Il caso Mimmo Lucano scuote i palazzi della politica. Interrogazione parlamentare di Fratoianni

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Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell’Interno, il Ministro della Giustizia – Per sapere –
premesso che:
Domenico Lucano, Sindaco di Riace e Eurodeputato, nel c.d. processo Xenia, è stato assolto dalla
Corte di Appello di Reggio Calabria da tutti i gravi reati contestati riportando la residuale condanna
per falso ideologico (relativo ad una  su 56 contestate) alla pena di 18 mesi di reclusione con pena
sospesa e senza l’applicazione della sanzione accessoria della interdizione dai pubblici uffici ex art.
31.c.p.., assoluzione e condanna confermate in Cassazione;
sulla base di tale condanna il 1 luglio 2025 Lucano è stato dichiarato “decaduto” dal Tribunale di
Locri in applicazione delle disposizioni della legge “Severino” (Art. 10 lettera d) dalla carica di
Sindaco di Riace e si è in attesa dell’esito dell’appello;
Lucano nel settembre scorso aveva accettato la candidatura nelle Liste di AVS per il rinnovo del
Consiglio regionale della Calabria tenutesi il 5 e 6 u.s.;
le commissioni elettorali dei Tribunali di Reggio Calabria e Cosenza hanno dichiarato Lucano
“incandidabile” sempre in applicazione delle disposizioni della legge “Severino” (art. 7 lettera d),
sia il T.A.R. che il Consiglio di Stato (sentenze 7120 e 7128/2025) hanno respinto i ricorsi presentati
dall’interessato;
sia per la incandidabilità che per la decadenza è necessario che l’interessato abbia riportato una
condanna penale per un reato diverso da quelli analiticamente specificati dalla medesima legge ad
una pena “superiore a sei mesi” (requisito attinente l’entità della pena) commesso “con abuso di
potere o in violazione dei doveri inerenti la funzione” (requisito attinente la condotta);
secondo la legge Severino, dunque, la sanzione scatta alla presenza congiunta dei citati requisiti;
lo stesso Ministero dell’Interno-Dipartimento per gli affari interni, nel parere del 6 marzo 2022 sulla
incandidabilità del sindaco ex D.Lgs. n. 235/2012 affermava che in ogni caso, sia l’applicazione dell’
aggravante, sia la sussistenza di un nesso tra l’esercizio delle pubbliche funzioni e la commissione
del delitto, come pure la sussistenza di una violazione dei doveri o abuso dei poteri, devono essere
espressamente ritenute sussistenti dal giudice penale. “E questa valutazione dell’autorità giudiziaria
penale non può essere sostituita, integrata o contraddetta da autonome valutazioni dell’autorità
amministrativa, giacché la legge n. 16/92” – oggi D. lgs. n.235/2012 – “non consente alcun margine
di discrezionalità”.
nel caso Lucano il giudice penale ha escluso detta condotta, basti considerare che ha revocato la
sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici che era stata comminata con la sentenza di
primo grado ex art. 31 c.p. , sanzione che si applica ogni qual volta il reato sia stato commesso,
Numero di parole: 799 su 800 Pagina 1 di 2INTERPELLANZA
appunto, con abuso di potere o in violazione dei doveri inerenti la funzione.
su questo cruciale argomento il Consiglio di Stato, nelle citate Sentenze, pur riaffermando che l’
accertamento di un simile reato (falsità ideologica del pubblico Ufficiale) non comporta l’automatica
incandidabilità dell’interessato, precisava che la normativa impone soltanto un “onere motivazionale
attenuato” a carico dell’Ufficio elettorale, organo il quale in presenza di certi reati, ai fini della
partecipazione elettorale non dovrà, necessariamente, svolgere una particolare indagine
ricostruttiva dei profili connessi all’abuso di poteri o alla violazione di pubblici doveri.
questa conclusione, sostiene la difesa di Lucano, risulta incompatibile con un sistema di diritto in
quanto, alla luce delle decisioni del Consiglio di Stato, non è la condanna riportata da Lucano a
renderlo incandidabile; non è la legge Severino a sanzionarlo, ma il potere discrezionale dell’ufficio
elettorale che, a fronte di identico reato (479 c.p.) avrebbe il potere di decidere chi è candidabile e
chi no; chi, condannato per lo stesso reato, ha commesso abuso di potere e chi no;
in sostanza non è condivisibile il fatto che un diritto fondamentale, quale l’elettorato passivo, sia
disciplinato da una norma in “bianco” (la citata lettera d) che non stabilisce espressamente quali
reati specifici determinino l’incandidabilità e la decadenza e rimettono ogni valutazione alla
discrezionalità del singolo ufficio elettorale o del singolo giudice;
L’interrogante condivide le critiche e le perplessità esposte;
appare evidente che rimettere l’esercizio di un fondamentale diritto quale l’elettorato passivo alla
discrezionalità amministrativa è in contrasto con il principio costituzionale di legalità e certezza del
diritto e prescinde il caso di Domenico Lucano;
l’interrogante, pur riconoscendo il valore della legge “Severino” diretta a tutelare l’etica pubblica,
ritiene fondamentale che devono evitarsi interpretazioni ed applicazioni che possano determinare
gravi disparità:-
se i Ministri interrogati, ciascuno per le loro competenze, non intendano intraprendere le necessarie
iniziative, anche normative, dirette ad escludere espressamente il reato di falso ideologico di cui all’
articolo 479 c.p. dai reati da cui la legge “Severino” fa discendere l’incandidabilità, ad eccezione
delle fattispecie in cui sia stato il giudice penale ad accertare che la condotta sia stata connessa all’
abuso di potere e alla violazione dei doveri d’ufficio, escludendo che tale valutazione possa essere
rimessa alla discrezionalità amministrativa degli Uffici elettorali, i quali non sarebbero peraltro tenuti
ad una adeguata e approfondita motivazione.
Presentatore
On. NICOLA FRATOIANNI