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TAURIANOVA (RC), VENERDì 29 MARZO 2024

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25 anni dopo Capaci, Palermo chiama e Polistena risponde Una strage che non ha seppellito le coscienze. A Polistena la manifestazione di Libera con la presenza del vicepresidente della Giunta regionale Antonio Viscomi perché «nessuno ha il diritto di dimenticare»

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di Giuseppe Campisi

Polistena – Anche Polistena ha voluto dare il proprio contributo alla memoria nel giorno del 25° anniversario della strage di Capaci e lo ha fatto con una cerimonia pubblica tenuta presso Piazza della Repubblica facendo leva sulle testimonianze di coscienze impegnate, forgiate dall’esperienza della bruttura del fenomeno mafioso, e di quanto ancora ci sia da fare per sconfiggerlo in maniera definitiva. “Capaci di ricordare, Capaci di impegnarci” non è stato solo uno slogan ma un momento serio di riflessione e di sprone rivolto in particolar modo alle giovani generazioni destinatarie del messaggio di contrasto alle mafie e depositarie di una speranza nuova.

Di «possibilità di emancipazione del territorio proprio attraverso la testimonianza» ha parlato Giuseppe Politanò, consigliere comunale ed attivista di Libera nel presentare la manifestazione patrocinata dalla stessa associazione contro le mafie assieme al Servizio Civile Nazionale della Parrocchia di Santa Marina Vergine e con la partecipazione dell’ Istituto Comprensivo “Jerace” che, anche grazie alla bravura dei giovani musicisti della sua orchestra, ha offerto un significativo intermezzo musicale. Il sindaco Michele Tripodi ha ricordato il ’92 come anno terribile che comunque ha prodotto «un sentimento di rabbia, di indignazione crescente che ha portato una voglia di ribellione che ha fatto dei progressi».

E se «la mafia ha cambiato forme e metodi in maniera veloce – ha proseguito – anche le istituzioni non sono state da meno» perché «la lotta alla mafia non appartiene solo a magistrati e forze dell’ordine ma a tutti» in quanto «i cittadini devono fare la loro parte nell’interesse collettivo» in quella che è di fatto una «battaglia civica» ha quindi concluso Tripodi.

Incisivo l’intervento di don Pino Demasi, referente di Libera per la Piana di Gioia Tauro. «Palermo chiama e Polistena risponde» è stato l’incipit del presule che ha voluto ricordare trattarsi di «una chiamata che viene da lontano, dal 23/05/92» perché «ci sono date che segnano un prima ed un dopo». Il ricordo di una strage di innocenti, di persone che «hanno creduto nello Stato» per «un riscatto che richiede ogni giorno nuovo impegno».

E se la certezza che «le mafie ci sono ancora, sempre pronte a riemergere» ciò deve non far abbassare la guardia poiché «nessuno ha il diritto di dimenticare» ha spiegato don Demasi. Impegno, scelte di vita nel quotidiano contrasto all’attività mafiosa devono servire a «coltivare memoria e scuotere le coscienze». C’è bisogno di un «noi capace di cambiamento, di istituzioni giuste e comunità responsabili» – ha proseguito – spiegando che «la mafie si alimentano di povertà, disperazione ed ignoranza».

E’ questo il «tempo delle scelte nette per costruire un paese normale» dove i protagonisti siano i giovani a cui vanno «garantiti gli strumenti necessari per realizzarsi» mentre il passaggio conclusivo il sacerdote lo ha riservato per i ringraziamenti a Roberto Di Bella, Presidente del Tribunale dei minori di Reggio Calabria, ed al suo impegno nell’allontanare i figli dei boss dai loro familiari. Il dirigente scolastico Francesco Bagalà ha ricordato l’importanza nelle scuole di educare alla legalità perché «è compito della scuola far vivere i valori su cui si basa una società sana.

Una scuola inclusiva, che possa far risvegliare le coscienze per essere cittadini consapevoli di questo Paese» mentre la chiusura è stata affidata alle parole del vice presidente della Giunta Regionale Antonio Viscomi che veicolato  il suo intervento basandolo su tre punti qualificanti: il riconoscersi come comunità «per sostituire la parola interesse con inter essere, riscoprendo il senso dello stare insieme»; domandarsi «da che parte stai?, per sostituire il noi collettivo all’io individuale trasformando il ricordo in impegno»  perché «il costo di stare dalla parte sbagliata è altissimo» ed infine riscoprire «il senso del servizio, il senso dello Stato ed il senso del dovere» per essere tutti parte integrante del cambiamento specie in questa regione nella quale si «è ad un bivio: o cambiamo o scendiamo in picchiata».