos Aires, incarico da cui si dimise, dopo il ritorno di Perón, nel 1974. Allorquando i militari posero fine con un colpo di stato alla presidenza della debole   Isabelita Peron, Borges si espresse favorevolmente verso la dittatura militare di Videla che, a suo modo di vedere, aveva messo fine al caos politico ed amministrativo. Soltanto quando conobbe il dramma dei desaparecidos e la pratica abituale della tortura da essi praticata prese le distanze dalla giunta. In questo egli fu la vittima di un Paese che oscillava costantemente  tra populismo, propositi  rivoluzionari fuori dal tempo e dalla storia, dittature militari senza riuscire a trovare una normalità politica che era poi l’aspirazione di Borges. Si dice che tali sue prese di posizione  “politiche” siano costate al grande scrittore il Premio Nobel per la Letteratura ma a ben vedere la storia del premio e l’elenco degli insigniti, alcuni dei quali oggi quasi meritatamente sconosciuti, si può bene affermare che Borges avrebbe illustrato il premio e non viceversa.