Grazie al prezioso aiuto di un esperto in materia, l’*Avv. Maurizio Villani*, di
seguito pubblichiamo un vademecum a sua firma, che elenca pratici consigli su come
difendersi dagli studi di settore. La Corte di Cassazione ha affermato, con orientamento
consolidato, che i parametri o studi di settore, rappresentando la risultante dell’estrapolazione
statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti
e dalle relative dichiarazioni, rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato,
integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento
analitico-induttivo, ex art. 39, comma 1, lett. d, del DPR n. 600 del 1973. Lo studio
di settore deve essere necessariamente svolto in contraddittorio col contribuente,
sul quale, nella fase amministrativa e, soprattutto, contenziosa, incombe l’onere
di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza
delle condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti
cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività
economica nel periodo di tempo in esame, sì da giustificare un reddito inferiore
a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario
standardizzato. All’ente impositore fa carico, invece, dimostrare l’applicabilità
dello standard prescelto al caso concreto oggetto di accertamento, con le ragioni
per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente (S.U.
n. 26635 del 2009; n. 14288 del 2016; n. 3415 del 2015; n. 12631 del 2017). L’esperimento
del contraddittorio col contribuente e la puntuale valutazione delle relative risultanze
costituiscono, dunque, elementi essenziali ed imprescindibili della validazione,
da parte del giudice, dell’accertamento fiscale basato sugli studi di settore, in
quanto l’elaborazione statistica dei parametri, di per sé soggetta alle approssimazioni
proprie dello strumento statistico, deve essere adeguata alla realtà reddituale
del singolo contribuente, solo così potendo emergere gli elementi idonei a commisurare
la presunzione alla concreta realtà economica dell’impresa. Con la conseguenza che
la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello
scostamento dagli studi di settore, ma deve essere integrata, anche sotto il profilo
probatorio, con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate
dal contribuente in sede di contraddittorio, soltanto così potendo emergere la gravità,
precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sugli studi di settore
e la giustificabilità di un onere della prova contraria a carico del contribuente
(Cass. n. 27822 del 2013).La giurisprudenza di merito, confermata dalla Corte di
Cassazione con i principi sopra esposti, ha così ritenuto direttamente riconducibile
all’accertamento presuntivo basato sugli studi di settore anche la determinazione
della percentuale di ricarico, senza valutare le giustificazioni addotte dalla ricorrente
e le circostanze ed elementi di fatto proposti per dimostrare l’eventuale allontanamento
della sua attività dal modello normale, incorrendo così in un evidente vizio logico
ed in un sostanziale travisamento degli oneri probatori gravanti ex lege sulle parti.
Ciò in quanto l’accertamento basato sugli studi di settore non può esaurirsi nel
mero rilievo dello scostamento del reddito dichiarato rispetto ad essi, ma deve essere
integrato (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state
disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio,
solo così emergendo la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione
basata sui suddetti studi di settore e la giustificabilità di un onere della prova
contraria (ma senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente
(Cass. n. 15633 del 2014; n. 27822/2013; n. 25929/2017). La giurisprudenza di merito,
confermata dalla Corte di Cassazione con i principi sopra esposti, ha così congruamente
motivato, dando rilievo ad una serie di elementi forniti dal contribuente, idonei
a superare le presunzioni dell’accertamento basato sugli studi di settore, quali:
l’assenza di irregolarità contabili per quanto attiene alla fatturazione dell’attività
espletata; il contesto economico-sociale degradato, con conseguente ridotta capacità
di guadagno compatibile con il reddito dichiarato; la clientela con scarse capacità
reddituali; la mancanza di indizi di evasione fiscale non enunciati nella parte motiva
dell’accertamento. I contribuenti, evidenzia Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello
dei Diritti [1]”, possono contestare gli studi di settore citando la suddetta
giurisprudenza della Corte di Cassazione.