IL FATTO. Un danno erariale per oltre 259 milioni di euro per la mancata realizzazione dell’invaso di una diga in Calabria: a giudizio i presunti responsabili. VIDEO

Un’opera pubblica strategica per il territorio calabrese che non sarà più realizzata
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Un finanziamento di € 259.735.539,96 concesso a mezzo della Cassa per il Mezzogiorno e, successivamente, dai Ministeri dell’ambiente e delle infrastrutture irrimediabilmente perso per la collettività locale in quanto integralmente revocato e, nel frattempo, €102.602.269,39 spesi in un impiego inutile di risorse pubbliche e per un’opera mai più realizzabile. Impiego, peraltro, dannoso tenuto conto del danno ambientale permanente arrecato dai manufatti realizzati con l’impiego di svariate tonnellate di cemento armato che deturpano zone di altissimo pregio ambientale. È questa la contestazione fatta dalla Procura della Corte dei conti al “CONSORZIO DI BONIFICA IONIO-CATANZARESE” (già Consorzio di Bonifica Alli – Punta di Copanello) nonché, in solido, ai due dirigenti pro tempore, dopo una lunga, attenta e meticolosa indagine coordinata dal Procuratore regionale Romeo Ermenegildo Palma e compiuta dal Sostituto Procuratore Generale Fernando Gallone con il prezioso e decisivo contributo investigativo dei militari della Guardia di Finanza di Catanzaro. I fatti riguardano lo sbarramento artificiale sul fiume Melito e la mancata realizzazione dell’importante opera pubblica denominata “Diga sul fiume Melito” (o “Lago Azzurro”) che sarebbe dovuta sorgere tra i comuni di Gimigliano, Sorbo San Basile e Fossato Serralta, tutti siti in provincia di Catanzaro. Le indagini, delegate dalla Procura contabile al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro, hanno permesso di disvelare numerosi profili di responsabilità erariale da parte dei destinatari del provvedimento di citazione. In particolare, è stato accertato che fin dalla consegna dei lavori è stata contestata dagli organi tecnici del Ministero della infrastrutture – Servizio Italiano Dighe – cui compete la rigorosa verifica della perfetta realizzazione delle dighe nel territorio nazionale – la carenza del progetto iniziale e la necessità di operare importanti integrazioni per assicurare la perfetta tenuta dell’invaso artificiale, altrimenti pericoloso per le popolazioni a valle dell’opera. Integrazione progettuale che, sebbene realizzata dallo stesso progettista responsabile dell’originario progetto ritenuto carente dal Servizio Dighe (progettista poi deceduto) non è mai stata ritenuta idonea a superare i problemi di sicurezza di un’opera che, nelle more dei numerosi contenziosi azionati con l’impresa aggiudicataria, continuava a determinare l’avanzamento della spesa fino a ben 102 milioni di euro per un’opera già allora non realizzabile in quanto priva delle necessarie autorizzazioni. La Procura regionale ha quindi citato a giudizio il CONSORZIO DI BONIFICA IONIOCATANZARESE, in persona del Commissario Liquidatore e legale rappresentante, il RUP dall’anno 2003 al 2015 ed il Direttore Generale dal 1998 al 2014, mentre non è stato possibile procedere, in quanto defunti, nei confronti del Presidente e legale rappresentante del Consorzio ed il Progettista e Direttore dei lavori pro tempore. All’entità del considerevole danno patrimoniale si affiancano ulteriori effetti negativi messi in luce brillantemente dai militari della Guardia di Finanza di Catanzaro: l’infrastruttura, inserita nel programma di opere strategiche per il territorio regionale calabrese avrebbe dovuto costituire, nell’iniziale schema progettuale, uno dei più grandi interventi idrici nel panorama nazionale, che avrebbe: – risolto l’annosa questione della carenza d’acqua per mezzo milione di cittadini calabresi e per centinaia di aziende agricole, ciclicamente interessate da fenomeni di siccità ; – consentito la produzione di energia idroelettrica in grado di soddisfare le esigenze di circa cinquanta comuni posti a valle dell’invaso.