Lo scorso 10 agosto un rom venne ridotto in fin di vita per odio razziale
di ROSARIA MARRELLA
Vibo Valentia: arrestato il figlio del boss Mancuso, aggredì un romeno
Lo scorso 10 agosto un rom venne ridotto in fin di vita per odio razziale
di Rosaria Marrella
Alle prime luci dell’alba di oggi gli uomini della Compagnia Carabinieri di Vibo Valentia, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo, hanno dato esecuzione a 2 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip presso il Tribunale di Vibo Valentia nei confronti di Luigi Mancuso, di 19 anni – figlio di Giuseppe Mancuso (62 anni), esponente di spicco della nota famiglia criminale di Limbadi, attualmente detenuto e considerato uno dei vertici del sodalizio criminoso noto in tutta Italia ed anche all’estero – e Danilo Pannace, (18 anni), entrambi residenti a S. Gregorio D’Ippona, ben noti alle forze dell’ordine e ritenuti responsabili, in concorso, di tentato omicidio aggravato. I provvedimenti restrittivi sono stati emessi a conclusione di una serrata attività di indagine svolta dagli uomini della Stazione Carabinieri di S. Gregorio D’Ippona, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Vibo Valentia, che ha consentito di acclarare come i due, la notte del 10 agosto scorso, in una delle strade principali del piccolo centro alle porte del capoluogo di provincia, al culmine di una lite per futili motivi con un cittadino rumeno residente a S. Gregorio D’Ippona, lo aggredirono colpendolo più volte al volto ed alla testa con un mattone e, una volta che questi era stramazzato a terra, infierirono su di lui con calci e pugni sino a ridurlo in fin di vita. Estremo gesto di una violenza che vedeva il bracciante agricolo vittima degli insulti, delle minacce e delle persecuzioni dei due già da mesi. La vittima, in quella circostanza, immediatamente soccorsa da alcuni passanti, fu ricoverata per alcuni giorni, in prognosi riservata, priva di coscienza ed in condizioni disperate, con vaste lacerazioni alla scatola cranica, al volto ed al torace, presso l’ospedale di Catanzaro, prima di riuscire a svegliarsi ed a raccontare, tra i dolori per le ferite subite, l’incredibile vicenda che si era svolta sotto gli occhi di decine di cittadini troppo terrorizzati per intervenire e fermare il pestaggio. Le indagini hanno anche accertato come i due, al fine di evitare che qualcuno potesse raccontare l’accaduto, abbiano minacciato, in diverse circostanze, anche i testimoni della vicenda, alcuni dei quali, per paura di ritorsioni, hanno deciso di fuggire all’estero. Gli investigatori hanno anche accertato come il tentato omicidio sia stato solo l’ultimo di una infinita serie di soprusi, minacce e vere e proprie spedizioni punitive poste in essere dai due ai danni della piccola comunità rumena di S. Gregorio che, per mesi, è stata ostaggio della violenza del Mancuso e del
Pannace che, facendosi forti della loro vicinanza alla consorteria criminale limbadese da cui si ritenevano protetti, hanno seminato il terrore nel piccolo comune ponendo in uno stato di costante soggezione e timore i molti cittadini stranieri ivi residenti. Cittadini costretti a subire ogni genere di sopruso ed umiliazione. Fondamentali per le indagini sono stati i riscontri incrociati effettuati dai Carabinieri che hanno consentito di costruire un quadro accusatorio preciso e solido in capo ai due soggetti. Per l’arresto gli uomini della Compagnia Carabinieri di Vibo Valentia, sotto le direttive della Procura della Repubblica, data la caratura criminale dei due e la loto nota pericolosità, hanno messo in campo un vasto spiegamento di forze circondando le abitazioni del Mancuso e del Pannace e blindando letteralmente la zona al fine di tagliare loro qualsiasi via di fuga e stroncare sul nascere qualsiasi tentativo di resistenza. Una volta sorpresi nel sonno ed ammanettati i due rei sono stati quindi trasferiti nel carcere di Vibo Valentia a disposizione dell’autorità giudiziaria, a cui dovranno rendere conto del tentato omicidio aggravato compiuto.
(ANSA) – VIBO VALENTIA – Ribadire il potere della cosca Mancuso sul territorio e fare allontanare, per odio razziale, una comunità di romeni: è il motivo per il quale il 10 agosto scorso un giovane di 19 anni, Luigi Mancuso, figlio del boss Giuseppe, di 62, capo dell’omonima cosca della ‘ndrangheta, aggredì a San Gregorio d’Ippona a calci e pugni un giovane romeno riducendolo in fin di vita. Mancuso è stato arrestato dai Carabinieri della Compagnia di Vibo Valentia con l’accusa di tentato omicidio aggravato. Insieme a lui arrestato anche il suo presunto complice, Danilo Pannace, di 18 anni. I due arresti sono stati fatti in esecuzione di ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip di Vibo Valentia su richiesta del Procuratore della Repubblica, Mario Spagnuolo. L’aggressione ai danni del giovane, che fu ricoverato in prognosi riservata per le lesioni subite , giunse al culmine di una serie di persecuzioni ed atti intimidatori compiuti da Luigi Mancuso e da Pannace, con la protezione della cosca, ai danni della comunità di romeni, tutti braccianti agricoli, che vive a San Gregorio d’Ippona per indurli a lasciare il paese.
PROCURATORE, IMPORTANTE PAGINA LEGALITA’
“Oggi i Carabinieri e la Procura di Vibo Valentia hanno scritto un’importante pagina di legalità in un territorio martoriato dall’arroganza e dalla prepotenza delle associazioni mafiose”. Lo ha detto il Procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo, facendo riferimento all’arresto di Luigi Mancuso, figlio del boss della ‘ndrangheta Giuseppe, per il pestaggio di un romeno. ”La speranza della Procura di Vibo Valentia – ha aggiunto Spagnuolo – è che i cittadini prendano esempio dall’atteggiamento collaborativo di quegli stranieri che hanno subito i gravi reati per cui oggi si procede”.
CGIL VIBO,DA DENUNCIA RISULTATI POSITIVI
“Desidero sottolineare l’importanza dell’arresto del figlio del boss Mancuso, imputato di aver ridotto in fin di vita un giovane romeno. Significa che il nostro territorio non è per destino condannato a subire la violenza e la prepotenza mafiose”. E’ quanto afferma, in una nota, il segretario generale della Camera del lavoro di Vibo in riferimento all’arresto di Luigi Mancuso, figlio del boss della ‘ndrangheta Giuseppe, per il pestaggio di un romeno. ”Quando si denuncia – prosegue Garufi – i risultati arrivano . Il fatto che questo segnale positivo sia giunto da migranti che vengono da noi per lavorare onestamente, deve fare da stimolo alla società’ di Vibo Valentia per vincere assuefazione, subalternità e collusioni che troppe volte spingono troppi al silenzio”
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