Di Giuseppe Campisi
Gambarie – Non una strada ma una mulattiera sulla quale si avventurano ogni giorno centinaia di automobilisti molte volte ignari di ciò che li aspetta: un selciato divenuto oramai insidioso, specie nei mesi invernali, e che di carrabile conserva solo antiche vestigia. E’ la Gambarie-Montalto-Polsi, quel tratto che si deteriora di anno in anno per via del suo alto pedaggio e che si innesta dal bivio della SP3 di Gambarie presso la fontana Tre Aie a Montalto e poi giù fino al cuore dell’Aspromonte ad avere Polsi come meta della fede. E’ qui che un numero elevatissimo di persone che quotidianamente, per credo, per turismo, semplicemente per svago o per la passione verso la montagna – che riveste senza dubbio il ruolo di principale attrattore – cercano di sfidare buche e destino, come purtroppo avvenuto, pur di giungere a destinazione. E dire che proprio il turismo (sia esso religioso che outdoor) dovrebbe essere una delle leve strategiche per risollevare le sorti di una provincia e di una regione che nel corso del tempo si è data forse ad investimenti in settori tutt’altro che vocati ed i cui risultati sono stati abbastanza deludenti. Le varie aree industriali desertificate più dalla voracità dell’uomo che dalla produttività ed i distretti su cui si è accanita una politica miope col miraggio di posti di lavoro rimasti un freddo numero su pile di carte bollate ne sono la prova più evidente. Una via di comunicazione che potrebbe in realtà essere una vera e propria miniera per lo sviluppo, col suo tracciato abbarbicato sulle coste più alte dell’Aspromonte interno a svelare un percorso – seppur sommatoria di moltissime criticità, tra guard-rail cronicamente mancati, segnaletica orizzontale e verticale quasi del tutto assente, asfalto a macchia di leopardo e riduzioni di carreggiate a rappresentare più la regola che l’eccezione – che però si snoda per circa 30 km immerso letteralmente in un’oasi ecologica che attraversa una biodiversità ricchissima e straordinariamente autoctona, un lembo di paradiso naturalistico davvero alla portata di turisti e residenti non sempre rispettato e appannaggio di diversi comuni dell’area montana che tutti, istituzioni e fruitori, dovrebbero sentire forte il dovere di conservare, tutelare e valorizzare. Ma la strada parla e rivela invece impietosamente nella sua esplicita pericolosità tutte le carenze manutentive che l’hanno fagocitata in anni di abbandono e trascuratezza, di dimenticanze e sciatterie burocratiche e che consegnano oggi, a chi osa percorrerla, un tracciato disseminato di crateri ed avvallamenti di cui è persino difficile tenere la contabilità. Un percorso indegno contraltare della struggente bellezza dei luoghi e della dignità di cittadini europei, che diviene serio impedimento non solo per gli avventurosi automobilisti ma anche deterrente ostativo allo sviluppo economico-turistico di un’area a fortissima vocazione ricettiva. La cartina tornasole, insomma, dell’ennesimo fallimento di vanesie promesse politiche, ad ogni livello, con uno Stato pronto ad esigere il pagamento di bolli automobilistici, tasse e balzelli d’ogni sorta ma che a queste latitudini non riesce ad attivarsi in tempi certi per rendere sicura e decentemente transitabile un tratto di strada erroneamente ritenuto secondario. Per la gioia – quando va bene – di autofficine ed carrozzerie e per le dolorose tasche dei contribuenti.