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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 12 DICEMBRE 2024

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A Locri per ricordare Francesco Fortugno Gratteri ai giovani: "Combattete le mafie studiando". Irto: "Onorare la memoria di Francesco Fortugno"

A Locri per ricordare Francesco Fortugno Gratteri ai giovani: "Combattete le mafie studiando". Irto: "Onorare la memoria di Francesco Fortugno"
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“Nessuno può chiamarsi fuori dalla lotta alla criminalità organizzata perché con l’indifferenza e il disimpegno non si possono certo affermare valori come legalità e democrazia”. A Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria ucciso a Locri il 16 ottobre del 2005, si deve questo pensiero riportato nel video che ha chiuso, nell’aula magna del liceo “Mazzini” di Locri, l’evento in ricordo del politico calabrese barbaramente assassinato. La manifestazione, che si è svolta alla presenza di moltissimi studenti, è stata organizzata nell’ambito del progetto “Il cammino della legalità: creatività, socializzazione e impegno contro le mafie”. Presenti Maria Grazia Laganà Fortugno e i figli Anna e Giuseppe, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e l’ex componente della commissione parlamentare Antimafia Angela Napoli. L’incontro, moderato dal direttore editoriale di Agv Il Velino Paolo Pollichieni, si è aperto con i saluti del dirigente dell’istituto Francesco Sacco, del sindaco di Locri Giovanni Calabrese e del presidente del Consiglio regionale della Calabria Nicola Irto.

“Crediamo che la testimonianza di impegno e l’esempio  – ha evidenziato il dirigente Sacco – siano per i nostri ragazzi preziosa linfa di cultura e riscatto. La scuola deve educare e guidare i ragazzi alla conquista della libertà”.

“Ci stringiamo alla famiglia Laganà Fortugno – ha sottolineato il sindaco Calabrese – per ricordare Franco e con loro ricordiamo anche le sue battaglie per la sanità e per una Locride migliore. Domani sarà siglato un protocollo che rivitalizza l’impegno assunto dalla Regione all’indomani dell’uccisione di Fortugno, perdestinare ingenti risorse alla città”.

“Ricordiamo oggi un uomo delle Istituzioni  – ha evidenziato il presidente Irto ­ucciso dalla barbarie mafiosa. Quanto avvenuto il 16 ottobre di undici anni fa ha rappresentato un pesante attacco al cuore delle Istituzioni, motivo per il quale ricordare Francesco Fortugno, qui oggi proprio con i giovani,  costituisce anche un dovere morale. La memoria degli uomini giusti tiene accesa la fiammella della speranza”.

Maria Grazia Laganà Fortugno non ha mancato di sottolineare una serie di criticità che ancora oggi esistono: “Dalla sanità all’isolamento del nostro territorio, i problemi generano sfiducia. Dobbiamo combattere la ‘ndrangheta e le disuguaglianze della nostra società, per contrastare l’emigrazione dei giovani e per dare ai ragazzi libertà e speranza. La politica deve compiere uno scatto in avanti, dando risposte ai territori ma anche assumendo un atteggiamento intransigente verso le mafie, come faceva mio marito Franco, le cui denunce sono facilmente accessibili perché agli atti del Consiglio regionale”.

“Voi potete combattere la criminalità organizzata studiando. La questione culturale – ha spiegato il procuratore Gratteri  – che oggi si pone come elemento integrante della lotta alle mafie unitamente all’azione giudiziaria, in realtà è successiva ad un’altra grande questione che è quella dell’istruzione, dello studio e dell’apprendimento della lingua italiana, della storia, delle geografia e della filosofia. Oggi paghiamo ancora lo scotto di classi docenti laureatasi negli anni Settanta con la pistola sul tavolo. A vostra disposizione deve esserci l’opportunità di studiare e di imparare per essere veramente liberi. Cercate di volare alto e vigilate su chi vi parla di legalità. Non è etico chiedere soldi pubblici per manifestazioni antimafia”.

“La parola legalità oggi è molto abusata – ha sottolineato l’ex parlamentare Angela Napoli – ed è importante che voi giovani puntiate e crediate ancora nella meritocrazia per perseguirla nei fatti. Molti ne parlano senza rispettarne il contenuto. Il cammino della legalità è nella sua essenza un percorso concreto in cui l’osservanza dei doveri e il riconoscimento dei diritti viaggiano insieme”.

Il direttore Pollichieni, che ha espresso anche parole di incoraggiamento per il procuratore aggiunto di Cosenza Marisa Manzini attaccata da un boss in video conferenza, ha poi dato la parola agli studenti per le domande. L’evento si è conclusocon la proiezione del video su Francesco Fortugno e con l’inaugurazione della mostra fotografica “Uno scatto per la legalità” che resterà allestita presso il liceo.

La commemorazione di Francesco Fortugno proseguirà domani domenica 16 ottobre. Alle ore 10 a palazzo Nieddu del Rio avrà luogo la deposizione della corona da parte delle Istituzioni dello Stato, alle ore 10.30 sarà celebrata la Santa Messa nella Cappella dell’Ospedale di Locri e alle 11.30 al cimitero sarà deposta della corona da parte della Regione Calabria. Saranno presenti il presidente del Consiglio regionale della Calabria Nicola Irto, il presidente della Regione Mario Oliverio e il capo della Polizia Franco Gabrielli. A seguire presso il comune di Locri sarà sottoscritto il nuovo protocollo di applicazione della cosiddetta “Legge Fortugno”, che prevede finanziamenti per 38 milioni di euro. Firmeranno il sindaco di Locri Giovanni Calabrese, il presidente della Provincia Giuseppe Raffa e il governatore Mario Oliverio.

Nicola Irto

“Onorare la memoria di Francesco Fortugno non è solo un dovere istituzionale nei
confronti della figura del Vicepresidente del Consiglio regionale che, 11 anni fa,
fu vittima del più grave delitto politico-mafioso della storia calabrese e uno dei
più gravi della storia d’Italia. E’ anche nostro dovere di cittadini ricordare una
persona perbene uccisa dalla barbarie della ‘ndrangheta che, assassinando Fortugno,
ha assestato un colpo durissimo al cuore della democrazia calabrese”. Lo ha affermato
il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Nicola Irto, intervenendo a
Locri all’iniziativa organizzata per commemorare il vicepresidente dell’Assemblea
legislativa, assassinato il 16 ottobre 2005.
Irto ha sottolineato l’importanza del coinvolgimento dei giovani, perché “la battaglia
per la legalità può essere vinta solo partendo dalle giovani generazioni. Serve un’incisiva
azione culturale, che accompagni l’azione repressiva, condotta con professionalità,
senso dello Stato e generosità dalla magistratura e dalle forze dell’ordine”. Il
rappresentante di palazzo Campanella ha richiamato la necessità di un “patto che
ciascuno di noi, all’interno delle Istituzioni, deve assumere e rispettare, nel nome
di Fortugno, a salvaguardia dell’ordinamento democratico e a promozione del principio
di legalità”. Poi ha sostenuto che “la politica deve fornire un maggiore contributo
al comune impegno contro la criminalità organizzata. Un contributo che non può limitarsi
alle petizioni di principio, ma che passa da atti concreti. Lo dico da presidente
di quel Consiglio regionale che il 16 ottobre 2005 è stato ferito, violato, aggredito
con ferocia dai poteri oscuri e criminali che decisero, pianificarono ed eseguirono
l’uccisione di Francesco Fortugno”.
Secondo Nicola Irto, “la crisi dei partiti politici, acuitasi negli ultimi 15 anni,
specialmente nel Mezzogiorno, ha portato alla deriva una larga parte delle classi
dirigenti locali, come una nave diretta contro un iceberg e completamente fuori controllo.
Dobbiamo riprendere il timone. Ma per correggere la rotta, occorre ripudiare la mafia,
pubblicamente e con forza, e rinunciare a quel consenso condizionato dalle mafie,
che inquina la sorgente della democrazia, avvelenando i frutti della politica e delle
istituzioni. Perché tale consenso limita la libertà di tutti noi e rende la nostra
collettività schiava di una sparuta minoranza a causa della quale oggi siamo così
in crisi”. Parlando al cospetto di una platea di studenti, Irto ha chiesto di promuovere
“la diffusione della cultura della legalità, che accresce la consapevolezza dei ragazzi
e fornisce loro gli strumenti per scegliere il bene e non il male, per andare nella
direzione dell’interesse comune e non dell’egoismo individuale o di gruppo”. Irto
ha concluso ringraziando “chi continua a custodire la memoria di Franco Fortugno,
perché la memoria dei giusti è l’ossigeno che alimenta la fiamma della speranza,
di cui abbiamo tutti bisogno”.

Maria Grazia Laganà Fortugno

Autorità, signore e signori, amici, carissimi ragazzi,

vi rivolgo innanzitutto il mio saluto e il mio ringraziamento per essere presenti a questa iniziativa organizzata per commemorare Franco.

Ancora oggi, mi consola che in tanti si mobilitino per onorare la memoria di mio marito, ucciso da mano mafiosa undici anni fa.

Soprattutto, è motivo di conforto vedere, come ogni anno, tantissimi giovani, che sono la nostra speranza.

Nel rievocare il dolore più grande della mia vita e di quella dei miei figli, è come un balsamo la presenza di voi studenti: con la vostra vitalità, i vostri sogni, i vostri progetti, i vostri sorrisi.

“Ex malo bonum”, ammoniva Sant’Agostino.

Ed è la verità. Perché il sacrificio di Franco – mi ripeto ogni volta che ho l’opportunità di parlare davanti alla nostra migliore gioventù – non è stato vano.

Il sacrificio di Franco, infatti, ha ridestato la coscienza sociale sopita in Calabria e ha contribuito a sedimentare, in un’intera generazione di studenti, il “senso della legalità” che forse non aveva mai avuto modo di svilupparsi nelle generazioni precedenti.

Purtroppo, bisogna riconoscere che non tutti i raccolti successivi a quel tragico 16 ottobre 2005 hanno portato gli stessi, buoni frutti.

L’impegno contro le mafie non è un campo che può essere messo a maggese.

Va coltivato quotidianamente, con impegno, con dedizione esclusiva, con serietà, con attenzione.

E’ ciò che fa – consentitemi di dirlo – incessantemente, ormai da molti anni, il procuratore Gratteri, che ringrazio per la sua presenza, così come ringrazio due altre autorevoli personalità come l’onorevole Napoli e il direttore Pollichieni.Sentimenti di gratitudine rivolgo anche al padrone di casa, il dirigente scolastico prof. Sacco, al sindaco della Città, Giovanni Calabrese, e al presidente del Consiglio regionale, Nicola Irto, la cui attenzione verso la memoria di Franco non è puramente formale, ma assolutamente sostanziale.

Mi sia concesso, inoltre, ricordare la personalità che più di ogni altra, in questi anni, è stata unpunto di riferimento per tutti noi. Una figura altissima delle Istituzioni, che nel momento più difficile ci ha trasmesso una vicinanza umana fuori dal comune e ci ha fatto sentire l’effettiva presenza dello Stato: il presidente Carlo Azeglio Ciampi, che ci ha da poco lasciati, e al quale anche oggi va il nostro deferente, grato, commosso pensiero.

Quest’anno si è rinsaldato il rapporto con il mondo della scuola: con il Ministero dell’Istruzione e, in particolare, con questo istituto, il liceo Mazzini, che è protagonista di un progetto che reputo molto significativo: quello dell’avvio di un percorso che coinvolge gli studenti sul tema della legalità e della libertà d’informazione, bene prezioso da cui dipende la qualità della democrazia in Italia e in ogni altro Paese.

Già, la democrazia.

Non una semplice forma di Stato, ma un valore assoluto su cui oggi ritengo giusto spendere qualche parola.

Mi domando quale sia l’idea di democrazia che stiamo trasferendo ai nostri ragazzi. Una democrazia strillata, sguaiata, offensiva, superficiale.

Una democrazia apparente, condizionata dall’affacciarsi di poteri extrapolitici, dichiaratamente criminali e non, che arriva ad essere addirittura svuotata di senso.

Ci si interroga sulla rappresentatività delle leggi elettorali, ma non ci si sofferma sul perché ormai la metà dei cittadini sia talmente tanto sfiduciata da appartenere in pianta stabile alla schiera di coloro che non si recano alle urne. La metà del Paese, con il proprio silenzio e la propria assenza, segnala una protesta profonda, reale, molto più preoccupante della protesta “urlata”. In tempi di battaglie a colpi di sondaggi, sarebbe bene dedicare più attenzione a qual è il livello della fiducia che i cittadini ripongono nella Politica e nelle Istituzioni.

Nel frattempo, si continua a emigrare. Sempre di più, e non solo da giovani. Lo scorso anno oltre 100mila italiani hanno fatto la valigia per trasferirsi all’estero; è una condizione che noi conosciamo, essendo figli di una terra di emigrati, che ha “polverizzato” la comunità calabrese nei cinque continenti. Eppure, siamo anche terra di accoglienza. Queste coste continuano a ricevere e abbracciare chi cerca una terra promessa e sfugge alle persecuzioni, alle guerre, alla paura, alla povertà.

L’Italia è la frontiera più avanzata dell’accoglienza, ma è anche un pezzo d’Europa che su questo versante viene cinicamente abbandonata a se stessa. Se le istituzioni italiane non brillano, quelle europee vengono considerate lontanissime, quasi evanescenti.

Tutto questo avviene in un mondo globalizzato, in cui si stanno aggravando le disuguaglianze sociali ed economiche, di fronte alle quali però si acuisconoegoismi e paure. Lo ha più volte denunciato Papa Francesco, che contro la “globalizzazione dell’indifferenza” ci sollecita a usare l’antidoto delle “opere di misericordia”, nell’anno giubilare che si avvia alla sua fase conclusiva.

Vedete, ragazzi, la disuguaglianza è un nemico che dobbiamo combattere al pari della ‘ndrangheta. Un nemico subdolo, che si nasconde ai nostri occhi ma che alimenta gli odi e le guerre.

Disuguaglianza tra la parte ricca e la parte povera del mondo, ma anche disuguaglianza dentro la nostra società, nelle nostre regioni, nelle nostre città.

Mentre ciò avviene, mentre questo male consuma dall’interno le comunità nelle quali viviamo, i problemi concreti restano drammaticamente irrisolti.

Finalmente arriveranno i fondi della cosiddetta “Legge Fortugno”, 38 milioni di euro per diversi interventi sul territorio, per effetto della rimodulazione del protocollo che sarà sottoscritta domani da Regione, Provincia e Comune. Risorse importanti, che potranno rappresentare una goccia nel mare delle necessità di questa terra che ha bisogno di speranza.

Tuttavia, nella Locride, continuiamo a fare i conti con la crisi economica, con la mancanza di sbocchi occupazionali per i giovani, con l’isolamento nei trasporti, con la mancanza di infrastrutture, con il dramma di una sanità che non può ammettere più sprechi ma non può essere sottoposta a misure draconiane e tagli inaccettabili.

Il diritto alla Salute è un bene costituzionalmente tutelato. Non garantire quel diritto significa alimentare le disuguaglianze, favorendo così la rabbia sociale e la sfiducia nelle istituzioni, in un corto circuito che finisce per rafforzare l’idea dell’anti-Stato e svilire quella dello Stato.

E proprio sulla sanità, anche alla luce di quanto emerge da alcune indagini in atto a Locri, potrebbe essere utile “accendere un faro”, facendovi ricadere un fascio di luce proveniente dagli organismi d’indagine parlamentare.

In questo quadro, emerge l’esigenza di uno scatto della Politica. Quella con la P maiuscola, che per mio marito Franco era fatta di visione del futuro e di risposte ai bisogni dei territori, di grande umanità ma anche di intransigenza di fronte all’illegalità, come gli atti da lui prodotti in Consiglio regionale testimoniano inequivocabilmente.

Così, è inevitabile chiedere alla politica un “di più” di impegno sul fronte della legalità. Quanto è emerso dalle indagini degli ultimi mesi, al di là delle responsabilità personali, è uno spaccato sconcertante del rapporto perverso tra la politica e forze oscure e mafiose. Una relazione che indebolisce i partiti, inquina le istituzioni e cancella speranze e libertà.

Ma voi, ragazzi, è di speranza e libertà che dovete nutrire il vostro futuro. Abbiate dunque sempre la schiena dritta, non cedete alle lusinghe del facile guadagno o del facile consenso, non abdicate ai vostri valori e ai principi con cui siete cresciuti.

Seguite la strada più giusta, non quella più breve. Così costruirete la vostra vita sulla roccia della legalità e della cultura, e non sulla sabbia di un effimero benessere.

È con questi valori che Franco ha allevato i miei figli, ed è ad essi che vi chiedo di volgere lo sguardo, con fiducia e speranza.

Grazie.

Aldo Pecora

“Ricorre anche quest’anno l’anniversario
dell’omicidio di Franco Fortugno, avvenuto a Locri il 16 ottobre del 2005,
ed anche quest’anno il nostro movimento, nato proprio come risposta dei
giovani calabresi a quella barbarie mafiosa, celebra privatamente questa
memoria, lontano dalle celebrazioni ufficiali e dai riflettori”.
Lo ricorda in una nota Aldo Pecora, fondatore e presidente del movimento di
giovani antimafia calabresi che nacque all’indomani dell’omicidio Fortugno,
e che prese il nome dal famoso striscione che fu esposto da Aldo Pecora ed
altri ragazzi ai funerali del vice presidente del Consiglio regionale della
Calabria, che riportava la sfida ai mafiosi ‘E adesso ammazzateci tutti’.
“Tanto è cambiato da quel giorno – continua Pecora – sia in Calabria, dove
è finalmente nata e si è consolidata una nuova coscienza antimafia,
specialmente tra i giovani, sia nell’immagine che da quel giorno la
Calabria ha avuto in Italia, come hanno testimoniato tutti i maggiori
organi di informazione nazionali ed esteri. Ed anche la mia vita è stata
sconvolta da quell’evento, e dall’impegno personale che ne è scaturito, a
cui ho dedicato tutti gli anni della mia giovinezza”
“L’unica cosa che non è cambiata per me da quel giorno – insiste Aldo
Pecora – è la volontà di fare strada ad una nuova mentalità antimafiosa
senza farmi strada. Una scelta che mi è costata una vita più che austera,
proprio perché sapevo che rappresentavo un esempio per moltissimi ragazzi.
Ma anche una scelta che ha fatto stizzire chi su quella morte voleva
lucrare carriere politiche e professionali e vantaggi economici, e che
trovando nel paragone un fastidio insopportabile non ha mai perso occasione
di tentare di farmela pagare con aggressioni di ogni specie, che non hanno
risparmiato neanche la mia famiglia”.
“Ma noi siamo ancora qui, anno dopo anno – conclude Aldo Pecora – a schiena
dritta davanti alla tomba di Franco Fortugno, orgogliosi di non averla
utilizzata come scalino per carriere politiche, professionali, o per
vantaggi economici personali. Le nostre mani sono rimaste pulite come
allora, ed il nostro sguardo è cristallino come quella sera che piangevamo
Franco. In questa terra dove si muore di mafia, ma di antimafia a volte si
campa, e pure bene, c’è chi crede di averci fatto terra bruciata intorno, e
invece non sa quanto noi siamo fieri ed orgogliosi di esibire la nostra
diversità. Ed i calabresi onesti ce ne stanno già dando atto.”.