L’opinione. “Effetti devastanti sul rapporto medico/paziente”

banner bcc calabria

banner bcc calabria

Di Francesco De Matteis

I recenti provvedimenti disciplinari disposti per ragioni di appropriatezza prescrittiva ai medici di famiglia da parte di una commissione di luminari nominati per eccelsi meriti professionali dalla Dott.ssa De Furia, Direttore Generale ASP di RC, stanno causando enormi lacerazioni nel rapporto medico/paziente, a causa della “medicina difensiva” dietro la quale i medici di famiglia, terrorizzati da questi controlli e dalle trattenute economiche, talora pesanti, che si son visti applicare in molti casi in cui l ‘appropriatezza prescrittiva del farmaco e’ stata oggetto di contestazione sii sono totalmente irrigiditi e stanno effettuando una stretta sulle prescrizioni che in moltissimi casi e’ del tutto esagerata e fuori luogo. “doppu chi s’arrobbaru a S. Chiara miseru i cancedi i ferru”…
In linea con questo principio la dott.ssa De Furia, esperta in economia, per ragioni di bilancio e per il contenimento della spesa farmaceutica ha pensato bene di istituire questa benedetta commissione di luminari, cui e’ demandato l’arduo compito di rilevare nelle prescrizioni dei loro stessi colleghi eventuali prescrizioni inappropriate e segnalarle per la corrispettiva trattenuta economica al medico che incautamente ha effettuato la prescrizione.
E’ il caso, percio’, di richiamare la definizione di appropriatezza prescrittiva del medico per renderci conto di cosa stiamo parlando…
L’A.I.F.A. “Agenzia Italiana del Farmaco” al riguardo così recita …
“Una prescrizione farmacologica può essere considerata appropriata se effettuata all’interno delle
indicazioni cliniche per le quali il farmaco si è dimostrato efficace e all’interno delle sue indicazioni
d’uso (dose e durata del trattamento). Qualsiasi monitoraggio del consumo di medicinali non può
prescindere dall’analisi dei profili di appropriatezza d’uso dei medicinali attraverso l’individuazione
di indicatori idonei a sintetizzare sia le scelte prescrittive del medico, sia le modalità di
utilizzazione del farmaco da parte del paziente.
A riguardo, nella sezione 4 del Rapporto, oltre ai dati epidemiologici sulle principali malattie
croniche in Italia, sono descritti gli indicatori relativi alla prescrizione nell’ambito della medicina
generale e nell’ambito della prescrizione specialistica dei medici diabetologi. Infine, il Rapporto
introduce il monitoraggio dei profili di utilizzazione dei medicinali sia in funzione delle caratteristiche
geografiche, demografiche e cliniche del paziente, sia in funzione dell’aderenza al
trattamento.”
Da qui adesso si sta sconfinando in una vera e propria deriva prescrittiva, essendosi quasi tutti i medici di famiglia “blindati ed irrigiditi”, come i muli della Sardegna, nel timore di poter subire i colpi di scure efferati e le sanzioni economiche disciplinari della commissione. Pertanto, spessissimo si rifiutano di prescrivere farmaci ai loro pazienti, e manifestano persino il terrore di cambiare il dosaggio prescrittivo del farmaco che loro hanno prescritto ritenendolo appropriato, o che hanno prescritto sulla base di piano terapeutico redatto dal medico specialista dell’A.S.P.
Da qui i continui disguidi ed i malumori dei pazienti, i quali da qualche tempo a questa parte non vedono più il loro medico di famiglia come la persona di loro fiducia, cui negli anni hanno affidato qualunque loro segreto personale e familiare, tanto era alto il rapporto fiduciario che li legava, sino a vedere la figura del proprio medico di famiglia ostile.
A questo punto arrivati si impone una azione chiarificatrice utile sia ai medici prescrittori, che ai pazienti, onde tentare di rimettere in sinergia le due componenti.
E’ gusto e corretto intanto che la gente capisca che a fronte di quanto sopra emarginato bisogna assumere un atteggiamento collaborativo coi medici di famiglia, evitando di chiedere e/o pretendere prescrizioni che siano suscettibili di contestazione per appropriatezza. Questo significa che il medico di famiglia può prescrivere il farmaco “se appropriato”, in rapporto alla patologia di cui il paziente soffre, e deve farlo nelle dosi e nei modi indicati dai vari protocolli terapeutici validati.
In alternativa, per una determinata categoria di farmaci individuati a livello Ministeriale si richiede il piano terapeutico, redatto dallo specialistavOspedaliero, o della AsP.
Ciò premesso, i medici di famiglia tengano presente che l’atteggiamento difensivo sul quale si stanno quasi tutti trincerando e’ profondamente sbagliato, non essendo tenuti a far scadere il valore ed il significato della professione medica in una pratica ragionieristica.
Un minimo di elasticità nel panorama prescrittivo il medico può e deve permetterselo, senza incorrere in sanzioni disciplinari, od economiche in nome della autonomia prescrittiva e di valutazione che gli compete caso per caso.
D’altro canto, se il paziente si reca dal medico di famiglia ed esibisce un piano terapeutico col quale lo specialista ospedaliero, o del territorio, suggerisce la prescrizione di un determinato farmaco ad un determinato dosaggio, questo sta a significare che quel farmaco e’ appropriato e può essere prescritto.
Stante la valutazione postuma degli effetti del farmaco oggetto di piano terapeutico, sta al medico di famiglia valutare, in piena autonomia di giudizio se la dose del farmaco prescritto dallo specialista e’ suscettibile di variazioni in rapporto alla comparsa di eventuali effetti indesiderati, nel qual caso e’ preferibile cautelativamente abbassare il dosaggio e/o, eventualmente sospenderlo del tutto. Allo stesso modo, se al dosaggio indicato nel piano terapeutico non si raggiungono gli effetti desiderati, deve sempre il medico di famiglia , cui e’ demandata la gestione del paziente, modificare il dosaggio ed aumentarlo onde ottenere l’effetto desiderato.
Orbene, siamo arrivati al paradosso per cui il medico di famiglia ha spesso paura di variare il dosaggio, anche quando questa scelta si rivela opportuna ed indicata, per il raggiungimento dell’effetto desiderato, e pretende che sii ritorni dallo specialista a fare modificare il piano terapeutico di volta in volta per adeguamento del dosaggio.
Pretendere questo e’ assurdo, irragionevole, oltre che scorretto, e svilisce completamente il ruolo e la stessa funzione del medico di famiglia, che a questo punto potrebbe addirittura non avere motivo di esistere, se la gestione del caso, di sua competenza, viene interamente trasferita in capo allo specialista .
Pertanto, per evitare di sfasciare il rapporto medico/paziente l’unica cosa da fare da ambo le parti, a mio avviso e’ usare il buon senso .
In tal senso e’ inimmaginabile pensare che un diabetologo che prescrive una terapia insulinica possa cambiare piano terapeutico continuamente a seconda delle esigenze terapeutiche che il paziente manifesta, ma deve essere il medico a non aver paura di variare il dosaggio prescrittivo in base all’andamento del paziente, purché ne abbia la capacità e la competenza scientifica per poterlo fare, altrimenti e’ preferibile che cambi lui mestiere.