Editoriale di Bartolo Ciccardini
La Germania funziona meglio quando c’è l’Italia
Editoriale di Bartolo Ciccardini
Nella campagna elettorale per le elezioni europee, sono esplose due notizie
molto inquietanti. La prima notizia ci viene dal segretario al tesoro
Timothy Geithner che racconta, nelle sue memorie, come i funzionari europei
chiedessero l’aiuto della amministrazione americana per far cadere
Berlusconi, aiuto che Obama rifiutò. Inoltre come le grandi potenze,
preoccupate per il debito italiano ritenessero necessario licenziare
Berlusconi. La nostra reazione, un po’ provinciale, ci porta a denunciare il
“complotto” nei confronti di Berlusconi. Ma non è questa la sostanza del
problema.
IL vero problema era un altro: si stava avvicinando un forte turbamento
economico per una crisi tutta americana e tutti erano molto preoccupati che
l’Italia, a causa del suo grande debito, potesse soccombere ed andare in
fallimento. Berlusconi aveva consumato ormai tutta la fiducia internazionale
ed interna per la sua inaffidabilità ed era diventato un pericolo
obiettivo.
Tutti sapevano che l’Italia era in grado di sostenere il suo debito, ma
tutti erano spaventati perché l’Italia era troppo grande per fallire. Se
fosse fallita la Grecia o il Portogallo o l’Irlanda non ci sarebbero state
ripercussioni per le grandi economie, ma se fosse fallita l’Italia, questo
avrebbe provocato anche il fallimento della Germania, del sistema economico
europeo e dell’euro. La crisi dell’Europa e dell’euro avrebbe travolto anche
gli Stati Uniti.
Non era difficile salvare la Grecia. La Grecia aveva un grande debito nei
confronti della Germania e della Francia. È bastato dare alla Grecia una
quantità di denaro che è subito ritornata ai suoi creditori, ossia alla
Germania ed alla Francia, ed il sistema europeo non avrebbe avuto nessun
contraccolpo. Ma questo non sarebbe stato possibile con il debito italiano,
che era di ben altre dimensioni.
Tuttavia va detto che, anche in questo caso non vi era un reale pericolo,
perché il debito italiano era in gran parte un debito nei confronti dei
risparmiatori italiani, non nei confronti delle banche tedesche e francesi.
Non c’è dubbio che a questo punto si è inserita anche la “paura della
paura”. Mi spiego: una banca può essere solida quanto vuole, ma se una
mattina tutti i suoi depositanti decidono di ritirare tutti il loro
deposito, la banca fallisce. Quindi la paura è il più grave pericolo, anche
nelle situazioni più sicure.
Se tutti coloro che avessero dato fiducia all’Italia, acquistando le sue
emissioni. si fossero spaventati d’un colpo , tutti assieme, l’Italia
avrebbe fallito.
Questo è stato il vero problema, non il “complotto” verso Berlusconi. C’è
stato un momento in cui la perdita di fiducia verso Italia poteva creare
seri problemi, anche irreparabili, e non solo all’Italia. E Berlusconi era
una delle cause di questa sfiducia. Non era un complotto. Ma una cosa
evidente persino a Tremonti, suo ministro del Tesoro.
Quel è stato l’atteggiamento dei nostri partner, dei nostri alleati, dei
nostri amici? Ci sono diverse sfumature. Un gruppo di personaggi ha
accentuato questo pericolo per un atteggiamento che non riesco a non
chiamare offensivo, con qualche sapore di stereotipo persino razziata nei
confronti dell’Italia. Erano, per lo più, grandi burocrati di Bruxelles e
banchieri collegati con la potente Deutsche Bundesbank .
Oggi Barros dice: difendemmo l’Italia dal commissariamento. Ci dovrebbe dire
invece chi voleva il commissariamento e perché lo voleva.
Altri, fra cui Frau Merkel e Monsieur Sarkozy offrirono un aiuto all’Italia,
se avesse accettato la “troika”, vale a dire il commissariamento. Si
trattava di 80 miliardi, troppo pochi per risolvere alcunché, ma troppi per
gettare allarme sui nostri duemila miliardi di debito. L’Italia di Monti
rifiutò il sussidio ed il commissariamento. Monti rispose: “Ce la faremo da
soli!”.( A quel punto l’uscita di Berlusconi era ovvia, perché nessuno
avrebbe creduto ad un Berlusconi che avesse detto: “Ce la faremo da soli!”).
L’altra notizia che illumina gravemente queste elezioni europee è la notizia
della vera impotenza politica della signora Merkel. Alla riunione di Cannes
ci fu un momento di panico perché tutti temevano che la situazione italiana
avesse ripercussioni catastrofiche, non tanto per l’Italia, di cui non si
preoccupava nessuno, ma per l’Europa e per l’America. E molti pregarono la
Merkel di intervenire, per una apertura di credito della Banca Europea nei
confronti dell’Italia che alla Germania non sarebbe costata molto, ma che
sarebbe stata, per tutti, una scialuppa di salvataggio. La Merkel, secondo
le notizie che oggi corrono, fu presa dal panico, scoppiò a piangere e disse
di non poter prendere nessuna decisione perché la Deutsche Bundesbank, non
lo avrebbe mai permesso. L’Europa in quel momento era in queste mani.
Per fortuna di tutti, l’Italia risolse da sé il suo problema e rassicurò i
mercati, come era suo dovere, con grave sacrificio degli italiani,. Draghi,
che appartiene ad un’altra cultura politica, ebbe il coraggio di dichiarare,
senza sentire il parere della Deutsche Bundesbank, che non avrebbe esitato a
garantire i debiti di tutti gli Stati. Monti e Draghi salvarono così
l’Europa. Lo ricordino questi rivoluzionari da luna-park quando parlano di
Draghi e di Monti come se fossero servi delle banche.
Queste due notizie non possono essere interpretate in maniera superficiale,
come curiosi scoop. Il problema è più sofisticato e più politico: chi è che
ha le mani sulla cloche di questo aeroplano possente ed esaltante che si
chiama Europa? Chi è che lo guida? Dove è la politica che si proponga un
vero piano di volo?
Questo è il tema delle elezioni europee.
Purtroppo l’Italia è momentaneamente assente per i suoi problemi, assillata
per di più dall’ossessivo narcisismo di Berlusconi e dalla follia di Grillo.
Renzi ha indicato la via giusta: fare un’altra Europa. Renzi avrà anche
un’altra grande occasione. Come Premier italiano, se arriverà al mese di
Luglio, potrà gestire la presidenza italiana dell’Europa e potrà proporre
all’Europa un piano.
Peccato che non lo possa fare già in questa campagna elettorale, facendo con
Partito Socialista Europeo quello che è riuscito a fare del Partito
Democratico italiano: il promotore del progetto e della speranza europei.
Ci sembra che la campagna di Martin Schultz si stia allineando, a parole,
con la necessità di rifare l’Europa. Ma l’uomo fa parte di quella seconda
fila di politici che frequentano Strasburgo. Quindi non possiamo aspettarci
molto dal PSE, così come è oggi.
Ma, se non ci possiamo aspettare molto dal PSE, non ci possiamo aspettare
niente dal candidato del PPE, Jean Claude Juncker! Il suo titolo è quello di
aver fatto del Lussemburgo un “paradiso fiscale”. Ha avuto il merito di
contrapporsi in una occasione alla Deutsche Bundesbank, ma tuttavia è il
candidato di Frau Merkel, la Signora che piange quando la Deutsche
Bundesbank non vuole.
Ma se l’Italia rinascerà alla politica ed i cattolici si ricorderanno di
essere europei sarà l’Italia a fare il grande progetto per l’Europa, a
trovarsi a quell’appuntamento a cui la Germania e la Signora Merkel non sono
stati capaci di arrivare in tempo.
Perché la verità semplice è questa: che in Europa, la Germania funziona
meglio quando c’è l’Italia. (Ed il PPE funziona meglio quando c’è la
Democrazia Cristiana italiana!)