Uil Calabria, Una rete che cura: la vera medicina di prossimità parte dal territorio
Mag 16, 2025 - redazione
Nel dibattito sulla riorganizzazione della sanità regionale, il termine “medicina di prossimità” è ormai diventato una formula ricorrente, ma troppo spesso svuotata di significato. In Calabria, una regione con ampi divari territoriali e sociali, parlare di prossimità non può significare semplicemente costruire nuove strutture, come le Case della Comunità, se queste non sono accompagnate da servizi reali, professionisti presenti e una rete funzionante.
Come Uil Calabria e Uil Fpl Calabria, scrivono Mariaelena Senese e Walter Bloise, rispettivamente Segretaria generale della Uil Calabria e Segretario generale della Uil Fpl Calabria, “riteniamo fondamentale concentrare l’attenzione su ciò che davvero garantisce accesso, continuità e diritto alla salute nei territori: i medici di medicina generale, i consultori familiari, i poliambulatori territoriali e le guardie mediche. Questi presìdi, se messi in condizione di funzionare, sono il vero volto della medicina di prossimità”.
Oggi però la realtà è diversa: la Uil Calabria e la Uil Fpl Calabria da tempo sostengono che, in Calabria la carenza di medici di medicina generale rispetto al fabbisogno stimato sia elevata, secondo i dati della Fondazione Gimbe in Calabria mancano oltre 350 medici di medicina generale, con una carenza destinata ad aggravarsi a causa del blocco del turnover, dei pensionamenti e della fuga verso l’estero nel corso del 2026.
I consultori familiari, che per legge dovrebbero essere presenti in rapporto di almeno 1 ogni 20.000 abitanti, ma in Calabria di fatto ve ne è 1 ogni 35.000 abitanti. Questi presidi, poi, sono spesso sprovvisti delle figure previste per legge, come psicologi, assistenti sociali, ginecologi e ostetriche. I poliambulatori sono spesso ridotti a contenitori vuoti, privi di prestazioni specialistiche e con tempi di attesa inaccettabili anche per esami di base. Le guardie mediche, soprattutto nelle aree interne, soffrono di gravi carenze di personale, coperture a singhiozzo e condizioni logistiche precarie.
Il sistema sanitario regionale non può più essere pensato come una struttura esclusivamente “sanitaria”, concentrata su ospedali e reparti. È necessario superare questa visione per abbracciare una logica socio-sanitaria integrata, in cui la presa in carico della persona – anziana, fragile, cronica, disabile o in condizione di esclusione – sia condivisa tra diversi professionisti: medici, infermieri, Operatori socio sanitari, assistenti sociali, educatori, psicologi.
“In questo senso – spiegano Mariaelena Senese e Walter Bloise – la carenza ormai strutturale di medici di base può e deve essere compensata con l’introduzione e la valorizzazione di figure paramediche e sociosanitarie, più rapidamente reperibili e in grado di assicurare una risposta operativa alle esigenze quotidiane dell’utenza. Non si tratta di sostituire i medici, ma di costruire équipe di prossimità che lavorino insieme, condividendo obiettivi e competenze”.
Inoltre, la medicina territoriale deve essere anche un presidio di prevenzione e di giustizia sociale. Occorre rafforzare l’educazione alla salute, la prevenzione delle dipendenze, la salute mentale, la diagnosi precoce e il sostegno alle famiglie. Il tutto in stretta sinergia con i servizi sociali comunali, il terzo settore e la rete del volontariato.
In un contesto dove, secondo l’Agenas, il tasso di scopertura degli infermieri sul territorio calabrese supera il 30% rispetto agli standard previsti, è evidente che investire su figure sociosanitarie diventa non solo utile, ma urgente. A differenza dei medici di medicina generale, per i quali l’attuale sistema di reclutamento rende difficile il ricambio, molte figure paramediche e professioni sanitarie intermedie sono più facilmente reperibili e formabili, rappresentando una risorsa immediata per garantire continuità assistenziale, domiciliarità, prevenzione e supporto alle famiglie.
“Rafforzare la medicina di prossimità in Calabria – dicono ancora Senese e Bloise – significa non solo evitare l’intasamento degli ospedali, ma soprattutto portare il sistema sanitario vicino alla vita delle persone. Significa investire nella salute mentale, nella prevenzione, nella riabilitazione, nella disabilità e nella non autosufficienza. E significa farlo con un’organizzazione integrata, territoriale e flessibile, in grado di rispondere alle esigenze delle comunità locali, con particolare attenzione ai contesti rurali e alle aree interne. Oggi tutto questo non è solo una proposta, ma una necessità. Lo dimostrano i dati, ma lo dicono anche i cittadini, ogni volta che si trovano soli di fronte a una malattia, a un bisogno o a una diagnosi che non arriva.”
“Per questo, come Uil Calabria e Uil Fpl Calabria – concludono – siamo convinti che serva una svolta vera: non una medicina di prossimità fatta di muri, ma una rete pubblica che funzioni davvero, con professionisti assunti, formati, presenti, valorizzati e meglio retribuiti. La sanità territoriale deve essere il cuore pulsante del sistema pubblico, e non un’appendice residuale. Ora servono scelte politiche concrete e investimenti mirati, altrimenti il diritto alla salute resterà, per troppi calabresi, solo sulla carta”.