Maggiordomo del papa arrestato per furto documenti
Vaticano: interrogato Paolo Gabriele, collabora coi magistrati
Maggiordomo del papa arrestato per furto documenti
(ANSA) CITTA’ DEL VATICANO – Collabora con i magistrati vaticani Paolo Gabriele – l’aiutante di camera di Benedetto XVI – in cella da due settimane per il possesso illecito di documenti riservati, per il quale e’ entrata nel vivo oggi la fase dell’istruttoria ”formale”. L’uomo sospettato di essere il ”corvo” nella fuga delle carte segrete, accusato finora di furto aggravato, e’ stato infatti interrogato dal giudice istruttore Piero Antonio Bonnet, alla presenza del promotore di giustizia (il pm vaticano) Nicola Picardi e degli avvocati difensori Carlo Fusco e Cristiana Arru’.
Un interrogatorio lungo, durato diverse ore, in due tranche (mattina e pomeriggio), nel quale, come gia’ preannunciato dai legali, l’ex maggiordomo ha fornito ampia collaborazione.
Gabriele potrebbe avere a breve anche gli arresti domiciliari, richiesti dagli avvocati difensori, e lasciare la cella di sicurezza del Palazzo della Gendarmeria. Per l’accusa di furto aggravato, in caso di condanna, l’uomo rischia una pena da uno a sei anni. Intanto oggi il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha smentito per l’ennesima volta che siano partite, e anche che siano state preparate, le rogatorie con le autorita’ italiane per possibili accertamenti su altre persone, presunti complici nella diffusione delle carte riservate.
Dell’ex aiutante di camera di Sua Santita’, poi, si va delineando un profilo che puo’ anche indicare le direzioni che nei prossimi giorni potrebbe prendere l’inchiesta sui ‘Vatileaks’. Fonti ben informate, vicine al Vaticano, lo descrivono come un uomo che, pur nella sua posizione di membro della ”famiglia pontificia”, parlava tanto, aveva molti contatti e interlocutori dentro e fuori i confini della Citta’ leonina: parlava con monsignori, cardinali, amici fuori dal Vaticano, tra cui anche giornalisti. Raccontava cose riguardanti il Papa, si incontrava anche nei bar all’esterno del Vaticano, e in piu’ si era abituato – dicono sempre le fonti – a fare fotocopie di tutto, di tutto quello che passava, dialogava con piu’ persone.
Vengono riferiti suoi contatti e rapporti di amicizia con officiali della Segreteria di Stato. Ma anche con almeno un paio di cardinali di primissimo piano nella Curia romana, con cui intratteneva molte conversazioni. Insomma, a piu’ persone faceva confidenze, magari anche su cosa accadeva nell’Appartamento. E si tratta di tutti contatti su cui ora si concentra l’attenzione sia degli inquirenti impegnati nell’indagine penale, sia della Commissione incaricata dal Papa e presieduta dal cardinale giurista Julian Herranz, non a caso composta da porporati, gli unici autorizzati a indagare sui pari grado.
Ad accorgersi che qualcosa non funzionava e’ stato il segretario personale del Papa, mons. Georg Gaenswein, il quale, prima che Gabriele venisse arrestato, ha avuto con lui un animato colloquio, essendosi accorto che dal suo tavolo mancavano carte che erano li’ poco prima. E tra i documenti trafugati (trovati in gran quantita’ in casa di Gabriele) vi sarebbero non poche carte gestite proprio da don Georg.
Della vicenda della fuga dei documenti ha parlato anche il premier Mario Monti, che, in un’intervista a Famiglia Cristiana, si e’ detto ”stupito e profondamente addolorato”. ”Sono addolorato – ha spiegato – perche’, in se’, sono vicende dolorose. Ma anche perche’ penso al dolore che questo ha provocato alla persona e nel cuore del Santo Padre”.
Contesta invece l’accusa di ricettazione che il Vaticano ha ventilato verso chi ha pubblicato i documenti riservati il giornalista Gianluigi Nuzzi, autore del libro ”Sua Santita”’.
”Si presuppone che le fonti avrebbero rubato i documenti originali e che questi siano stati passati ai giornalisti. Per quanto mi riguarda ciò non corrisponde al vero”, ha detto Nuzzi all’ANSA. ”Tutti i documenti li ho ricevuti in fotocopia – ha aggiunto -. I documenti originali devono essere la’ negli archivi dei diversi enti del Vaticano. La cessione di fotocopie non costituisce reato: altrimenti dovrebbe essere proibita la pubblicazione di qualsiasi notizia supportata da documenti, che non sia basata sulle voci, le chiacchiere, i ‘si dice”’.