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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 19 MAGGIO 2024

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Usa, boom di antidepressivi prescritti ai neonati L'allarme lanciato dal The New York Times

Usa, boom di antidepressivi prescritti ai neonati L'allarme lanciato dal The New York Times
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Sale sempre di più l’uso di medicinali antidepressivi nei bambini americani, e il
quotidiano statunitense The New York Times lancia l’allarme. Negli Stati Uniti, le
prescrizioni di pillole contro i deficit di attenzione e iperattività (ADHD) ai
giovani al di sotto dei 16 anni è salito di un terzo negli ultimi 2 anni, mentre
l’uso di antidepressivi è in aumento del 6 per cento rispetto allo scorso anno.
Quasi 20.000 prescrizioni di RISPERIDONE (comunemente noto come Risperdal), QUETIAPINA
(Seroquel) e di altri farmaci antipsicotici sono stati prescritti nel 2014 ai bambini
da 0 a 2 anni, con un aumento quasi del 50 per cento rispetto alle 13.000 dell’anno
prima, secondo la società IMS Health, la multinazionale che supporta l’industria
farmaceutica attraverso la fornitura di informazioni, analisi e servizi di consulenza.
I dati della società non indica quanti bambini hanno ricevuto queste prescrizioni,
ma studi precedenti suggeriscono che il numero sia almeno intorno ai 10.000. La prescrizioni
dell’ANTIDEPRESSIVO FLUOXETINA (Prozac) è aumentato del 23 per cento in un anno,
pari a circa 83.000. Lo riportano dati ottenuti dall’ IMS Health, riportato sul tabloid
americano. In Italia i pazienti in età pediatrica – tra 0 e 14 anni – sono 8.103.000.
Di questi, secondo il Ministero della Salute, almeno 730.000 (9%) soffrirebbero di
turbe psichiche e disagi mentali. Ogni giorno 30-35.000 bambini italiani assumono
antidepressivi che inducono potenzialmente al suicidio, e uno su quattro (25%) mostra
dipendenza dal farmaco, secondo uno studio della Glaxo. Eppure nessuno di questi
psicofarmaci è autorizzato dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per terapie
in età pediatrica, salvo l’eccezione del Prozac, autorizzato il 26 marzo 2007. Niente
di illegale. Il medico è autorizzato a prescrivere farmaci a minori anche se non
sono indicati per quel trattamento. Dati allarmanti, ma “si tratta solo di una sottostima?.
Il calcolo si basa sul numero di ricette rimborsate dal Sistema sanitario nazionale
per antidepressivi prescritti ai minorenni e non tiene conto dei farmaci prescritti
dai medici privati. Il problema non riguarda soltanto gli psicofarmaci. Almeno il
30% dei farmaci prescritti dal medico di famiglia, il 60% di quelli somministrati
in ospedale e la quasi totalità delle medicine impiegate in trattamenti intensivi,
non sono registrati per i bambini. Il problema a monte è che la maggioranza dei
farmaci non sono testati sui bambini. Non avendo dati certi, ogni volta che si prescrive
un farmaco nuovo ad un bambino, si guarda cosa succede a posteriori. Il farmaco più
utilizzato in Italia non è la fluoxetina (Prozac). Sono soprattutto gli antidepressivi
più recenti. Tra i più usati ci sono quelli più controindicati. Sono la Paroxetina
(Plaxil, Seroxat, Sereupin), e la Venlafaxina (Efexor, Faxine). Entrambi già accusati
da studi accademici di gravi effetti collaterali, tra cui l’induzione al suicidio.
Proprio per tali ragioni, già nel 2005 la Food & Drug Administration (FDA), l’Agenzia
per gli Alimenti e i Medicinali degli Stati Uniti che si occupa della regolamentazione
dei prodotti alimentari e farmaceutici, aveva obbligato i produttori dei principali
antidepressivi ad aggiungere sulle etichette un avvertimento ai consumatori sul fatto
che gli antidepressivi possono aumentare il rischio di suicidio.A preoccupare l’ente
era già all’epoca la circostanza che le vendite di questi farmaci segnavano una
parabola ascendente che pareva inarrestabile non solo negli USA ma anche in tutti
i paesi sviluppati, compreso l’Italia. L’industria del settore, infatti, segna
da tempo cifre con aumenti a due cifre anno dopo anno anche a causa degli investimenti
delle stesse imprese farmaceutiche capaci di spendere miliardi ogni anno per pubblicizzarli
e stimolarne le vendite. Una catena di incentivazione che fa un pressing asfissiante
sui medici ed arriva a milioni di pazienti. Anche perché nel tempo è aumentata
anche l’”offerta” di prodotti: ai classici farmaci “triciclici” già in uso
dagli anni Sessanta si sono affiancati nel corso dell’ultimo cinquantennio prodotti
considerati più selettivi e meno tossici.Il panorama è così variegato che ormai
ne esistono di ogni tipo: alcuni agiscono solo sulla serotonina, altri solo sulla
noradrenalina, altri ancora su tutti e due i mediatori chimici. Lo sviluppo di tali
prodotti farmaceutici fa leva sulle teorie secondo le quali l’ampliamento dei mediatori
chimici quali quelli menzionati, possa avviare procedure biologiche tali da causare
un progressivo miglioramento della depressione. Tra le ragioni dell’aumento delle
vendite, oltre a quelle già sottolineate, la più significativa sta nel fatto che
questi farmaci si utilizzano per curare situazioni che spesso nulla hanno a che fare
con la depressione, un’importante e grave malattia psichica che richiede adeguate
terapie. Accade troppo spesso che invece vengano trattati con i farmaci anche gli
“stati depressivi” che sono tutt’altra cosa. Se qualcuno vive una situazione difficile
nella propria vita, per esempio perde un parente o il posto di lavoro, si trova in
difficoltà economiche, si vede troncare una relazione d’amore, anziché assumere
farmaci dovrebbe primariamente guardare alle proprie risorse interiori, alle proprie
energie per superare il momento critico. In alcuni casi è stato dimostrato che l’utilizzo
di antidepressivi può addirittura essere negativo, causando a volte, tra l’altro,
una riduzione delle nostre capacità di reazione.Va da sé che indipendentemente
dall’opinione delle varie correnti scientifiche sulla bontà o meno dell’assunzione
di tali prodotti anche in situazioni non patologiche, per Giovanni D’Agata, presidente
dello “Sportello dei Diritti [1]”, una regola dovrebbe essere il faro guida di
tutti i cittadini specie nei momenti di difficoltà della vita: non bisogna fare
un uso improprio di antidepressivi ed è necessario affidarci sempre allo specialista
psichiatra o psicologo, e non a quanto ci dicono i media non specializzati o i consigli
di amici e parenti.