Intrieri, “Occhiuto si è dimesso per ricandidarsi e difendere la politica con la politica e le urne”

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Occhiuto ha spiegato  che non si tratta di un atto di resa ma di un gesto di trasparenza e responsabilità per  evitare che la Regione, già fragile, in attesa delle valutazioni  giudiziarie venga trascinata in un lungo  stallo istituzionale  rendendo impossibile l’azione amministrativa  paralizzata da un clima di sospetto e una burocrazia impaurita.

Per questo Occhiuto che non è giuridicamente obbligato a dimettersi ha scelto di rimettere il mandato ai cittadini.

E’ condivisibile la volontà del presidente di richiedere un nuovo mandato elettorale, una mossa politica, costituzionale, audace, una decisione senza precedenti, insomma una  prova di forza democratica.

Quella di Occhiuto  è una scommessa politica e istituzionale, se vince rafforza la centralità del mandato elettorale, se perde apre la strada a una riflessione più ampia sul ruolo della magistratura nella vita democratica del Paese, in ogni caso non è solo la Calabria ma l’Italia intera che oramai si specchia in un conflitto non più latente ma conclamato tra chi governa e chi indaga.

Ma la Calabria non è la prima volta che la anticipa le fratture istituzionali del Paese. In passato quante crisi giudiziarie e commissariamenti hanno svuotato la politica regionale, rendendola vulnerabile al dominio di tecnici e a lentezze amministrative.

E’ di ieri il  fronte di conflitto istituzionale giudiziario  apertosi in Parlamento  sul caso Almasri mentre  il Governo  porta  avanti  la riforma della giustizia che ridefinisce il rapporto tra magistratura inquirente e giudicante in un momento di acuto scontro in Italia tra  il potere giudiziario e quello politico.

In Calabria l’1 e 2 agosto a Reggio Calabria i vertici del centrodestra e di FI hanno manifestato  sostegno unanime a Occhiuto nella  due giorni  dedicata allo sviluppo del Mezzogiorno.

Il vicepremier Tajani ha parlato di un atto di coraggio e responsabilità  per evitare la paralisi definendo quello  di Occhiuto un modello di buon governo.

E’ chiaro che la rielezione di Occhiuto in Calabria ne rafforzerebbe la legittimazione politica rendendolo politicamente più forte se pur con un rischio di un altro  cortocircuito tra sovranità popolare e diritto amministrativo.

In questo scenario il gesto dell’ex presidente della regione è una prova di resistenza politica rispetto a  un certo tipo di “potere giudiziario anticipatorio” che può bloccare l’azione pubblica prima ancora della prova processuale, un caso simbolo di conflitto giustizia – politica tra diritto formale e sovranità popolare.

Sulla sua  decisione di evitare il logoramento, scegliere una strada diversa senza  aspettare la fine del processo  con  un giudizio politico immediato dell’elettorato certamente ha influito la vicenda giudiziaria del fratello Mario senatore di Forza Italia.

Mario Occhiuto, amatissimo sindaco di Cosenza  rinviato a giudizio per gravi accuse e poi essere riabilitato dalla giustizia che lo ha assolto  con formula piena mentre il suo partito FI lo aveva comunque candidato alle E la  sua candidatura fu definita da  Tajani coerente con i principi di presunzione d’innocenza.


 Fu un caso di garantismo verso un giustizialismo emblematico, una dinamica frequente nella politica italiana in cui l’ indagine giudiziaria in prossimità di momenti elettorali e prima del rinvio a giudizio diventa strumento di delegittimazione  immediata con  l’assoluzione che arriva troppo tardi per essere spesa politicamente.


In un’Italia dove il confine tra giustizia e politica si fa ogni giorno più sottile la vicenda Occhiuto certamente rappresenta un banco di prova per  il garantismo, per la tenuta democratica, per il coraggio di credere nel proprio corretto operato di amministratore, una sfida democratica che l’elettorato calabrese, specie quello vittima di mala giustizia, auspico possa  premiare.