Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), MARTEDì 30 APRILE 2024

Torna su

Torna su

 
 

Viaggio alla scoperta di Varapodio Continua il tour di Approdonews tra i paesi della Piana

Viaggio alla scoperta di Varapodio Continua il tour di Approdonews tra i paesi della Piana
Testo-
Testo+
Commenta
Stampa

di Domenico Caruso

Ecco apparirmi / in mezzo al cupo verde / di pini e di cipressi acuminati / un picciol borgo, ameno, / ed ecco una piazzola, / una chiesetta bianca. / In fondo a la gran strada / all’angolo d’un orto / linda è la mia casetta. / La riconosco e intorno ad essa vedo / i luoghi della mia prima fanciullezza. (Vincenzo Bonito) 

Un po’ di storia

Probabili origini

L’antica Varapodio sorgeva nella località il “Salvatore”, su un’altura del fiume Marro a poca distanza dalla “villa” di S. Martino.  La sua fondazione, secondo il De Salvo, risale al 951 circa allorquando i profughi rivieraschi e in particolare quelli di Tauriana – per sfuggire alle invasioni saracene – migrarono all’interno. Il nome subì diverse variazioni nel tempo: “Marrapodi” (derivato dal pianoro prospiciente il Marro, oppure da “militaris podius” – fortilizio militare), “Barapodi”, “Baropedium”, “Varapodi” e infine “Varapodio”.

Una Bolla di Urbano II, firmata il 10 ottobre 1098, attesta nella contrada l’esistenza della Chiesa di “San Salvatore”, eretta e dotata di beni da Emma d’Altavilla (figlia di Roberto il Guiscardo). Alla morte della nobildonna normanna il feudo di Oppido, da lei detenuto (con le terre di Marrapodi), passò al figlio Guglielmo di Bruì. Sotto la dominazione sveva il Casale di Barapodi appartenne prima a Guerrisi di Squillace e poi ai Ruffo. Con gli Angioini (intorno al 1417) divenne possesso di Saladino di S. Angelo e nel periodo aragonese (1450) di Luigi De Ascaris. Quindi, fu la volta dei Caracciolo (fino al 1609) e degli Spinelli. Nel frattempo la distruzione operata dai Saraceni ed il violento sisma del 1599 comportarono un graduale trasferimento degli abitanti più a monte, nell’attuale sito (dove figuravano alcune chiese e il Convento dei Padri Agostiniani).

Mons. La Rosa sostiene che, in seguito, la Chiesa del “S. Salvatore” fu trapiantata entro le mura di Terranova, con il culto del SS. Crocifisso. Il 1613 segnò l’inizio ufficiale della nuova “Varapodi”. Ma altri tristi eventi si abbatterono sul centro abitato, in seguito distrutto dal “Flagello” del 5 febbraio 1783 che provocò almeno 520 vittime. Dopo la lenta ricostruzione, divenne “Casale” di Oppido, fin quando con il primo ordinamento amministrativo francese non fu considerata come Università di “Varapodio” (inizio del 1800).

In base alla legge elettorale del 20 maggio 1808, indette le votazioni, si proclamò il primo sindaco Aloisio Dell’Olio. 

Leggende e curiosità

Il miracolo della Madonna del Carmine

 Si tramanda che la Vergine del Carmelo, qualche tempo prima del terremoto del 16 novembre 1894, avesse alzato al cielo le divine pupille. Il fenomeno, concomitante a quello di Radicena, si ripeté successivamente a Palmi. Era un segno di protezione della Divina Madre dal sisma che, malgrado gli ingenti danni materiali, non provocò vittime a Varapodio.

La fontana “Asso di Coppe”

La nota fontana di piazza S. Nicola, realizzata in pietra reggina (blocco di 270 q. di peso) e inaugurata nel 2002, ha riproposto l’antico simbolo della città che era andato distrutto. 

Le tabacchiere di bergamotto

Le artistiche tabacchiere, ideate da don A. De Masi e realizzate con le bucce riversate ed essiccate del bergamotto, ripropongono quelle usate in passato per la conservazione del tabacco da fiuto considerato un energetico. 

Feste e ricorrenze

Festeggiamenti civili e religiosi: San Giuseppe (19 marzo); Madonna del Carmine (domenica più vicina al 16 luglio), il sabato precedente si assiste alla suggestiva discesa della Madonna; Madonna del Rosario (ultima domenica di agosto); San Nicola, patrono (6 dicembre). Fra le altre manifestazioni ricordiamo l’estate varapodiese (agosto) con concerti, incontri musicali e sagra dei maccheroni e della melanzana; il concerto bandistico di Natale arricchito da sagre caratteristiche. 

Effigie di S. Martino, protettore

Dopo aver letto le mie testimonianze popolari su “Storia e folklore calabrese” (1988), don Antonino De Masi ha scoperto che la magnifica statua lignea di San Martino, protettore del nostro omonimo paese, è opera del sacerdote-scultore di Varapodio Francesco De Lorenzo (n. nel 1807).

Personaggi principali

  • Antonino De Masi (1919-2009), storico e scrittore. Dopo aver insegnato Lettere ed Educazione artistica nel Seminario di Oppido, dal 1952 è parroco di S. Stefano a Varapodio. Appassionato di storia locale ha scritto, fra l’altro, a cura dell’Amministrazione Comunale: “Varapodio ieri e oggi”, 1990 (da cui ho tratto delle notizie per il presente lavoro) e “Varapodio nel tempo”, 2004.
  • Carmelo Faccioli (1792-1861), storico, patriota e scrittore. A Napoli si laureò in Giurisprudenza e, in seguito, fu deputato al Parlamento. Rientrato in Calabria per sposarsi, coprì la carica di primo cittadino dal 1829 al 1831. La sua più importante opera è stata: “Ricerche sui Bruzi e sui Moderni Calabri” (1846).
  • Carmelo Lenzi (1875-1968), musicista e compositore. Ha composto nel 1930 “L’inno dell’artigliere”, dedicato al duca d’Aosta.
  • Raffaele Sammarco (1866-1931), poeta e letterato. Tra le sue opere: “Delicta juventutis”, (poesie giovanili); “Mulini a vento”; “Carmina”, (versi in latino); “Poesie e prose varie”.
  • Giuseppe Villivà (1807-1864), sacerdote, scrittore e filosofo. Opere principali: “Elementi di geografia”; “Tavole cronologiche”; “Elementi di diritto naturale universale”; “Nozioni elementari di filosofia”.
  • Tommaso Virdia (1859-1934), generale medico e scrittore. Fra i suoi scritti: “Il Consulente Sanitario”, dove con geniale intuizione introduce il metodo di respirazione artificiale per gli asfissiati.

E per finire

La malattia di cui soffre il popolo calabrese, racconta Francesco Nucera che ha registrato l’opinione (Pattuglia n. 23-30 1932), è per Raffaele Sammarco “il difetto di unione”. In merito all’utilità delle “Associazioni”, il grande letterato così afferma: «Queste sono state sempre la mia maggiore passione, perché ho sempre creduto che dall’unione nasce la forza. E’ un’autentica massima che il mondo conosce e che noi non abbiamo ancora imparato a praticare. Il popolo calabrese uscirà dal suo triste letargo, solo quando la depressione ve lo spingerà ad acquistare la coscienza della solidarietà e ad intendere i benefici effetti della concordia e dell’azione comune».

E’ un consiglio che risulta ancora di viva attualità.

(19 – continua)